Berlino: Orso d’oro a “Nader and Simin, a separation” dell’iraniano Ashgar Fahradi
Una pioggia di premi conclude la 61° edizione del Festival di Berlino: una cifra spropositata
se si valuta il livello qualitativo dei film in programma, non sempre all’altezza
delle aspettative. Detto questo, la Berlinale si conferma la solita poderosa macchina
di cinema, capace di attrarre nelle sale centinaia di migliaia di spettatori e di
concentrare negli spazi dell’European Film Market compratori e venditori di tutto
il mondo. Fra le prime giurie ad emettere i loro verdetti, quella Ecumenica i cui
riconoscimenti sono andati a cineasti, autori di opere che esaltano valori spirituali,
umani e sociali. Nell’ambito della Competizione Internazionale i giurati hanno premiato
“Nader and Simin, a separation” di Asghar Farhadi, che riesce a rendere in maniera
drammaticamente potente le contraddizioni della vita famigliare e sociale dell’Iran
contemporaneo, trattando il suo soggetto con rispetto e sincerità. Gli stessi giurati
hanno poi segnalato con una menzione speciale “The forgiveness of blood” di Joshua
Marston, impegnato atto d’accusa contro la legge del sangue vigente ancora in Albania.
Nell’ambito delle altre sezioni della Berlinale, i premi di Panorama sono andati a
“Invisible” di Michal Aviad e “Barzakh” di Mantas Kvedaravicius, che trattano rispettivamente
dei traumi femminili a seguito di uno stupro e delle violazioni dei diritti umani
in Cecenia. Fra i film del Forum la Giuria Ecumenica ha infine premiato “En terrains
connus” di Stéphane Lafleur e “An Angel in Doel” di Tom Fassaert. Il primo è una divagazione,
a volte comica a volte drammatica, sugli incidenti che costellano la vita degli individui;
il secondo un documentario sulla resistenza di un gruppo di vecchiette alla speculazione
edilizia. Curiosamente la Giuria Internazionale del Concorso si è unita a quella ecumenica
nel proclamare vincitore dell’Orso d’oro “Nader and simin, a separation” di Asghar
Farhadi, che finisce per fare incetta di premi ricevendo anche quelli per la migliore
interpretazione maschile e femminile, andati all’insieme degli attori. L’Orso d’argento
del Gran Premio della Giuria è invece andato a “The Turin horse” di Bela Tarr, riconosciuto
come miglior film anche dai giornalisti del Premio Fipresci. Se la cronaca famigliare
del cocchiere e del cavallo abbracciato da Nietzsche nel momento in cui si manifestò
la sua follia convince per la sua ostinata rappresentazione dell’inesorabile scorrere
del tempo, altrettanto fa il racconto febbrile dell’avventura africana di un medico,
contenuto in “Sleeping sikness” di Ulrich Khöler, vincitore dell’Orso d’argento per
la miglior regia. A chiudere il palmares di questa 61° Berlinale, il premio per la
miglior fotografia a “El premio” di Paula Markovich, quello per la miglior sceneggiatura
a “The forgiveness of blood” di Joshua Marston e il premio Alfred Bauer a “If not
us who” di Andres Veiel. Da domani la gente riprende la sua vita normale, si fanno
i consuntivi e si prepara la nuova edizione. Il cinema, come la vita, continua la
sua corsa verso il futuro. (Da Berlino, Luciano Barisone)