In Italia la Giornata per promozione della salute nei luoghi di lavoro
Migliorare la qualità della vita di chi lavora, e dell'azienda in cui il lavoro si
svolge, riducendo contemporaneamente i costi sociali causati dalle patologie più diffuse.
Sono gli obiettivi che perseguono i cosiddetti medici del lavoro, la cui attività
è oggi al centro, in Italia, della 12.ma Giornata nazionale di informazione sulla
promozione della salute nei luoghi di lavoro. Eliana Astorri ha chiesto al
prof. Nicola Magnavita, ricercatore di Medicina del lavoro dell'Università
Cattolica del Sacro Cuore, quale sia il settore specifico di intervento della medicina
del lavoro:
R. – Si occupa
soprattutto della salute dell’uomo che lavora. Quindi, è un po’ come una nuova medicina.
Noi, però, generalmente tendiamo a non fare terapia, perché dobbiamo arrivare molto
prima che insorga la malattia. Il centro della nostra attività è rendere le persone
sane ancora più sane: ciascuno di noi potrebbe migliorare il proprio livello di salute.
D.
– La cultura della salute nei luoghi di lavoro, la sua promozione, è un aspetto nuovo
per la società italiana?
R. – Entro certi limiti è abbastanza nuovo,
considerando che la legge che la prevede tra i compiti della medicina del lavoro è
solo del 2008. Per la verità però chi fa il medico del lavoro da tanti anni queste
cose le fa da 20 anni. Tra l’altro nei Paesi anglosassoni, che hanno un’impostazione
molto più liberista della nostra, dove non c’è magari un servizio sanitario nazionale,
come per esempio negli Stati Uniti, le aziende hanno una responsabilità sociale maggiore,
per cui esse si prendono cura anche della salute extra lavorativa e lo fanno nel loro
esclusivo interesse. Il datore di lavoro ha tutto il vantaggio di avere una persona
sana e anche contenta di lavorare in quell’azienda. Nella promozione della salute
il "tornaconto" c’è sia per il singolo che per la collettività e per l’azienda.
D.
– Si punta quindi alla prevenzione attraverso visite e controlli in modo da evitare
il problema...
R. – Il problema è migliorare i livelli di salute. Quando
abbiamo l’incarico di fare il “medico competente”, come si chiama adesso, noi dobbiamo
consigliare il datore di lavoro per il meglio e, quindi, su come evitare che i lavoratori
si ammalino. Ma questa è una cosa che si fa ormai da tre secoli! Non può bastare questo:
noi dobbiamo fare di più e il nostro ultimo programma di promozione della salute si
intitola “Più salute dal lavoro”.
D – Questo significa che il beneficio
è sì per il lavoratore, ma anche per le spese sanitarie del Paese...
R.
– Su questo non c’è dubbio. Noi cerchiamo, infatti, di appoggiare i nostri programmi
sul servizio sanitario nazionale, perché c’è un beneficio per l’azienda - non c’è
dubbio – c’è un beneficio per il lavoratore, ma c’è un beneficio per la collettività
nel suo insieme. Se noi riusciamo per esempio a ridurre l’incidenza delle malattie
cardiovascolari, che portano via un terzo delle vite del nostro Paese e, allo stesso
modo, se riusciamo a ridurre tramite una vita virtuosa l’incidenza di certi tumori,
è chiaro che anche lì una quota importante di sofferenze e di morti sarebbe risparmiata
per tutta la collettività.(ap)