L’intervento del Card. Giovanni Lajolo, Presidente del Governatorato dello SCV,
in occasione della Conferenza di presentazione delle attività celebrative per l’80°
della Radio Vaticana, svoltasi presso i Musei Vaticani nel pomeriggio di giovedì 10
febbraio 2011:
In quest’anno 2011 cadono insieme due anniversari importanti
dei due principali e più noti media della Santa Sede: i 150 anni dell’Osservatore
Romano e gli 80 anni della Radio Vaticana. Il giornale quotidiano e la radio al servizio
del Papa, della Chiesa e del Vangelo attraverso le vicende del nostro tempo, seguite
giorno per giorno con pazienza e attenzione per decine di anni e valutate alla luce
della parola di Dio e del magistero. E’ sempre stato naturale per la Chiesa usare
gli strumenti della comunicazione sociale offerti dall’intelligenza e dall’industriosità
umana. Il ricorso al giornale quotidiano e alla radio sono stati tempestivi, ma è
interessante osservare che avvengono in situazioni storiche assai diverse e caratteristiche. L’Osservatore
Romano – come è stato ben ricordato in occasione della solenne presentazione del volume
“Singolarissimo giornale” svoltasi all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede lo
scorso 2 dicembre alla presenza del Presidente Napolitano - nasce nel 1961, insieme
all’unità d’Italia e quindi al tramonto del potere temporale dei Papi, e dà voce alle
ragioni della Santa Sede di fronte all’opinione pubblica italiana ed europea in tutto
il lungo periodo della non risolta “questione romana”. Ben diverso è il contesto
in cui nasce la Radio Vaticana nel 1931, proprio in concomitanza della fondazione
del nuovo Stato della Città del Vaticano, frutto del Trattato del Laterano fra la
Santa Sede e l’Italia del 1929.
Questo è infatti il primo punto da rilevare.
La Radio Vaticana nasce esattamente insieme al nuovo Stato, anzi proprio come una
delle strutture che lo caratterizzano nella sua sovranità e libertà di azione internazionale.
Basta osservare alcune date. L’11 febbraio 1929 con la firma del Trattato del Laterano
nasce lo Stato della Città del Vaticano, il 7 giugno il Trattato è ratificato. Già
quattro giorni dopo, l’11 giugno, Guglielmo Marconi compie un primo sopralluogo nei
Giardini vaticani in vista della costruzione della Stazione radio di cui è stato incaricato
dal Papa Pio XI. Nel secondo anniversario della nascita dello Stato, il 12 febbraio
del 31, il Papa inaugura la nuova Stazione. La Città del Vaticano ha così uno strumento
proprio di telecomunicazioni che la rende sovrana e autonoma in questo campo, potendo
sviluppare servizi radiotelegrafici e radiotelefonici propri. E’ giusto osservare
che la prima Stazione radio, il cui edificio è tuttora esistente e ben conservato
nei Giardini vaticani, era stata concepita principalmente per svolgere questi servizi
di telegrafia e telefonia, e quindi la Radio nel suo nascere è strettissimamente legata
alle funzioni dello Stato e dipende direttamente dal Governatorato.
Ma in
realtà il Papa ha ora a sua disposizione non solo il telegrafo senza fili, ma anche
un microfono attraverso cui, quando vuole, può rivolgere la sua parola a un uditorio
potenzialmente larghissimo e diffuso in tutto il mondo. L’universalità del suo servizio
ha una via assolutamente nuova ed efficace per esprimersi. Salutando Pio XI in occasione
dell’inaugurazione della Radio, che oggi appunto commemoriamo, Guglielmo Marconi dice
con fierezza: “Per circa venti secoli il Pontefice Romano ha fatto sentire la parola
del suo divino Magistero nel mondo, ma questa è la prima volta che la sua viva voce
può essere percepita simultaneamente su tutta la superficie della terra”. Pio XI ne
è del tutto consapevole, e rileggendo le parole del suo primo radiomessaggio possiamo
sentire ancora l’eco della sua emozione: “Essendo, per arcano disegno di Dio, Successori
del Principe degli Apostoli, di coloro cioè la cui dottrina e predicazione per divino
comando è destinata a tutte le genti e ad ogni creatura, e potendo pei primi valerci
da questo luogo della mirabile invenzione marconiana, Ci rivolgiamo primieramente
a tutte le cose e a tutti gli uomini, loro dicendo, qui e in seguito, con le parole
stesse della Sacra Scrittura: ‘Udite, o cieli, quello che sto per dire, ascolti la
terra le parole della mia bocca (Deut. 31.1). Udite, o genti tutte, tendete l’orecchio,
o voi tutti che abitate il globo, uniti in un medesimo intento, il ricco e il povero
(Sal 98.1). Udite, o isole, ed ascoltate o popoli lontani (Is 49.1)’”. Pio XI
aveva colto perfettamente la novità dello strumento e delle sue possibilità. I “radiomessaggi”
diventeranno infatti, almeno per diversi decenni, uno dei più importanti generi di
espressione del magistero papale e soprattutto dei suoi moniti in rapporto alla situazione
del mondo. Basti ricordare, in particolare, i “radiomessaggi” di Pio XII nel tempo
di guerra, in occasione del Natale e della Pasqua: attesi con ansia da innumerevoli
ascoltatori, saranno pietre miliari del suo messaggio di saggezza, di speranza e di
pace per l’umanità sconvolta da un’immane tragedia. Ma anche Giovanni XXIII ricorse
nell’ottobre del 1962 al radiomessaggio per dare il suo contributo determinante al
superamento della famosa crisi fra le due superpotenze mondiali per la progettata
installazione di missili a Cuba, quando il mondo intero stava con il fiato sospeso
nel timore dell’olocausto nucleare.
Bisogna osservare che gli anni della nascita
della Radio Vaticana, nel più ampio contesto storico, sono anche anni dell’affermazione
di totalitarismi oppressivi e negatori della libertà religiosa. All’est il bolscevismo
già dominava la Russia, in Italia si affermava il fascismo e in Germania il nazismo.
La radio si presenta allora come lo strumento più adatto, spesso l’unico, per diffondere
un messaggio di fede e di libertà capace di superare le frontiere che sono state chiuse,
e di entrare nelle case e nei luoghi dove si continua a coltivare - spesso nascostamente
e talvolta perfino a rischio della propria vita - la speranza di tempi migliori. Sono
appunto le circostanze e le necessità di servizio della Chiesa che portano a sviluppare
la radiodiffusione, cioè la trasmissione di notizie, informazioni, programmi, in varie
lingue, che in un primo tempo non era stata prevista. Già alla vigilia della seconda
guerra mondiale la Radio Vaticana trasmetteva regolarmente bollettini di informazioni
in sei lingue principali: italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, polacco.
Ancora nel contesto della guerra va ricordata una delle pagine più commoventi
della storia della Radio Vaticana, cioè il servizio compiuto come strumento principale
del grande Ufficio Informazioni voluto da Pio XII per l’aiuto umanitario in favore
dei prigionieri, dei dispersi e delle loro famiglie. L’immensa massa di informazioni
e domande di informazioni che giunge all’apposito Ufficio di Palazzo San Carlo viene
tradotta in messaggi, che attraverso le onde radio sono lanciati nell’etere in tutte
le direzioni e possono essere captati nei campi di prigionia in varie parti del mondo.
Talvolta nei campi le trasmissioni della Radio Vaticana venivano collegate al sistema
degli altoparlanti perché tutti le potessero ascoltare e vi era chi effettivamente
poteva così ricevere qualche notizia della sua famiglia, un conforto che non avrebbe
mai più dimenticato…Alcuni numeri bastano a far intendere il volume di questa attività:
dal 1940 al ‘46 vengono trasmessi in totale 1.270.000 messaggi in 12.105 ore di trasmissione
effettiva, con punte di 70 trasmissioni settimanali di 2 o 3 ore, raggiungendo anche
12 o 13 ore al giorno, verso quasi tutte le direzioni geografiche.
Alla fine
della guerra mondiale il comunismo estende il suo dominio sulla maggior parte dell’Europa
orientale e il Papa chiede alla Radio Vaticana di diventare la voce della Chiesa a
sostegno dei popoli e dei fedeli oppressi. Si moltiplicano i programmi regolari nelle
lingue dei Paesi che hanno perduto la libertà. Se il lituano, l’ungherese e l’ucraino
erano già stati utilizzati in precedenza, dal 1947 in poi si aggiungono il romeno,
il ceco e lo slovacco, il russo, il croato e lo sloveno, il lettone, il bielorusso,
il bulgaro, l’albanese…Una vera epopea di servizio appassionato alle Chiese del silenzio.
Quanta gratitudine queste trasmissioni abbiano suscitato nel cuore di lontani ascoltatori
lo si è capito meglio nei primi anni 90, alla caduta della “cortina di ferro”, quando
le redazioni della Radio sono state invase dalle lettere di quegli ascoltatori o dei
loro figli. Il record è stato raggiunto dalla Sezione Ucraina, con oltre 40.000 lettere
in un anno, oltre cento al giorno. Era soprattutto la trasmissione domenicale della
Divina Liturgia nel rito greco-cattolico il lingua ucraina che aveva confortato per
decenni i fedeli privati dei loro pastori incarcerati o uccisi.
Tutta questa
attività richiedeva un potenziamento degli impianti di trasmissione, con nuovi trasmettitori
potenti e grandi sistemi di antenne, per i quali il ristretto territorio dello Stato
della Città del Vaticano non era sufficiente. Di qui la costruzione del nuovo Centro
Trasmittente di Santa Maria di Galeria su un terreno di proprietà del Collegio Germanico,
a cui lo Stato italiano riconosce l’extraterritorialità con accordo internazionale
nel 1951. Sarà ancora Pio XII a inaugurarlo nel 1957, giungendovi con il più lungo
viaggio del suo pontificato fuori dei confini del Vaticano.
Così la Radio Vaticana
è pronta per un servizio di orizzonte veramente mondiale, e può avviare nuove trasmissioni
specifiche regolari verso l’Asia, l’America latina e l’Africa. La Chiesa universale
viene coinvolta nel grande evento del Concilio Vaticano II, a cui la Radio dedicherà
3000 ore di trasmissione in 30 lingue, e di cui registrerà tutti gli interventi dei
padri, su oltre 300 kilometri di nastro magnetico. Ma non ci si può mai “addormentare
sugli allori”. Paolo VI pone l’accento in modo molto forte sulla necessità di migliorare
e allargare la programmazione. Il suo discorso alla Radio Vaticana nel 1966 rimane
una pietra miliare e uno stimolo permanente: “I programmi…sono la parte principale
dell’opera relativa alla Radio: cioè il suo scopo, il suo uso, la sua effettiva utilità.
A nulla servirebbe avere un magnifico strumento, se poi non lo sapessimo magnificamente
adoperare!”. La Radio Vaticana viene quindi chiamata e incoraggiata a continuare
a partecipare sempre più efficacemente e con orizzonti sempre più larghi alla missione
di evangelizzazione e di guida morale del papato nel mondo di oggi. Il pontificato
di Giovanni Paolo II, con il suo dinamismo senza confini, porterà tecnici e redattori
della Radio Vaticana a seguire il Papa in ogni angolo del mondo, affrontando sempre
nuove sfide per rendere lo strumento tecnico capace di rispondere a necessità apostoliche
inusitate. Basti ricordare il primo viaggio di Papa Wojtyla in Polonia, quando furono
proprio le trasmissioni della Radio Vaticana a informare i polacchi delle diverse
aree del Paese su quanto stava accadendo e quindi a contribuire in modo significativo
al suo successo, dati i vincoli che la censura imponeva invece ai media statali.
Ci
avviciniamo così ai nostri giorni e alle sfide del futuro, a cui saranno dedicati
altri interventi. Ma prima di concludere vorrei ancora mettere in luce alcune funzioni
svolte dalla Radio Vaticana, meno note ma molto importanti.
Mi riferisco anzitutto
a certi aspetti delle relazioni internazionali dello Stato della Città del Vaticano
e anche della stessa Santa Sede. Nel mondo odierno le Telecomunicazioni – com’è
noto - hanno importanza cruciale. La Radio Vaticana ha sempre garantito persone tecnicamente
competenti per rappresentare degnamente il Vaticano in sede internazionale, non solo
quanto alle esigenze specifiche della radiofonia, ma più generalmente per le questioni
attinenti alle Telecomunicazioni. Si tratta della partecipazione a numerose riunioni
e a frequenti contatti con la UIT (Unione Internazionale di Telecomunicazioni) o con
la CEPT (Conferenza Europea delle Amministrazioni delle Poste e Telecomunicazioni),
o altri organismi ancora, che trattano di questioni importantissime, come la assegnazione
internazionalmente riconosciuta delle frequenze di trasmissione, o della disponibilità
di canali satellitari, o del superamento delle reciproche interferenze, e così via.
Nel mondo moderno non si può operare efficacemente se il buon funzionamento e il coordinamento
interno e internazionale delle infrastrutture di comunicazione non è garantito. A
questo ha contribuito da 80 anni e contribuisce tuttora attivamente la Radio Vaticana
con i suoi tecnici, in ottima collaborazione con la neonata Direzione per le Telecomunicazioni
del Governatorato e con le altre strutture impegnate in questo campo, come il Servizio
dei Telefoni e l’Ufficio Internet. Per questa collaborazione competente e assidua
sono lieto in questa occasione di poter manifestare la nostra gratitudine.
Un
altro aspetto del servizio della Radio Vaticana perlopiù poco riconosciuto, ma di
cui è giusto dare atto, è la ripresa del suono e l’amplificazione nei molti diversi
luoghi in cui si svolgono l’attività del Papa e altri eventi di rilievo in Vaticano.
Pensiamo alle celebrazioni in Basilica e in Piazza San Pietro, agli Angelus, alle
Udienze e ai Concerti nell’Aula Paolo VI, alle Udienze nelle grandi Sale del Palazzo
Apostolico. La voce del Papa viene amplificata, così da poter essere ben udita da
tutti i presenti; viene inoltrata alle radio e televisioni di tutto il mondo per poter
essere ben udita anche da chi è lontano; viene registrata e custodita in un prezioso
archivio che - insieme a quelli della Filmoteca Vaticana e del Centro Televisivo Vaticano
per quanto riguarda le immagini in movimento - diventa per il futuro sempre più una
fonte di documentazione e di studio preziosissima, di importanza forse addirittura
paragonabile a quella che per i secoli passati hanno i ben più famosi archivi vaticani.
Ora, anche questi servizi sono garantiti con impegno e amore dalla Radio Vaticana.
Pio
XI ha voluto affidare al genio di Marconi la nascita della sua Radio, e Marconi si
è dedicato con passione a realizzare il desiderio del Papa, ben sapendo che essa avrebbe
potuto ben tradurre in pratica il suo grande ideale - più volte ribadito - di mettere
la scienza e la tecnica al servizio del bene dell’umanità. Come egli amava affermare:
“Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità, non per distruggerla!”. Pio XI ha
voluto affidare alla Compagnia di Gesù la custodia e lo sviluppo dello strumento marconiano,
ed è quindi giusto ricordare qui almeno il nome del padre Giuseppe Gianfranceschi,
primo direttore della Radio, e dei suoi successori: i padri Soccorsi, Stefanizzi,
Martegani, il card. Tucci, il compianto Padre Borgomeo. Con loro numerosissimi
tecnici, redattori, impiegati, di lingue e culture diverse hanno collaborato a questa
impresa di annuncio del Vangelo e di comunicazione che Benedetto XVI - parlando “a
braccio” ai microfoni dell’Emittente in occasione del 75° anniversario - così descriveva:
“Non solo parlare, ma anche accogliere le risposte, in un vero dialogo per capire,
per rispondere e così costruire la famiglia di Dio. Questo è il senso di un mezzo
di comunicazione come questo: aiutare a costruire questa grande famiglia che non conosce
frontiere, nella quale, nella molteplicità delle culture e delle lingue, tutti sono
fratelli e sorelle, e così rappresentano una grande forza per la pace”. E’ anche
il nostro augurio per la continuazione della missione della Radio Vaticana.