Il cardinale Piacenza: la Missione è una dimensione costitutiva della vita del sacerdote
“Rinvigorire lo zelo apostolico e missionario dei sacerdoti”. Questo lo spirito della
Lettera circolare, pubblicata dalla Congregazione per il Clero, intitolata “L’identità
missionaria del presbitero nella Chiesa quale dimensione intrinseca dell’esercizio
dei tria munera”, ovvero dei tre uffici di insegnare, santificare e governare. La
Lettera rappresenta uno dei frutti dell'ultima plenaria del dicastero vaticano, svoltasi
nel marzo del 2009. Roberto Piermarini ha chiesto al neo prefetto della Congregazione
per il Clero, il cardinale Mauro Piacenza perchè si è sentita la necessità
di invitare i presbiteri ad un rinnovato impegno missionario:
R. - La Missione
è una dimensione costitutiva della vita del sacerdote; nel suo esercizio, si documenta
sia l’identità del Presbitero, sia la fedeltà della risposta alla Chiamata ricevuta.
L’invito a riscoprire la dimensione missionaria è, pertanto, un invito alla riscoperta
e alla custodia della propria profonda identità, che è, in se stessa, evangelizzante.
Il mondo, inoltre, ha estremo bisogno di sentire e ri-sentire l’annuncio della Salvezza
portata da Cristo; i sacerdoti sono i primi portatori di tale buona notizia, che diviene
esistenzialmente rilevante nel contatto vivo con il Signore, nella Chiesa, attraverso
i Sacramenti.
D. - Perché la Lettera si sofferma diffusamente sulla
necessità di una rinnovata prassi missionaria?
R. - I Padri hanno inteso
evitare lunghe dissertazioni teologiche o giuridiche, ritenendo che la documentazione
fosse già più che generosa in tal senso. Hanno preferito offrire uno strumento breve,
che volgesse la propria attenzione più alla prassi; si è voluto sottolieneare come
la Missione non possa essere concepita solo come ad gentes, ma domandi di permeare
l’intera azione pastorale dei presbiteri. Due polarizzazioni sono da evitare: da un
lato, il ritenere che il Ministero sia la custodia o la conservazione dello status
quo; dall’altro, svilire o vanificare l’azione missionaria, non ritenendo che tutti
gli uomini, indistintamente, attendano l’annuncio della Salvezza portato da Cristo,
e che esso abbia un valore salvifico universale, come insegna la Dichiarazione Dominus
Iesus.
D. - La Lettera dà delle indicazioni concrete ai presbiteri?
R.
- Trattandosi di un Documento rivolto alla Chiesa universale, le ulteriori specificazioni,
qualora lo volessero, sono demandate alle Conferenze episcopali nazionali. Tuttavia,
la Lettera pone in luce, seguendo la tripartizione dei compiti di insegnare, santificare
e governare propri del Sacerdozio ministeriale, alcune indicazioni come la tensione
dei presbiteri verso l’Evangelizzazione di coloro che, nelle comunità, non hanno ancora
conosciuto il Signore; il coinvolgimento nella Missione di tutti gli appartenenti
nella comunità; la centralità del Kerygma, che include la degna Celebrazione dei Sacramenti
e, in particolare, dell’Eucaristia, che è il motore stesso di ogni azione missionaria.
La missione, in definitiva, dovrebbe essere un vero e proprio “movimento”, che, stimolando
tutte le componenti comunitarie, ne favorisce la fedele testimonianza e la conseguente
efficacia apostolica.
D. - Con questa Lettera, cosa si auspica?
R.
- L’auspicio non può che essere quello di aver offerto un piccolo contributo al grande
cammino di formazione permanente dei sacerdoti, necessariamente congiunta con quella
iniziale, favorendo l’approfondimento della propria autentica identità e stimolando
quella fedeltà nell’azione apostolica, della quale i santi sono straordinari testimoni.
È sufficiente pensare al valore e alla capacità missionaria dell’eroica fedeltà di
San Giovanni Maria Vianney al suo confessionale, per intuire che cosa la Chiesa, e
il Popolo santo di Dio, si attenda dai suoi sacerdoti.