Egitto, iniziato il dopo Mubarak, poteri all’esercito. Mons. Fitzgerald: momento
storico
Primo giorno del dopo-Mubarak in Egitto. Diverse migliaia di persone da oggi all’alba
erano ancora in piazza Tahrir, fulcro della protesta di questi giorni, dopo aver festeggiato
tutta la notte le dimissioni del presidente. A dare l’annuncio, ieri alle 17, era
stato in diretta tv il vicepresidente, Suleiman, che aveva così sancito il passaggio
di potere alle Forze armate. L'esercito ha fatto sapere di essere “consapevole della
pericolosità della situazione” e ha garantito che agirà “per venire incontro alle
richieste dei cittadini”. Da un carcere del Cairo, intanto, è arrivata la notizia
dell’evasione di 600 detenuti. Il servizio di Linda Giannattasio:
Il dopo Mubarak
è iniziato. L’Egitto si prepara a una fase di transizione dopo la svolta, giunta ieri
alle 17 del pomeriggio, quando il vicepresidente Suleiman ha annunciato le dimissioni
del capo dello Stato. Dopo trent’anni di potere, ha vinto la protesta della piazza,
che da 18 giorni chiedeva al presidente di lasciare e al governo di avviare riforme
subito. Immediate le reazioni internazionali: il presidente Usa loda la “forza
morale della non violenza”.“Spetta ora all'esercito – dice – assicurare un passaggio
di poteri credibile e pacifico e tutelare i diritti dei propri cittadini''. Obama
sa che il Medio Oriente non sarà lo stesso e auspica “libertà e democrazia”. Appello
all’esercito anche da Teheran, che chiede però che la rivolta divenga rivoluzione
islamica. Soddisfatta anche Hamas. Il rischio di una deriva fondamentalista dell’Egitto
emerge in tutta la stampa occidentale. L’ago della bilancia sembra ormai essere l’esercito.
Di questo non parla il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, che oggi
ha però annunciato di voler lasciare l’incarico. Intanto, al Cairo l’esercito sta
smantellando le barricate, mentre il coprifuoco in vigore dall'inizio della rivolta
è stato ridotto, da mezzanotte alle 6 del mattino. Mercoledì scorso, in programma
anche la riaperture della Borsa. Su Internet continua il tam-tam, stavolta per chiedere
ai protagonisti delle proteste di partecipare anche al dopo rivolta, a partire dalla
ripulitura delle strade. I media del Levante arabo, dal canto loro, esaltano la ''vittoria
del popolo egiziano'' e la ''caduta del dittatore''. Tra loro il coro è unanime, nessuna
eccezione.
E proprio l’esercito è stato il grande protagonista della crisi
egiziana, che ha portato alla caduta del presidente Mubarak. Ai militari è stato ora
affidato il potere di gestire il processo di transizione. A Paolo Mastrolilli,
inviato del quotidiano La Stampa al Cairo, Stefano Leszczynski ha chiesto se
non via sia ora il pericolo strisciante di un golpe militare:
R. – In sostanza,
il potere è passato adesso dalle mani di un ex generale, Mubarak, alle mani di una
giunta militare. Hanno promesso che utilizzeranno questo potere per favorire la transizione
dell’Egitto verso una democrazia pacifica e compiuta. I ragazzi della protesta e i
partiti dell’opposizione hanno salutato questo passo in maniera positiva, perché al
momento si fidano dell’esercito e ritengono che non farà un colpo di Stato, non terrà
il potere per sé.
D. – Anche perché Amr Moussa ha annunciato che si
dimetterà dalla Lega araba...
R. – Amr Moussa ha delle ambizioni personali.
Non ha escluso di candidarsi alla presidenza e potrebbe essere un uomo di compromesso
fra il vecchio regime, i militari e i giovani della protesta. Lo stesso Moussa, in
un’intervista, ci ha detto che gli eventi che abbiamo visto accadere in Egitto hanno
un impatto su tutto il mondo arabo. Ritiene che sia effettivamente iniziato un movimento
che può cambiare l’intero mondo arabo, per quello che riguarda appunto la gestione
politica di questi Paesi e questo, naturalmente, è uno sviluppo molto importante.
Uno sviluppo al quale dobbiamo prestare molta attenzione.
D. – Qual
è, oggi, l’atteggiamento degli egiziani nei confronti dell’Europa e dell’Occidente
in generale?
R. – Devo dire che in tutta questa protesta non ci sono
stati forti connotati antioccidentali o antiamericani. Non si sentivano degli slogan
contro gli Stati Uniti o contro i Paesi europei. Certamente, qui in Egitto, erano
tutti consci del fatto che il regime di Mubarak era sopravvissuto grazie al sostegno
degli Stati Uniti e dell’Europa, che secondo l’interpretazione dei membri della protesta
l’avevano appoggiato soprattutto a causa dello spauracchio, del timore che il fondamentalismo
islamico si potesse impossessare del Paese. Ora c’è un po’ di risentimento nei confronti
degli occidentali, forse perché non hanno appoggiato con convinzione la protesta dal
principio. Naturalmente, questo è un Paese che adesso si sta rifondando: il rapporto
con gli occidentali resta importante, ma potrebbe svilupparsi adesso in una nuova
luce, in una nuova chiave.
D. – Insomma, ci vorrà ancora qualche giorno
per capire, più o meno, in che direzione andrà l’Egitto...
R. – Sì,
queste sono ore decisive. Si tratta di capire come intende muoversi la giunta militare
per la transizione del potere. Sono già cominciate le riunioni di costituzionalisti
e di giuristi per cercare di identificare i cambiamenti della Costituzione necessari
per favorire questa transizione. Bisogna aspettare un po’ per vedere in che maniera,
dal punto di vista pratico, prende forma questo passaggio dei poteri, questo cambiamento
epocale del Paese. (vv)
"Un momento storico": così ha definito la giornata
trascorsa in Egitto, l'arcivescovo Michael Fitzgerald, nunzio apostolico nel
Paese, al microfono di Chris Altieri:
R. – Credo
che il presidente Mubarak, prima di arrivare alle sue dimissioni, abbia voluto preparare
questo momento, affidando al vice presidente, Omar Suleiman, il compito di vegliare
sulla riforma costituzionale. E’ stato costituito un Comitato proprio per esaminare
i diversi articoli della Costituzione, cercando così di preparare nuove elezioni presidenziali.
Spero anche che il consiglio dell’esercito continui su questa strada, riuscendo anche
a dare risposta alle domande del popolo: richieste che non sono soltanto sulla libertà
politica, ma che riguardano anche temi sociali. Abbiamo assistito a scioperi di lavoratori
e ci sono domande legittime, come è stato detto. Il popolo è molto contento: c’è una
atmosfera di gioia che coinvolge non soltanto i giovani, ma anche le famiglie che
oggi si sono recate in piazza. E’ un momento veramente storico per il popolo egiziano.
Speriamo e preghiamo che questo porti frutti al Paese. (mg)