Il cardinalePéter Erdő: i responsabili dell'Europa difendano le diverse confessioni
cristiane
Tra i punti di dibattito che da giorni stanno impegnando i partecipanti al Comitato
congiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) E la Conferenza
delle Chiese europee (Kek), in corso a Belgrado, vi è quello che riguarda l’identità
nazionale in rapporto al processo di integrazione europea. La collega Marta Vertse,
incaricata del Programma ungherese della Radio Vaticana, ha domandato a uno dei relatori,
il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate
della Chiesa d’Ungheria, nonché presidente del Ccee, in che modo è possibile conservare
l’identità nazionale nei singoli Paesi, in un momento in cui migliaia di profughi
e perseguitati bussano alla porta dell’Europa:
R. – Anzitutto,
bisogna dire che di questo argomento si può parlare a diversi livelli. A livello di
vita sociale e di vita pubblica ci sono cambiamenti notevoli nella mentalità degli
stessi governanti dei singoli Paesi europei e in Germania, in Inghilterra e in Francia
si comincia a parlare della sconfitta della cosiddetta “multiculturalità”: anche in
questi Paesi, quindi, esiste una cultura nazionale che si vuol proteggere, perché
porta in sé diversi valori. Dall’altra parte, c’è poi il diritto inalienabile dei
singoli, così come dei profughi, alla loro dignità umana e alla loro libertà di espressione
di cultura e di religione. E in questo campo si sta cercando quindi un equilibrio
a livello teologico. Ma possiamo dire di più: se noi rispettiamo la biodiversità e
consideriamo il mondo creato come prezioso, a maggior ragione dobbiamo rispettare
le culture, le singole culture dei popoli, perché esse rappresentano un valore sofisticatissimo,
una creazione stupenda di Dio, che va non soltanto rispettata, ma anche sviluppata
e protetta. Ci sono naturalmente poi considerazioni più concrete: siamo in Serbia,
in un Paese che cerca rapporti con l’Unione Europea, che cerca l’integrazione europea
e, allo stesso tempo, è conscia del valore delle proprie tradizioni, della propria
cultura, della propria identità. Sicuramente, nei Balcani ci sono situazione complesse,
caratterizzate ancora da tensioni. Questo sottolinea ancor di più la nostra responsabilità
per la pace e per la giustizia. Per questo, nel titolo della nostra conferenza figura
anche la parola pace: la pace all’interno della società, ma anche la pace a livello
internazionale.
D. – Eminenza, lei ha accennato al luogo dell’incontro
che è altamente simbolico: Belgrado può fare da ponte fra Oriente ed Occidente non
solo geograficamente, ma anche dal punto di vista dell’ecumenismo. Quale contributo
concreto vuole dare questo vostro incontro al cammino comune verso l’unità dei cristiani?
R.
– Certamente, visti i fenomeni preoccupanti nel mondo, come la persecuzione sanguinosa
dei cristiani in diversi Paesi o gli attentati contro i cristiani in vari Paesi del
Medio Oriente – e fenomeni analoghi si presentano anche in altre zone del mondo, come
in Nigeria, in Pakistan, in India – è necessario che i cristiani e non soltanto i
cattolici dicano una parola chiara e cerchino di proteggere anche la sicurezza e la
libertà della religione cristiana e delle persone che appartengono alle confessioni
cristiane. Speriamo che i responsabili europei accolgano questa iniziativa e si arrivi
ad esprimere una voce chiara nella difesa non soltanto di altri gruppi etnici e religiosi,
ma anche in difesa dei cristiani. (mg)