Progetto "Euromed": i media che creano un ponte tra l'Ue e la sponda sud del Mediterraneo
Creare uno spazio comune fra l’Europa e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo,
cercare il dialogo attraverso la condivisione di valori comuni, ma soprattutto collaborare
per la pace e lo sviluppo, garantendo un’informazione libera e indipendente. E’ questo
l’obiettivo del progetto “Euromed News” finanziato dalla Commissione Europea, a cui
hanno aderito tante tv europee, prima tra tutte France Televisions e l’Unione delle
Televisioni dei Paesi della Lega Araba. Il servizio di Cecilia Seppia.
Il dialogo
e la cooperazione tornano a viaggiare attraverso l’etere e da qui sfidano le frontiere
di terra, i muri di separazione politica, religiosa ed economica per provare a costruire
un altro Mediterraneo: accade grazie ad Euromed-News e alla sinergia di azione tra
i tanti professionisti europei e arabi che per due anni hanno lavorato insieme alla
produzione, messa in onda e scambio di 300 TG, 40 magazine e 9 documentari. Thierry
Vissol – consigliere Speciale Media e Comunicazione della Commissione europea:
“L’Unione
Europea prova ad avere una politica con tutti i suoi vicini per aiutare lo sviluppo,
lo stato di legge e, soprattutto, per fare in modo che questi Paesi possano comunicare
tra di loro e, dunque, provare ad avere un’era di pace, sicurezza e sviluppo economico”.
Un
ponte tra le due sponde del Mediterraneo, quella europea e quella nordafricana, per
parlare di diritti umani, educazione, energia, politica, attualità, ma anche dignità
della donna che come ci spiega Alessandra Paradisi, segretario
generale della Copeam (Conferenza Permanente dell’Audiovisivo Mediterraneo), in questo
progetto ha avuto un ruolo fondamentale:
“Il ruolo della donna è stato
determinante sia nella redazione e nella conduzione del progetto stesso, sia all’interno
poi dei contenuti che sono stati diffusi. Abbiamo creato, organizzato, una sorta di
redazione transnazionale ed è venuto fuori un mosaico molto articolato del Mediterraneo,
in cui le donne cominciano ad essere sempre più protagoniste”.
Una circolazione
di informazioni, veicolata non a caso sulla tv terrestre, quindi accessibile a tutti
in prima serata, ha raggiunto milioni di persone nei Paesi e del Medio oriente e del
Maghreb, segnati in questo periodo da rivolte e forti cambiamenti politici, recuperando
il ruolo di servizio pubblico, spesso bandito e informando sui fatti in tempo reale.
Claudio Cappon, vicepresidente UER, l’Unione Europea di Radiotelevisione:
“Il
servizio pubblico vuol dire servizio ai cittadini, vuol dire informazione, vuol dire
cultura e, soprattutto, vuol dire consapevolezza. Io credo che, in questo momento,
le più grandi barriere in quest’area del mondo siano le barriere dei pregiudizi. I
pregiudizi sono figli dell’ignoranza. Quindi, niente di più che lavorare insieme su
progetti comuni infrange queste barriere. La televisione talvolta non è il mezzo migliore
per rinnovare e per cambiare: talvolta, la televisione è passiva come strumento e
talvolta è un po’ troppo condizionata dai poteri. L’importante è ritrovare la freschezza.
Non conta tanto il mezzo tecnico, quanto l’indipendenza e la freschezza del giudizio”.(ap)