Egitto: accordo tra governo e opposizioni. Bomba contro chiesa copta
Non si ferma in Egitto la protesta contro il presidente Mubarak, che ha sostituito
i vertici del suo partito, l’Npd, ma ne è rimasto al comando, smentendo le notizie
di possibili dimissioni. Oggi giornata di nuove manifestazioni mentre è stato raggiunto
un accordo sulle riforme durante l’incontro tra le opposizioni, tra cui anche i Fratelli
musulmani, e il vice-presidente Omar Suleiman. La Casa Bianca, intanto, ha preso le
distanze dalle dichiarazioni dell'inviato Usa in Egitto, che ieri aveva detto: “Il
presidente deve rimanere, a garanzia di una transizione ordinata”. Nel Paese anche
un nuovo attacco contro una chiesa copta a Rafah, nei pressi del confine con la Striscia
di Gaza. Linda Giannattasio.
È intitolata
ai “martiri” la nuova giornata della protesta egiziana che anima oggi piazza Tahrir,
nel centro del Cairo. Lì sono attese oltre un milione di persone, tra le quali
numerosi cristiani copti che pregheranno per i defunti assieme ai musulmani. I copti
proprio ieri sono stati vittima dell’ennesimo attacco a una chiesa di Rafah, nella
Penisola del Sinai, colpita da un ordigno la cui esplosione fortunatamente non ha
provocato vittime né feriti. Sul fronte politico, sono ormai smentite le notizie di
dimissioni del presidente Mubarak dal suo partito, l’Npd, dal quale sono stati invece
rimossi diversi rappresentanti, tra cui il figlio del Rais, Gamal. Intanto, si è svolta
questa mattina la prima riunione per il dialogo di riconciliazione nazionale tra il
vice-presidente Omar Suléiman e i partiti d’opposizione, tra i quali i Fratelli musulmani,
durante la quale è stata decisa la costituzione di un comitato congiunto governo-opposizione
per le riforme costituzionali entro marzo. Intesa anche sulla fine delle restrizioni
al web e ai media imposte nelle ultime settimane nel Paese. Suleiman ha incontrato
anche 6 rappresentanti dei manifestanti di piazza Tahrir. Dall’estero, la Casa Bianca
plaude al dialogo e prende le distanze da quanto dichiarato dall’ambasciatore Usa
in Egitto, che ieri aveva parlato di una necessaria presenza in carica di Mubarak
per guidare la transizione. L’appello a una corretta evoluzione democratica è giunto
oggi dall’Italia mentre il ministro della Difesa israeliano Barak ha fatto sapere
che la rivolta in Egitto non costituisce un pericolo immediato per Israele. Per il
segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon le rivolte in Egitto e in altri Paesi nordafricani
offrono “una buona lezione” per gli autocrati sparsi per il mondo. "I capi di governo
– ha spiegato - dovrebbero sempre occuparsi di quanti non hanno ricevuto risposte
per i loro bisogni e per il rispetto dei diritti umani".
Intanto cresce
l’insicurezza nel Paese, non solo nelle piazze invase dai manifestanti. In questi
giorni si è parlato di aggressioni subite dai giornalisti ma anche da alcuni operatori
umanitari. Amnesty International ha chiesto la liberazione di tutte le persone arrestate
nelle ultime due settimane, mentre l’Ong SOS Villaggi dei Bambini denuncia il tentativo
di saccheggio di un suo centro ad Alessandria. Dunque come vive la popolazione egiziana?
Eugenio Bonanata ne ha parlato con Elena Granchi, portavoce dell’organizzazione:
R. – I cittadini
sono effettivamente armati, si stanno organizzando in pattuglie, controllano i quartieri,
controllano le “possibili” fonti per avere delle provviste. Quindi si sta veramente
lottando per mangiare tanto che gruppi di violenti sono entrati nei villaggi Sos,
hanno scavalcato le recinzioni e ci sono state ore di tensione e paura derivate dal
fatto che questo villaggio, come tutti i villaggi Sos nel mondo, accoglie bambini
e, quindi, si occupa di dare cure a bambini che vivono già una vita di disagio. C’è
stata una difesa da parte di tutti gli operatori, di tutti gli educatori, e in primis
del direttore del villaggio che però è stato gravemente ferito.
D. –
Questo tentativo di saccheggio che avete registrato è emblematico della situazione
nel Paese?
R. – Assolutamente sì. I prezzi effettivamente sono aumentati
esponenzialmente, i negozi sono a corto di scorte, la popolazione è assolutamente
travolta dal panico e cerca non solo di comprare tutto il possibile ma, dove non è
più possibile trovare delle scorte, le persone si organizzano per cercarle utilizzando
la violenza ed è quello che noi abbiamo vissuto. Peraltro i nostri stessi villaggi
stanno cercando di immagazzinare le provviste per i bambini ospitati, perché 300 bambini
hanno bisogno evidentemente di mangiare e a questo punto hanno bisogno anche di sicurezza.
D.
– Quindi pochi controlli per le strade?
R. - Sembra che in realtà ci
sia solo la popolazione che in qualche modo si sta organizzando e sta tentando di
difendersi, di fatto, da sola. I gruppi di cittadini, di cui è difficile capire chi
sia pro o contro, scorazzano nelle vie. Il panico è forse il filo conduttore di questa
massa.
D. - Quali sono le vostre speranze per i prossimi giorni?
R.
– Le speranze sono, evidentemente, che la politica abbia nel cuore il fatto che ci
sono civili, cittadini, che in questo momento, a torto o a ragione, stanno lottando
non solo per la libertà ma probabilmente stanno lottando per non morire di fame; di
non dimenticare, a maggior ragione, visto che ci sono, le vittime innocenti che sono
i bambini, come sempre: di non dimenticare questo. (bf)