2011-02-15 10:04:00

La cooperazione tra le religioni come strumento al servizio della società


Per decisione delle Nazioni Unite, ogni anno il mese di febbraio prenderà il via con il festeggiamento della “Settimana Mondiale dell’armonia tra le confessioni”. La Radio Vaticana vuole soffermarsi sul significato di questa importante celebrazione, dedicando al tema del dialogo interreligioso l’editoriale della sua pagina sull’Africa.
Gesù ha mostrato l’amore di Dio Padre al mondo, rimanendo fedele alla “causa dell’uomo” fino alla morte e poi con la resurrezione. Una testimonianza forte dell’amore che Dio ha per ogni singola persona, al di là del credo religioso. Il messaggio affidato da Cristo ai discepoli è il sacramento dell’unità, un invito a darne testimonianza davanti all’umanità, con il compito di migliorare il mondo nel quale viviamo. L’aprire noi stessi ad accettare doni spirituali da altri cristiani e dai seguaci delle altre religioni stimola la nostra capacità di percepire la luce della verità che viene dallo Spirito Santo. Ma esige anche lo spazio di libertà nella vita delle società.
Come affermato dal Principe Ghazi Bin Mohammad di Giordania in occasione della proclamazione da parte dell’ONU della Settimana per l’armonia, “Le religioni devono essere parte delle soluzioni e non dei problemi”.
In Africa i gruppi religiosi sono considerati dalla maggioranza degli Stati come partner, dinanzi alla istanze delle popolazione come la povertà, i conflitti armati e tutte le violazioni dei diritti dell’uomo.
Infiniti casi di successo mostrano come quando le diverse comunità religiose si mobilitano in maniera coordinata, riescono ad avere un impatto decisamente positivo in favore delle componenti bisognose della società. Possiamo ricordare ad esempio la valida testimonianza fornita dall’attività del Consiglio africano dei leader religiosi (ACRL) in favore della promozione della cooperazione tra diverse confessioni, finalizzata al rafforzamento della pace e allo sviluppo sostenibile.
E, nello specifico della Chiesa cattolica, i vescovi africani hanno rinnovato il loro impegno in favore dell’assunzione di una posizione comune di tutte le religioni dinanzi alle sfide contemporanee nel Messaggio conclusivo e nella Lista Finale delle Proposizioni del Secondo Sinodo per l’Africa. In questi due documenti si legge che:

“Il dialogo e la collaborazione prospereranno quando c’è rispetto reciproco (…)
Il rispetto reciproco è la strada da percorrere. Nel nuovo mondo che sta nascendo, abbiamo bisogno di dare spazio ad ogni fede perché contribuisca pienamente al bene dell'umanità (…)

La pace in Africa come in altre parti del mondo è ampiamente condizionata dalle relazioni tra le religioni. Perciò, la promozione del valore del dialogo è importante perché i credenti lavorino insieme nelle associazioni dedite alla pace e alla giustizia, in mutuo spirito di fiducia e sostegno, e si insegnino alle famiglie i valori dell’ascolto paziente e del rispetto reciproco senza paura.
Il dialogo con le altre religioni, specialmente l’Islam e la religione tradizionale africana, è parte integrante della predicazione del Vangelo e dell’attività pastorale della Chiesa in nome della riconciliazione e della pace (…)
I Padri sinodali pregano che l’intolleranza e la violenza religiose diminuiscano e vengano eliminate per mezzo del dialogo interreligioso. L’importante evento ecumenico e interreligioso di Assisi (1986) ci fornisce un modello da seguire (…)
La libertà religiosa e la libertà della propria ricerca di Dio come Creatore e Salvatore, sono diritti umani fondamentali.
Perciò i Padri sinodali raccomandano che tutte le nazioni in Africa riconoscano e proteggano la libertà religiosa e la libertà di culto.”***A conclusione di questa breve riflessione sull’importanza del dialogo religioso al servizio della società, proponiamo di seguito un estratto di un’intervista a mons. Vincent Landel, arcivescovo di Rabat e Presidente della Conferenza Episcopale Regionale dell’Africa del Nord, realizzata da Romilda Ferrauto, redattrice del programma francese della Radio Vaticana.
Mons. Landel fornisce un commento sulle drammatiche violenze politiche e sociali che stanno attraversando l’Africa del Nord e sulle sfide complesse della Chiesa in queste società: RealAudioMP3

R. - A partir de tous les événements qui se passent actuellement, on va essayer…
A partire da quello che sta accadendo attualmente, cercheremo di crearci una visione un po’ più chiara per comprendere meglio le situazioni. Penso in particolare alla Tunisia, dove i vescovi hanno avuto un ruolo di primo piano. Parleremo di tutti questi argomenti e poi valuteremo come porci in quanto cristiani: infatti noi tutti siamo, in pratica, cristiani stranieri ed abbiamo un certo dovere di discrezione nei riguardi del Paese che ci accoglie.

D. – Qual è il ruolo dei cristiani, in un contesto simile?
R. – Je dirais que la place des chrétiens elle est nulle: …
Direi che il ruolo dei cristiani è inesistente: lo straniero non parteciperà alle manifestazioni, non sfilerà dietro ad una bandiera, perché altrimenti sarà costretto a lasciare il Paese. Il ruolo dello straniero è quello di continuare a vivere in spirito di incontro con i nostri amici musulmani, a parlare con loro, ma non a prendere il loro posto per quanto riguarda decisioni di ordine politico o addirittura sociale.

D. – Se ho capito bene, i cristiani devono rimanere neutrali?
R. – On les écoute, on leur dit que l’on est avec eux, d’une certaine façon, …
Li ascoltiamo, li rassicuriamo perché siamo con loro, in un certo senso, ma non possiamo dire loro che siamo da una parte piuttosto che da un’altra. E soprattutto, noi siamo quasi nulla, in questo Paese: se ad esempio consideriamo il Marocco, siamo 25 mila su una popolazione di 35 milioni di persone. Nemmeno una goccia d’acqua nel mare. Oltretutto, siamo cristiani di passaggio. Per quanto riguarda la Tunisia, credo siano pochi ormai, anche tra i preti ed i religiosi, che ricordano i tempi di Bourguiba. Credo esista il dovere di discrezione; per contro, se per una ragione o per l’altra ci verrà richiesta una partecipazione in ambito di accompagnamento o di associazione, risponderemo al momento. Si tratta dello sviluppo di un popolo.

D. – Non avete paura che l’attuale incertezza possa favorire la presa di potere da parte dei fondamentalisti?
R. – Le fondamentaliste dont on a peur en Tunisie, qui se trouve a Londres depuis…
Il fondamentalista del quale si ha paura, in Tunisia, si trova a Londra da vent’anni ed il suo rientro è previsto per domenica. Egli ha detto che non ha nessuna intenzione di creare un governo islamista e mi pare che abbia detto che non intende nemmeno fare parte del governo. Ho la forte impressione, soprattutto quando penso all’Europa, che vi sia un terrore mostruoso nei riguardi dell’islam e che quindi lo si trasformi in fondamentalismo. L’islam è la religione vissuta da uomini e donne.

D. – Eppure, ci sono attentati terroristici ogni giorno, e questo è un fatto…
R. – Certains, c’est vrai, peuvent être fondamentalistes et extrémistes, mais c’est…
E’ vero, alcuni sono fondamentalisti ed estremisti, ma si tratta veramente di una minoranza molto piccola. Credo che sia necessario che in Europa si impari ad accettare il fatto che un musulmano non è il “diavolo”. Smettiamola di avere paura dei fondamentalisti. Quello che è accaduto in Egitto, quello che accade in Iraq … io non potrei dire che si tratti di una faccenda di musulmani contro cristiani: si tratta di una faccenda di piccoli gruppi di musulmani contro cristiani; sono anche morti dei musulmani, e ne muoiono tutti i giorni. Personalmente, ho rapporti molto franchi e molto amichevoli con dei musulmani: sono sicuro che la stessa cosa facciano i miei fratelli in Tunisia, in Algeria. (gf)







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