2011-02-03 15:14:30

Crisi in Egitto, una decina le vittime negli ultimi scontri. "No" delle opposizioni alla proposta di dialogo del governo. Pressioni Usa e Ue su Mubarak


Ancora scontri in Egitto, dopo una notte di violenze costata la vita ad una decina di persone. In queste ore, proseguono i tafferugli nella centralissima piazza Tahrir al Cairo, mentre il governo tende inutilmente la mano ai partiti di opposizione. Intanto, mentre la Conferenza episcopale del Nord Africa ha affermato che nelle rivolte c’è una "rivendicazione di libertà e dignità" da parte dei giovani, il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si è unito al nuovo, duro monito del presidente Usa, Obama, che ha chiesto al governo egiziano una transizione immediata. Il servizio di Eugenio Bonanata:RealAudioMP3

Aumenta la pressione internazionale sulle autorità egiziane per avviare immediatamente l’annunciata transizione democratica. Duro il monito lanciato dal Presidente Obama che ha chiesto a Mubarak un passaggio di potere pacifico esprimendo sgomento e rabbia per le violenze. Violenze che non accennano a diminuire. Il bilancio delle vittime delle ultime 24 ore è fermo ad una decina di morti e 800 feriti, ma sparatorie e carri armati caratterizzano in queste ore piazza Tahrir al Cairo. Sul piano politico, diversi rappresentanti del governo ribadiscono di essere pronti ad avviare il dialogo con le opposizioni, ma i leader dei partiti anti Mubarak hanno rifiutato l’offerta. L’Unione Europea ha invocato risposte concrete per il popolo e protezione per i dimostranti. Il premier egiziano Shafiq ha negato il coinvolgimento delle istituzioni nei fatti degli ultimi giorni. Chiedendo scusa per le violenze sui manifestanti il capo dell’esecutivo ha garantito l’apertura di un’inchiesta assicurando che i responsabili di quanto accaduto saranno puniti. Intanto è arrivata la presa di posizione de vescovi del nord Africa. In un comunicato, diffuso oggi al termine della loro riunione, che si è svolta in questi giorni in Algeria, hanno affermato che nelle rivolte, in Egitto come in Tunisia, c’è una “rivendicazione di libertà e dignità, in particolare da parte delle giovani generazioni”. In queste ore, infine, si è fatto sentire anche il numero uno del Palazzo di Vetro, Ban Ki-moon, che ha sottolineato tra l’altro la necessità di garantire l’incolumità dei giornalisti.

Sulle aperture del governo, che ha mostrato disponibilità ad intavolare un dialogo con l’opposizione e anche con i manifestanti, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente al Cairo Paolo Mastrolilli, inviato nella capitale egiziana del quotidiano La Stampa:RealAudioMP3

R. – Sono giorni che il governo dice di voler aprire il dialogo con l’opposizione, però poi passi concreti non sono avvenuti. L’opposizione tra l’altro è molto frastagliata fra i vecchi partiti, come il Wafd, i Fratelli musulmani e poi quella che sta in piazza, cioè i ragazzi della protesta. Finora, queste persone hanno detto che non sono disposte a discutere con il governo fino a quando il presidente Mubarak non andrà via. Dopo gli incidenti di ieri, non sarà facile farli sedere al tavolo delle trattative con le stesse persone che sono accusate di averli provocati.

D. – Anche oggi i sostenitori di Mubarak sono scesi in piazza. Come può essere letta questa mobilitazione degli uomini del presidente?

R. – Ieri, sono stato in mezzo alla manifestazione e siamo stati - tutti i giornalisti - oggetto di trattamenti, diciamo, aggressivi da parte dei sostenitori di Mubarak. Naturalmente, il sospetto è che siano stati mobilitati dal partito, dal governo. In alcuni casi, i membri della protesta dicono di aver fermato persone che avevano addosso delle tessere identificative della polizia, del Ministero dell’interno. Ho visto anche la piazza dove c’è la protesta, in una moschea dove stanno curando i feriti e purtroppo anche lì la situazione è molto tesa.

D. – Il ruolo dell’esercito in queste ore come può mutare?

R. – È la questione decisiva. Finora, in sostanza, l’esercito è rimasto a guardare. Aveva consentito le manifestazioni pacifiche dei giorni scorsi, ma adesso c’è questo scontro tra sostenitori di Mubarak e sostenitori della protesta. C’è stata una fortissima sparatoria qui in piazza verso le 4 del mattino - che ha provocato una decina di morti - e in quel caso l’esercito a un certo punto è intervenuto e ha cominciato a sparare in aria per disperdere le persone. Ma la chiave naturalmente sta nel capire da che parte sceglierà di schierarsi l’esercito: se scegliesse definitivamente di abbandonare il presidente, probabilmente Mubarak sarebbe costretto a lasciare il Paese. Se invece l’esercito decidesse di schierarsi contro la protesta e magari compiere degli atti di violenza, la repressione potrebbe essere completata.

D. – Quali scenari si aprono dopo gli appelli a una transizione immediata da parte di Stati Uniti e Unione Europea?

R. – Gli eventi delle ultime ore hanno isolato politicamente sul piano internazionale Mubarak. Questa carenza di appoggio sul fronte internazionale significa per l’Egitto la perdita di consistenti aiuti economici. Si tratta di vedere se queste prese di posizione convinceranno Mubarak, ma soprattutto l’apparato intorno a lui, ad accettare il dialogo con la protesta e soprattutto, probabilmente, l’uscita di scena del presidente. Mubarak e il regime potrebbero anche decidere però di resistere, nonostante l’opposizione che ormai si sta coalizzando pure a livello internazionale.

D. – Si hanno notizie su dove sia ora Mubarak?

R. - Nei giorni scorsi, erano girate delle notizie che fosse a Sharm el Sheik sul Mar Rosso, poi però è stato in varie occasioni ripreso dalla televisione in un centro operativo militare che si trova qui al Cairo. Quindi, non c’è certezza su dove si trovi.(bf)







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