Mondo arabo in fiamme, l'Europa latita. L'opinione di Federiga Bindi
L’ondata delle proteste nel mondo arabo e musulmano rischia di provocare un vero e
proprio effetto-domino in diversi altri Paesi dell’area. Una delle conseguenze, già
ampiamente dimostrata, riguarda l’intensificarsi del flusso di immigrati verso l’Europa.
Il commissario europeo agli Affari Interni, Malmstrom, nel rifiutare le critiche arrivate
dall’Italia ha ribadito che nei prossimi giorni partirà la missione di pattugliamento
del Canale di Sicilia, denominata Frontex. Ma sul ruolo dell’Europa nell’emergenza
immigrazione Eugenio Bonanata ha intervistato Federiga Bindi, docente
di Integrazione Politica Europea all’Università Tor Vergata di Roma:
R. – Per
la seconda volta, nel giro di 20 anni abbiamo una crisi che potrà avere delle conseguenze
importanti nel "cortile di casa", così come furono i Balcani, e per la seconda volta
l’Europa è assolutamente impotente. Con la differenza che, questa volta, dovremmo
teoricamente avere anche gli strumenti per agire. Quindi, la prima considerazione
è che l’Europa manca, non c'è.
D. – A che cosa possiamo imputare questo
ritardo?
R. – Secondo me, a vari fattori. Intanto, pochi riescono a
capire effettivamente cosa succede. Infatti, in prima battuta tanto gli Stati Uniti
che gli europei hanno subito avuto il riflesso condizionato di difendere Mubarak.
Dopo, quando anche gli americani hanno cambiato posizione, cioè quando dalla posizione
alla Clinton si è passati alla posizione di Obama – che è più importante la libertà
piuttosto che la repressione – anche nei Paesi del Mediterraneo si è creata molta
perplessità: chiaramente, tutti quelli che si reggono perché gli americani li sostengono
hanno paura che succeda a loro la stessa cosa che è successa a Mubarak. C’è, dunque,
tutta una serie di segnali contraddittori e in questa serie di segnali contraddittori
l’Europa non sa come comportarsi.
D. – Il fronte più caldo sembra essere
quello dell’immigrazione. Qualcuno ritiene che la sola missione Frontex non basti
per fronteggiare l’emergenza...
R. – No, assolutamente. E qui viene
fuori un punto che l’Italia affermava già da lungo tempo: e cioè che l’immigrazione
dal Sud, l’immigrazione clandestina, non è un problema italiano – come ha sempre voluto
ritenere in un certo modo l’Unione Europea – ma è un problema comunitario. Il governo
italiano ora è riuscito a far mettere all’ordine del giorno del Consiglio Europeo
la questione “immigrazione”, ma stiamo parlando di un Consiglio Europeo che si terrà
tra un mese e non è che ci si possa permettere di aspettare un mese per agire. Al
contrario, bisognerebbe prendere una decisione veloce così come, in fin dei conti,
è stata presa sull’operazione antipirateria in Somalia.
D. – Un tempo
si parlava del Patto euro-mediterraneo, quindi questa strategia europea volta al Sud.
Che fine ha fatto?
R. – Il Patto euro-mediterraneo è miseramente fallito.
E’ stato prima lanciato dalla presidenza italiana, con l’allora ministro degli Esteri
De Michelis, poi fu ripreso dalla presidenza spagnola nel ’94, quindi ripreso in gran
pompa da Sarkozy e mai creato. Dopo di che, la presidenza spagnola, l’anno scorso,
ha altrettanto fallito miseramente e non se ne è fatto nulla. Il problema è che oggi
sarebbe stato uno strumento molto utile. A questo punto, però, poiché non abbiamo
più neanche l’interlocutore nel mondo arabo, è impossibile metterlo in piedi in questo
momento.
D. – Forse dipende dal fatto è che Francia e Germania sono
poco interessate da questo fenomeno?
R. – Fino ad un certo punto, perché
se cominciasse ad arrivare un’immigrazione pesante, l’Italia sarebbe Paese di transito:
una parte si fermerebbe, ma una buona parte andrebbe in Francia e in Germania. Quindi,
sarà bene che si rendano conto che saranno investiti anche loro.(ap)