Il mondo guarda al Sud Sudan dopo la secessione da Khartoum
Il ministro per lo sviluppo rurale e la cooperazione del Sud Sudan – regione del Sudan
che ha appena votato per l'indipendenza dal nord a maggioranza arabo-mussulmana -
è stato ucciso stamani a Juba. Assassinata anche la sua guardia del corpo. Secondo
le prime ricostruzioni il responsabile dell’azione sarebbe l'autista del politico,
anch'egli morto, che avrebbe agito per motivi personali. Il grave episodio di violenza
arriva a due giorni dalla proclamazione del risultato definitivo del referendum che
sancisce l’indipendenza del Sud del Sudan e in apertura di una fase molto delicata
che vedrà la definizione dei confini del Paese entro il prossimo 9 luglio. Ma come
è stata accolta, da parte di Unione Europea e Stari Uniti, la creazione di un nuovo
Stato nel Sudan meridionale? Emanuela Campanile lo ha chiesto a Vincenzo
Giardina, esperto di Africa per l’Agenzia d’Informazione Misna:
R. – Gli
Stati Uniti hanno ipotizzato di recente la cancellazione del Sudan – penso al governo
di Khartoum, in questo caso – dalla lista dei cosiddetti Paesi che sosterrebbero il
terrorismo. L’Unione Europea sembra muoversi su questo binario: ai riconoscimenti
verso un nuovo Stato si accompagnano incentivi o, comunque, si fanno intravvedere,
si suggeriscono, possibilità in termini di cooperazione economica, ad esempio, importanti
per il governo di Karthoum e sempre più importanti in un periodo in cui Karthoum si
trova senza terreno sotto i piedi o, comunque, rischia di trovarvisi - e penso a quel
75 per cento di risorse petrolifere, il cui controllo viene meno -; anche se poi,
essendo le raffinerie concentrate a Karthoum, ed essendo l’unico terminale per le
estrazioni petrolifere situato sul Mar Rosso - quindi nella regione controllata da
Karthoum - ebbene anche il Sud Sudan ha il dovere, ha tutto l’interesse a trovare
un’intesa. Noi lavoriamo essenzialmente con fonti missionarie o, comunque, ci avvaliamo
molto del contributo dei missionari, e loro ci dicevano: “Si parla molto dell’ipotesi
di nuovi oleodotti che colleghino Juba e i pozzi del Sud Sudan con l’Oceano Indiano,
con il Kenya, attraverso l’Uganda, ma per costruire oleodotti ci vogliono anni”. Quindi,
è vero che potenzialmente il Sud Sudan potrebbe o potrà avvicinarsi in futuro all’area
della comunità dell’Africa orientale, quindi a Paesi come Kenya, Uganda, Etiopia,
sarà però un processo di lungo periodo, che comunque presuppone una fase complessa,
ma decisiva, di cooperazione con Karthoum.
D. – E’ possibile che l’Unione
Europea cerchi di collaborare per garantire questa transizione pacifica al Sudan,
anche per il rischio che in questo processo delicato di formazione della nuova entità
statale - quella del Sud - s’inseriscano le mafie internazionali?
R.
– C’è questo interesse e diciamo che il Sud Sudan, comunque, nei prossimi anni sarà
un terreno importantissimo, per quanto riguarda i regimi fiscali, le norme che regolano
l’afflusso d’investimenti stranieri, che saranno decisivi in un Paese distrutto dalla
guerra. Per rimettere in piedi quel Paese, quindi, saranno necessari questi investimenti
e avendo un regime straordinariamente liberale, quasi una tavola bianca, ci sono enormi
opportunità. Per esempio, sappiamo da fonti a Juba che molti istituti bancari dell’area
del Golfo Persico stanno cercando di aprire le loro filiali a Juba. C’è, dunque, la
sensazione – non voglio fare strani paragoni tra nuovo far-west, nuovi spazi aperti,
vergine, da sfruttare – ma diciamo che sul piano dell’economia e su un piano internazionale,
che coinvolge anche attori esterni e, dunque, sul piano della diplomazia internazionale,
il Sud Sudan sarà un terreno centrale in Africa. (ap)