2011-02-15 16:07:51

Mondo arabo in fiamme: Iran, Yemen, Bahrein sulla scia dell'Egitto


Dal Nord Africa al Medio Oriente, non si arresta l’ondata di proteste antigovernative. Situazione particolarmente complicata in Iran, dove ieri migliaia di persone sono scese in piazza in sostegno alle rivolte in Tunisia ed Egitto. Il governo sembra orientato a continuare con la linea dura, nonostante gli appelli di Stati Uniti e Unione Europea. Il servizio è di Marco Guerra:RealAudioMP3

L’Iran risponde con fermezza alle pressioni della piazza e della comunità internazionale. A sgombrare il campo è la guida suprema iraniana in persona, Ali Khamenei, che ha dato la sua lettura alle proteste che infiammano il mondo arabo dicendo che vi è “la promessa divina che i musulmani saranno vittoriosi”. Khamenei ha quindi invitato “tutti i Paesi musulmani a muoversi in modo unitario per aumentare il potere del mondo dell'Islam”, lamentando che “l'Occidente ha sempre umiliato i Paesi islamici”. In merito all'Egitto, Khamenei ha ribadito che la rivolta è stata ispirata da un “movimento islamico” che ha reagito alle “umiliazioni imposte al popolo dagli Stati Uniti”. L'ayatollah ha anche accusato Washington di cercare oggi di prendere il controllo di questo movimento. Poco prima, il portavoce del ministro degli Esteri della Repubblica Islamica aveva affermato “che gli Stati Uniti sono in crisi per gli ultimi sviluppi nella regione”, stigmatizzando le parole di Hillary Clinton che ieri ha espresso vicinanza ai manifestanti dell' "Onda Verde". E sulla stessa linea del segretario di Stato americano, si è espresso anche il capo della diplomazia europea Catherine Ashton che ha rivolto un appello all'Iran a rispettare il diritto di manifestare pacificamente. Ma intanto il pugno di ferro del regime non si allenta: gruppi di deputati iraniani conservatori hanno chiesto a gran voce oggi di “impiccare i leader dell'opposizione Mussavi e Karrubi”. E mentre la normalità è tornata nelle strade di Teheran e delle altre grandi città del Paese, dopo gli scontri di ieri tra forze di sicurezza e migliaia di manifestanti, un sito web vicino alle opposizioni annuncia la morte di un secondo manifestante ricoverato ieri in ospedale con gravi ferite.

Proteste in Yemen, Bahrein e Egitto
Le proteste continuano ad infiammare diversi Paesi del mondo arabo: in Yemen, per il quarto giorno consecutivo, si sono tenute manifestazioni per le strade di Sana'a. Centinaia di studenti hanno marciato verso il palazzo presidenziale della capitale, per chiedere le dimissioni del presidente Saleh. In Bahrein invece è morto il secondo manifestante dall’inizio delle dimostrazioni antigovernative. A seguito dei questo nuovo fatto di sangue, il principale partito d’opposizione sciita, Wefaq, ha annunciato di essersi autosospeso dal Parlamento. Intanto l’Egitto, tra le notizie sulle precarie condizioni di salute dell’ex presidente Mubarak e le critiche della piazza nei confronti dell’esercito, procede sulla strada della transizione che dovrà portare a nuove elezioni probabilmente a settembre. I fratelli Musulmani sono pronti a formare un partito politico in piena regola non appena verrà rimosso il divieto in vigore negli anni scorsi. El Baradei, uno dei leader della protesta, ha fatto sapere invece che non intende candidarsi alla presidenza ma continuare a lavorare per costruire un sistema democratico.

Crisi del mondo arabo
Egitto, Tunisia, Algeria, ma anche Yemen e Iran. Il mondo arabo è in fiamme, per una serie di proteste che hanno modalità diverse, differenti finalità, ma accomunate da una profonda crisi sociale che coinvolge questi Paesi. Non a caso le proteste si sono innescate attraverso un effetto domino che la dice lunga su situazioni sociali ed economiche che erano arrivate, probabilmente, a saturazione. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Francesco Carlà, esperto di economia internazionale:RealAudioMP3

R. – Io direi che ci sono due numeri essenziali per comprendere la crisi del mondo arabo e del Nord Africa. Il primo numero è che il 70 per cento delle persone ha meno di trent’anni, ha spesso - tra l’altro - un’elevata scolarizzazione ed è sempre più insoddisfatto della condizione di miseria che vive quotidianamente. Il secondo numero, che può apparire bizzarro, ci dice che Egitto e Tunisia – anche se questi numeri valgono per il resto del Nord Africa e del mondo arabo – non sono Paesi in crisi economica: anzi negli ultimi dieci anni – dal ’99 in poi – sono cresciuti a ritmi elevati, circa il 5 per cento all’anno. Quindi con questi due numeri nella testa, capiamo che il problema è essenzialmente nell’incapacità della classe dirigente di distribuire in modo decoroso e sufficientemente equo la ricchezza prodotta nel Paese: il lavoro, da quelle parti, si trova soltanto per vie clientelari, per raccomandazioni politiche, per appartenenza a clan e forse suona anche un po’ familiare questa situazione.

D. – Le crisi in atto in queste settimane hanno letteralmente paralizzato le economie di questi Paesi, che tipo di ricadute possiamo immaginare nel breve e medio termine?

R. – La questione – secondo me – è veramente globalizzabile, perché abbiamo condizioni simili – situazioni politiche, economiche e demografiche – in Asia: vedremo nei prossimi mesi - e speriamo anni se la condizione attuale riuscirà a durare più a lungo – se il regime di Pechino, per esempio, sarà più abile e previdente nel frenare gli appetiti dei burocratici, dei politici cinesi e quindi ad arginare la corruzione che è molto presente anche da quelle parti.

D. – Si può immaginare un contagio anche dell’economia europea?

R. – Io direi che noi abbiamo condizioni patrimoniali e reti di produzione familiari che lì non ci sono, almeno in questo momento. Abbiamo, però, una crescita molto asfittica e un’età media della popolazione che supera i 40 anni: anche qui, quindi, se non arrivano le riforme vere e che dovrebbero essere le famose liberalizzazioni e le rotture di monopoli pubblici e privati, che sono tuttora presentissimi, l’insoddisfazione potrebbe montanare anche da noi e, forse, a quel punto – anche perché saranno passati dei mesi e degli anni – la rete patrimoniale delle famiglie potrebbe non essere più sufficiente a frenare queste spinto. (mg)








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