Obama: in Iran il popolo sia libero di esprimersi come in Egitto
Egitto. Le forze armate hanno insediato la commissione che avrà il compito di riformare
la Costituzione, ma il movimento di protesta chiede tempi certi per la transizione
ad un nuovo esecutivo, pena nuove manifestazioni a partire da venerdì prossimo. Intanto
l’onda delle proteste non si placa in Yemen ed il presidente Usa Obama sostiene gli
oppositori del presidente iraniano Ahmadinejad che ieri sono scesi in piazza. Massimiliano
Menichetti:
Crisi
del mondo arabo Egitto, Tunisia, Algeria, ma anche Yemen e Iran. Il mondo arabo
è in fiamme, per una serie di proteste che hanno modalità diverse, differenti finalità,
ma accomunate da una profonda crisi sociale che coinvolge questi Paesi. Non a caso
le proteste si sono innescate attraverso un effetto domino che la dice lunga su situazioni
sociali ed economiche che erano arrivate, probabilmente, a saturazione. Salvatore
Sabatino ne ha parlato con Francesco Carlà, esperto di economia internazionale:00:02:11:66
R. – Io direi che ci sono due numeri essenziali
per comprendere la crisi del mondo arabo e del Nord Africa. Il primo numero è che
il 70 per cento delle persone ha meno di trent’anni, ha spesso - tra l’altro - un’elevata
scolarizzazione ed è sempre più insoddisfatto della condizione di miseria che vive
quotidianamente. Il secondo numero, che può apparire bizzarro, ci dice che Egitto
e Tunisia – anche se questi numeri valgono per il resto del Nord Africa e del mondo
arabo – non sono Paesi in crisi economica: anzi negli ultimi dieci anni – dal ’99
in poi – sono cresciuti a ritmi elevati, circa il 5 per cento all’anno. Quindi con
questi due numeri nella testa, capiamo che il problema è essenzialmente nell’incapacità
della classe dirigente di distribuire in modo decoroso e sufficientemente equo la
ricchezza prodotta nel Paese: il lavoro, da quelle parti, si trova soltanto per vie
clientelari, per raccomandazioni politiche, per appartenenza a clan e forse suona
anche un po’ familiare questa situazione.
D. – Le crisi in atto in queste
settimane hanno letteralmente paralizzato le economie di questi Paesi, che tipo di
ricadute possiamo immaginare nel breve e medio termine?
R. – La questione
– secondo me – è veramente globalizzabile, perché abbiamo condizioni simili – situazioni
politiche, economiche e demografiche – in Asia: vedremo nei prossimi mesi - e speriamo
anni se la condizione attuale riuscirà a durare più a lungo – se il regime di Pechino,
per esempio, sarà più abile e previdente nel frenare gli appetiti dei burocratici,
dei politici cinesi e quindi ad arginare la corruzione che è molto presente anche
da quelle parti.
D. – Si può immaginare un contagio anche dell’economia
europea?
R. – Io direi che noi abbiamo condizioni patrimoniali e reti
di produzione familiari che lì non ci sono, almeno in questo momento. Abbiamo, però,
una crescita molto asfittica e un’età media della popolazione che supera i 40 anni:
anche qui, quindi, se non arrivano le riforme vere e che dovrebbero essere le famose
liberalizzazioni e le rotture di monopoli pubblici e privati, che sono tuttora presentissimi,
l’insoddisfazione potrebbe montanare anche da noi e, forse, a quel punto – anche perché
saranno passati dei mesi e degli anni – la rete patrimoniale delle famiglie potrebbe
non essere più sufficiente a frenare queste spinto. (mg)