Sostegno dei vescovi canadesi all'afghano condannato a morte per essersi convertito
La scelta di una fede religiosa non può mai essere una colpa. E tanto meno può e deve
portare alla pena capitale. Per questo i vescovi del Canada sollecitano una mobilitazione
internazionale, e in primo luogo del Governo canadese, perché sia fatta salva la vita
a Musa Sayed, 45 anni, condannato a morte in Afghanistan con l’accusa di apostasia,
in quanto ha abbandonato la religione islamica convertendosi al cristianesimo. In
particolare, il responsabile della commissione per i Diritti umani della Conferenza
episcopale canadese, l’arcivescovo di Kingston, Brendan M. O'Brien, ha chiesto al
Governo del suo Paese — il Canada è presente con 2.800 militari all’interno dell’International
Security Assistance Force che, sotto l’egida dell’Onu, offre sostegno al governo locale
nella lotta al terrorismo talebano — d’intervenire per evitare la morte del cristiano
convertito dall'islam. In una lettera indirizzata al ministro degli Esteri canadese,
Lawrence Cannon, il presule richiama infatti l'attenzione su questo particolare «caso»
umano e ricorda come la vita di Sayed sia attualmente appesa solo a un esile filo.
Convertitosi al cristianesimo tra il 2002 e il 2003 - riferisce L'Osservatore Romano
- Musa Sayed — sposato e con sei figli che per motivi di sicurezza hanno dovuto abbandonare
il Paese — per quindici anni ha lavorato con il comitato internazionale della Croce
Rossa come fisioterapista al servizio di bambini con arti artificiali, presso il centro
ortopedico di Kabul. Dalla sua cella nella capitale afghana, lo stesso Musa Sayed,
ha scritto una lettera aperta, indirizzata al presidente degli Stati Uniti d’America,
Barack Obama e ad altri leader internazionali, nella quale vengono raccontate le percosse
e i gravissimi abusi a cui è stato sottoposto. «Per favore — è la sua supplica — pregate
per me e aiutatemi a uscire subito da questa prigione, altrimenti mi uccideranno».
L’arcivescovo O'Brien — a nome dei presuli canadesi — ha chiesto pertanto al proprio
Governo di esprimere la «condanna di questa persecuzione religiosa e di intervenire
presso il Governo afghano per favorire un atto di clemenza». (R.P.)