2011-02-10 16:01:06

Violenze in Indonesia. La società civile accusa il governo per la mancanza di sicurezza


C’è sdegno in Indonesia per il moltiplicarsi delle violenze e dell’odio interreligioso; la società civile punta il dito contro il governo e le autorità, accusate di essere incapaci di garantire la sicurezza dei cittadini. Tra gli ultimi episodi registrati c’è quello del 6 febbraio scorso a Banten, nell’isola di Java, in cui sono stati uccisi tre Ahmadi, e quello di due giorni fa contro la comunità musulmana, cui si sono accompagnate devastazioni contro tre chiese, un orfanotrofio e un centro sanitario cristiani nella reggenza di Temanggung, Java centrale. A rimanere danneggiate sono state, in particolare, la chiesa cattolica di San Pietro e Paolo, la chiesa protestante Bethel e il centro Shekinah. “Gli atti di vandalismo contro proprietà altrui non sono una buona soluzione – ha commentato all'agenzia AsiaNews mons. Johannes Pujasumarta, arcivescovo di Semarang – se rispondiamo alla violenza con altra violenza si rischia di innescare una spirale senza fine”. Forti le accuse da parte della società civile musulmana: “Lo Stato è disarmato quando deve fronteggiare i gruppi estremisti – ha detto lo studioso Nahdlatul Ulama del movimento moderato – le forze di polizia non riescono a far rispettare la legge perché soggiogate dalle minacce dei fondamentalisti”. Il leader musulmano auspica la creazione di un regolamento che indichi come mantenere l’armonia tra le religioni, promuovendo il dialogo e l’applicazione della legge. Secondo gli attivisti, inoltre, una delle principali cause delle continue violenze confessionali è l’entrata in vigore, lo scorso anno, di un decreto che proibisce agli Ahmadi di praticare la propria fede in pubblico e li costringe a rinunciare all’evangelizzazione. Di questo provvedimento, paragonato alla legge sulla blasfemia del Pakistan, si chiede l’abrogazione. (R.B.)







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