Memoria di San Giovanni Bosco. Il rettore dell'Ups: apostolo dei giovani ed esempio
per gli adulti
Prevenire anziché reprimere: san Giovani Bosco seppe farlo attraverso l’amore prodigato
verso i giovani nell’Italia, in via di formazione nel secolo XIX. Oggi, nella festa
di questa grande personalità nella storia Chiesa, ci si chiede cosa resta di più attuale
del suo apostolato. Roberta Gisotti ha intervistato don Carlo Nanni
rettore magnifico della Pontificia Università Salesiana (Ups):
D. - Professor
Nanni, il cuore del messaggio di Giovanni Bosco resta vivo anche per i ragazzi di
oggi?
R. – Sì, senza dubbio. Anzi, forse, oggi più che ieri: c’è il
problema del prevenire invece di reprimere, del poter dare spazio ai talenti di ognuno.
Don Bosco diceva che anche nel ragazzo più disgraziato c’è un punto accessibile al
bene. Credo che la generazione adulta dovrebbe mettersi bene in testa questo. Anzitutto,
proprio nel modo di atteggiarsi: non deve essere negativo e pessimista. Io dicevo
a più d’uno che don Bosco ha fatto gli italiani! Quest’anno siamo a 150 anni dall’Unità
d’Italia: don Bosco l’ha fatta prima di D’Azeglio e prima di Cavour, cioè permettendo
a persone che sarebbero state emarginate di essere, invece, protagoniste nella loro
realtà. Credo che questo sia l’imperativo categorico che don Bosco lascia a noi salesiani
e a tutti quelli che sono preoccupati, perché la questione educativa, oggi più che
mai, è importante, proprio per permettere una cittadinanza attiva, democratica, responsabile,
ma che dia anche la possibilità alle persone di sentire che la loro vita ha un senso.
D.
- Professor Nanni, effettivamente, nell’immaginario collettivo i giovani vengono descritti
come colpiti da insicurezze personali e sociali, da precarietà nel lavoro, da crisi
di valori morali, ma le chiedo: è proprio così? Dal suo osservatorio privilegiato,
lei li vede così, questi giovani?
R. – No, assolutamente no. La prima
insicurezza è di noi adulti che non riusciamo a saper controllare, dominare una situazione
che è complessa. Ma per quanto mi riguarda e per quello che posso constatare direttamente
ci sono molti, molti giovani, non meno che nel passato, che hanno invece questa intenzione
grande di vita. Certo, bisogna sostenerli con un ambiente adeguato, con politiche
giovanili adeguate che non ci sono e che non sembrano essere nella preoccupazione
di chi ci governa, in tutt’altre faccende affaccendato. Mentre, invece, se si potessero
avere persone adulte che testimonino la possibilità di vivere in una forma umanamente
degna, se si desse mano a politiche educative per l’ingresso dei giovani nel mondo
adulto ma anche in quello di una vera cultura formativa, allora credo che le cose
potrebbero essere molto diverse. Ma se non c’è questo impegno concreto, se i primi
a non farci vedere una umanità forte, grande e degna di valore, sono quelli che ci
governano, è chiaro che allora non si può chiedere ai giovani quello che noi adulti
non riusciamo a fare e forse, neppure a volere. (bf)