2011-02-16 14:43:34

Divampa la protesta nel mondo arabo: manifestazioni e scontri in Libia e in Iran


La protesta antigovernativa dilaga anche oggi nel mondo arabo. Scontri si segnalano in Libia, dove sarebbero decine i feriti, e nello Yemen. La situazione resta tesa anche Tunisia. Il servizio di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

Il fuoco della protesta arriva ad infiammare anche la Libia, dove questa notte a Bengasi sono scoppiate proteste contro il leader libico Gheddafi; proteste sfociate in scontri con le forze di sicurezza, intervenute per bloccare la manifestazione. Eppure i media locali non riferiscono nessuna notizia del genere, e anzi parlano di molteplici manifestazioni di sostegno a Gheddafi. Ed anzi insistono sul rilascio, in giornata, di 110 detenuti, ora rinchiusi nel carcere 'Abu Salim' di Tripoli per appartenenza al Gruppo Combattente Islamico, un'organizzazione integralista ritenuta fuori legge. Nello Yemen, anche stamattina – ed è il quinto giorno consecutivo – giovani hanno invaso le strade della capitale Sana’a per chiedere le dimissioni del presidente Saleh, al potere da 32 anni; anche qui si segnalano incidenti e feriti, in particolare 2 giornalisti, picchiati in piazza. Solo ieri la polizia aveva disperso i manifestanti che si dirigevano verso il palazzo presidenziale. Situazione più tranquilla, ma non serena, invece, in Tunisia, dove un gruppo di giovani di tendenza salafita ha organizzato una protesta nel centro di Tunisi per chiedere la chiusura della locale sinagoga. Attesa piena di tensione, infine, in Algeria, per la manifestazione di sabato, indetta da partiti d'opposizione, sindacati e associazioni, membri del Collettivo nazionale per la democrazia e il cambiamento.

La protesta in Libia
La rivolta politica e sociale che ha interessato i Paesi arabi potrebbe dunque dilagare anche in Libia, dove da oltre 40 anni è al potere il colonnello Muhammar Gheddaffi. Sulla situazione venutasi a creare in Libia, Stefano Leszczynski ha intervistato Camille Eid, giornalista esperto di Paesi arabi per il quotidiano "Avvenire":RealAudioMP3

R. – La situazione libica soffre di progetti di "democrazia ereditaria" - visto che anche lui stava preparando il figlio alla successione - di libertà di stampa inesistente: ci sono tutti gli elementi per provocare una rivolta e cambiare questo stato dei fatti.

D. - Allo stesso tempo però appare uno dei Paesi più difficili dove potere immaginare un’opposizione organizzata al regime…

R. - Questo è vero perché la repressione è stata dura negli ultimi anni a cominciare dagli islamici fino a tutti i partiti di sinistra o affini. Non dimentichiamo che l’Europa è stata complice di questa repressione perché hanno considerato come stabilità questa permanenza di una dittatura. Ricordiamo che la Libia è stata, per esempio, cancellata dalla lista degli “Stati canaglia” e che ha trovato un compromesso sulla vicenda di Lockerbie in cambio di un controllo dell’emigrazione dei clandestini verso l’Europa - cosa che poi la Libia non ha completamente onorato - e di una rinuncia al suo programma nucleare.

D. - La Libia si differenzia un po’ dagli altri Stati in cui ci sono state le rivolte per la debolezza di un sistema di opposizione ben strutturato. Questo potrebbe lasciare aperta l’ipotesi di una protesta guidata dall’islam radicale in Libia?

R. – Bisogna ammettere che i Fratelli musulmani o dei partiti affini è attivo. Ci sono state diverse sollevazioni di musulmani negli ultimi anni. D’altra parte il governo ha anche rilasciato nei mesi scorsi alcuni detenuti politici, in gran parte islamici, proprio come gesto di apertura. I partiti libici dell’opposizione si sono riuniti ultimamente in una conferenza nazionale dell’opposizione: una piattaforma che raggruppa, sì, dei musulmani ma non solo e, quindi, è attesa anche per domani una manifestazione di massa perché ricorre l’anniversario di un’intifada scoppiata nel febbraio del 2006. Bisogna vedere se può rappresentare la scintilla di una rivolta in Libia. Bisogna vedere quanto tempo ci vorrà, perché un regime come quello di Gheddafi non avrà nessuna paura di utilizzare la forza militare pur di reprimere le aspirazioni del suo popolo. (bf)

Scontri in Iran
Resta sempre delicata la situazione anche in Iran. Scontri stamattina a Teheran durante funerali di uno dei due giovani morti durante le manifestazioni anti governative di lunedì. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3

Ancora scontri a Teheran tra sostenitori del governo e manifestanti antigovernativi. A renderlo noto è la televisione di Stato precisando che gli scontri sono avvenuti stamani durante i funerali di un giovane morto lunedì scorso. Il governo ha organizzato funerali di Stato per il ragazzo e precisato che il giovane, definito un martire della Repubblica islamica, era uno studente appartenente alle milizie dei volontari islamici, che lunedì hanno appoggiato la polizia anti-sommossa contro le manifestazioni dell'opposizione. Secondo fonti dell’opposizione, invece, il ragazzo faceva parte del quartier generale di Hossein Moussavi, uno dei leader della protesta. Proprio Moussavi ha salutato oggi quelle che ha definito le ''grandi manifestazioni'' svoltesi lunedì, respingendo ogni interferenza di “stranieri” nelle vicende interne del Paese. Il presidente iraniano Ahmadinejad ha affermato che i "nemici" che hanno organizzato le manifestazioni dell'opposizione falliranno nella loro campagna contro il governo. Ieri, infine, il presidente americano Barack Obama ha condannato le violenze in Iran e ha detto di sperare che, come successo in Egitto, gli iraniani “abbiano il coraggio” di continuare a protestare.

Bahrein, preoccupazione degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per le violenze registrate nelle ultime ore in Bahrein e chiedono a tutte le parti in causa di porre fine agli scontri. Ieri nel Paese due persone sono morte in scontri avvenuti durante una manifestazione anti-governativa. Nuovi disordini sono esplosi durante i funerali di una delle vittime.

Egitto, fase di transizione
In Egitto si procede nella riorganizzazione istituzionale nella fase post Mubarak. L’esercito, attualmente al potere nel Paese, ha fatto sapere di voler emendare rapidamente la Costituzione. Il servizio di Mariapia Iacapraro:RealAudioMP3

Il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha annunciato che emenderà una nuova costituzione entro 10 giorni. Entro due mesi verrà inoltre indetto un referendum popolare. I militari hanno dichiarato in un comunicato che l’obiettivo è di “trasferire il potere ricevuto ad autorità civili e a un presidente eletto in elezioni libere e corrette che riflettano la volontà del popolo”. Per la fine della fase di transizione, come annunciato dai militari, bisognerà attendere le elezioni legislative e presidenziali che secondo diverse fonti si dovrebbero tenere a settembre. Dopo le manifestazioni che hanno portato alle dimissioni di Hosni Mubarak, si susseguono inoltre preoccupanti notizie: il direttore della Rete araba d’informazione dei diritti umani, Gamal Eid, ha detto che centinaia di persone, probabilmente arrestate durante le proteste, sono ancora introvabili e considerate “disperse”. Sempre più pesante, poi, il bilancio delle vittime. Mancano cifre ufficiali, ma secondo l'Onu e Human Rights Watch, le persone rimaste uccise durante le manifestazioni sono almeno 300. Nel Paese, intanto, rimarranno chiuse fino a domenica le banche, a causa dello sciopero dei dipendenti. Anche la Borsa del Cairo resterà chiusa, fino a quando la situazione non sarà tornata normale. Resta ancora avvolta nel mistero, infine, la sorte di Mubarak per alcune fonti gravemente malato e addirittura in coma. Secondo altre sarebbe morto e per il sito arabo-israeliano al-Arab, invece, l’ex presidente si troverebbe in Israele.

India, nuovi sforzi contro la corruzione
Linea dura del governo indiano contro la corruzione. Il premier Singh, alla luce delle ultime inchieste che negli ultimi mesi hanno coinvolto alcuni ministri, ha garantito punizioni esemplari assicurando che non intende lasciare il suo incarico. Il primo ministro ha inoltre aggiunto di ''non avere paura di comparire davanti a una commissione di inchiesta parlamentare'', come richiesto dall'opposizione, che per protesta ha bloccato l'attività parlamentare.

Italia: Berlusconi all’indomani del rinvio a giudizio
“Non sono affatto preoccupato e, per amor di patria, di questo non parlo”. Lo ha detto il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, durante una conferenza congiunta con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti il giorno dopo il suo rinvio a giudizio con rito immediato per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile. Il processo inizierà il 6 aprile prossimo davanti ai giudici della quarta sezione penale in composizione collegiale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non ha commentato la notizia del rinvio a giudizio, ma ha affermato che questi sono “tempi difficili” per il Paese.

Filippine, processo di pace
Il governo filippino e i ribelli comunisti del Fronte Democratico Nazionale (Ndf) si sono riuniti a Oslo per avviare con la mediazione norvegese un nuovo processo di pace. Gli ultimi negoziati tra le due parti, terminati senza alcun risultato concreto, risalgono al 2004.

Grecia, riforma del trasporto pubblico
Via libera in Grecia al disegno di legge sulla riforma del trasporto pubblico. Dopo un acceso dibattito tra governo e partiti di opposizione, il testo è stato approvato la scorsa notte. I lavoratori del comparto, dopo oltre un mese di sciopero si sono riuniti fuori dal Parlamento per esprimere ancora una volta la loro opposizione al progetto di riforma. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 47







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