2011-02-16 14:49:36

Sette anni tra i religiosi: il cardinale Rodé fa il bilancio della sua esperienza a capo del dicastero per la Vita consacrata


Carismi antichi, che hanno reso più bello il volto della Chiesa lungo i secoli. E nuove compagini maschili e femminili, attratte dalla radicalità evangelica, che con la loro scelta reagiscono alla progressiva scristianizzazione della nostra epoca. A servizio degli uni e degli altri ha lavorato per sette anni il cardinale Franc Rodè, rivestendo la carica di prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Da poco più di un mese, il 76.enne porporato ha lasciato l’incarico al suo successore, l’arcivescovo Joao Braz de Aviz. Romilda Ferrauto, responsabile della redazione francese della nostra emittente, ha chiesto al cardinale Rodè di tracciare un bilancio del suo lavoro, intensamente vissuto tra i religiosi e le religiose di tutto il mondo:RealAudioMP3

R. – I religiosi nella storia della Chiesa e nella storia del mondo sono stati sempre dei focolai di animazione spirituale e di dinamismo missionario. Possiamo dire che le grandi riforme nella storia della Chiesa sono state frutto dell’opera dei religiosi: pensiamo a San Benedetto, a San Bernardo, a San Francesco, a San Domenico, a Sant’Ignazio di Loyola. E sono stati – e questo è singolare – anche i più perseguiti della storia, e i più canonizzati.

D. - Durante i suoi anni di servizio, lei, eminenza, ha potuto visitare molte comunità religiose sparse per il mondo. Quale impressione ne ha ricavato?

R. - Oggi, i religiosi rappresentano, più o meno, un milione e 100 mila uomini e donne e sono una presenza giovane e dinamica in America Latina, in Africa, in Asia. Ultimamente sono stato in Angola, un anno prima in Cameroun e ancora in Bolivia: ho visto un’opera meravigliosa svolta dai religiosi nell’amore a Cristo, ma anche opere sociali molto importanti da loro realizzate: ambulatori, ospedali, asili per bambini, scuole... Tutto questo, con una dedizione ammirevole.

D. - Nonostante la grande dedizione che lei ha riscontrato, è innegabile – e anche il Papa lo ha riconosciuto – che la vita religiosa non sia purtroppo immune da una certa perdita di identità…

R. - La vita religiosa è oggi in difficoltà e questo bisogna riconoscerlo. La secolarizzazione ha penetrato molte comunità e molte coscienze. La secolarizzazione si esprime in una preghiera senza raccoglimento e spesso formale e danneggia il concetto di obbedienza, introducendo una certa mentalità "democratica", che esclude il ruolo dell’autorità legittima. Con la secolarizzazione si corre il pericolo di trasformare le opere di carità in servizi sociali e questo a danno dell’annuncio del Vangelo: si preferisce una società di benessere, piuttosto che un segno escatologico. Questi segni di secolarizzazione sono presenti un po’ ovunque, ma soprattutto sono presenti nel mondo occidentale. Il mio sforzo, come prefetto dei religiosi, è stato quello di cercare di superare questa mentalità di secolarizzazione e di riaffermare i valori fondamentali della vita consacrata: facendo dei religiosi e delle religiose quello che dovrebbero essere e cioè una forza di rinnovamento della Chiesa. In questi miei sforzi, mi sono appoggiato sulle forze sane delle Congregazioni tradizionali - perché queste forze esistono – così come sulle nuove correnti spirituali che si manifestano nella Chiesa.

D. - Queste nuove esperienze religiose possono essere considerate, eminenza, una risorsa per la Chiesa contemporanea, come i grandi carismi lo furono per quella del passato?

R. – In effetti, nuove comunità religiose sorgono contro lo spirito di secolarismo. Sorgono in Francia, in Spagna, in Italia, in Brasile, in Perù, negli Stati Uniti. Queste comunità danno grande importanza alla preghiera e alla vita fraterna vissuta in comunità; insistono sulla povertà e sull’obbedienza: tutti portano l’abito religioso, segno visibile della loro consacrazione. Queste nuove comunità richiamano l’uomo al suo destino trascendente e costituiscono una forza di rinnovamento, di cui la Chiesa ha un gran bisogno. (mg)







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