La crisi in Egitto spinge in alto il prezzo del petrolio
Petrolio in ribasso oggi al mercato elettronico di New York, dove il greggio con consegna
a marzo viene scambiato appena sopra i 92 dollari al barile. Il Brent, il greggio
del Mare del Nord, punto di riferimento del mercato europeo, stamani a Londra era
quotato a 100,55 dollari al barile: ieri era volato per la prima volta in due anni
oltre i 100 dollari. A influire sul superamento di tale soglia psicologica sono state,
secondo gli analisti, le tensioni geopolitiche in atto in questi giorni nel Mediterraneo.
Dato che l’Egitto è un crocevia fondamentale per i trasporti di idrocarburi - con
i traffici nel Canale di Suez, al momento regolari, e i transiti attraverso l’oleodotto
Sumed - ad avere maggiore peso sulle quotazioni petrolifere potrebbe essere proprio
la crisi egiziana? Ascoltiamo Ugo Bertone, editorialista economico, intervistato
da Giada Aquilino:
R. – Assolutamente
sì, anche se tale fattore ha trovato un terreno relativamente fertile. Nelle scorse
settimane si era acceso un dibattito a questo proposito perché, vedendo la ripresa
economica in Occidente e soprattutto la domanda sempre molto forte in Oriente, una
parte del mercato aveva scommesso, speculando, sul superamento della soglia dei 100
dollari. Però era una scommessa già rientrata. Adesso l’Egitto la fa tornare d’attualità.
D.
– Che importanza hanno i traffici attraverso il canale di Suez e l’oleodotto Sumed?
R.
- Per l’Europa, semplicemente vitale: altrimenti il greggio dovrebbe fare un periplo
molto lungo che imporrebbe sia maggiori costi, sia soprattutto permetterebbe al petrolio
spot di Rotterdam di essere in balia di valutazioni psicologiche estremamente importanti.
In questo momento, peraltro, ci sono problemi in diverse raffinerie e quindi una interruzione
delle rotte - che metterebbe a secco una parte dell’industria petrolifera del bacino
del Mediterraneo - potrebbe prestare il fianco a una forte operazione speculativa.
D.
– Per quanto riguarda la domanda di greggio, che momento è?
R. – E’
un momento in cui il mondo si sta un po’ interrogando sulla forza della ripresa che
si vede in alcune parti del mondo. Negli Stati Uniti, in realtà, gli ultimi dati dimostrano
che la ripresa c’è, ma non è così forte come sembrava. Diciamo che in questo momento
non dovrebbero esserci particolari problemi sul lato dell’offerta petrolifera, anche
perché l’Arabia Saudita si è messa in allerta dopo l’esperienza, alcuni anni fa, dell’impennata
dei prezzi fino a 140 dollari. Sono proprio i produttori di petrolio che vogliono
evitare una spinta, un’impennata così forte da poter mettere in difficoltà i loro
clienti. D’altro canto, invece, c’è una parte dell’Opec che ha fatto sapere che non
intende in alcun caso aumentare la produzione di qui alla prossima estate, perché
ritiene che la quantità di greggio in circolazione sia comunque importante. Adesso
si tratta di vedere se la crisi egiziana è soltanto momentanea sul piano dell’industria
petrolifera e, se non ci saranno problemi al passaggio del Canale di Suez, credo che
le quotazioni nel giro di pochissimi giorni torneranno a tendere verso il basso, a
meno che non ci siano anche problemi climatici particolari, soprattutto ad Oriente.
(bf)