Egitto. La protesta non si ferma nonostante le aperture di Mubarak
Sempre alta la tensione in Egitto, dove si registrano nuove manifestazioni in diverse
città. I leader delle proteste hanno invocato uno sciopero generale ad oltranza, a
partire da oggi, per chiedere le dimissioni del presidente Mubarak nonostante alcune
timide aperture nei confronti dell’opposizione da parte del leader egiziano che oggi
ha completato la nuova squadra di governo. Il servizio è di Eugenio Bonanata.
Mubarak ha
chiesto al primo ministro Shafik di mettersi in contatto con le opposizioni per avviare
il processo democratico sollecitato anche dal capo della diplomazia europea Ashton.
Tuttavia, nonostante le riforme promesse dal nuovo governo, che peraltro oggi ha prestato
giuramento, i Fratelli Musulmani, hanno respinto qualsiasi proposta di dialogo. La
principale forza politica antigovernativa ha invece avviato contatti con i vertici
dell’Esercito – considerato l’unico interlocutore di fiducia - attraverso un costituendo
comitato delle opposizioni guidato probabilmente dall’ex capo dell’Aiea El Baradei.
E l’apertura del governo non ferma neanche i dimostranti. Manifestazioni sono in corso
in diverse città mentre il Movimento 6 aprile – ispiratore della rivolta, ormai sette
giorni fa - ha lanciato uno sciopero generale a tempo indeterminato, a cominciare
da oggi, fino a quando non verranno accolte le richieste dell’opposizione che invoca
in primis le dimissioni del presidente. “Mubarak ripete le stesse cose da 30 anni”,
affermano i leader della protesta che hanno annunciato per domani al Cairo una marcia
di un milione di persone. In migliaia sono radunati in piazza Tharir, dove si segnala
la presenza di soldati americani armati sui tetti dell’ambasciata Usa che si trova
nelle vicinanze. Poco fa la tv araba al Jazira, che sta raccontando al mondo la vicenda,
ha annunciato l’arresto di quattro suoi giornalisti dopo la chiusura dei suoi uffici
al Cairo decretata ieri dalle autorità. In Egitto l’insicurezza resta, dunque, protagonista.
La tv pubblica egiziana ha dato notizia del blocco totale del traffico ferroviario
mentre si registra caos all’aeroporto del Cairo. Molti tour operator hanno sospeso
i viaggi nel Paese e diversi Stati hanno avviato il rimpatrio di personale diplomatico
e turisti. Intanto si susseguono i saccheggi presso i siti archeologici con il governo
che parla di oltre 4 mila arresti in questi giorni tra ladri e numerosi evasi. Il
bilancio delle vittime, invece, è di 150 morti.
Ma ascoltiamo due testimonianze
dall’Egitto. La prima è quella di Heba, una giovane che lavora al Cairo, ma
vive a Alessandria. L’ha intervistata Olivier Bonnel:
R. – On commence
vraiment à s’allarmer, parce que .. Iniziamo ad allarmarci veramente perché
manca la sicurezza. In ogni quartiere nascono piccoli comitati civili di sorveglianza.
C’è dialogo e collaborazione con l’esercito e questa è una novità. Invece la polizia
è scomparsa! E quando è scomparsa hanno cominciato a verificarsi violenze e saccheggi.
Io credo che tutto ciò sia il frutto di un piano preciso perché queste azioni di violenza
non si possono semplicemente attribuire a gruppi di banditi. Non c’è logica, infatti,
nell’attaccare ospedali o l’azienda dell’acqua. E’ veramente il senso del caos che
si vuole diffondere. Ci si chiede come sia possibile che tutti gli agenti e il personale
del Ministero degli Interni siano scomparsi: da ogni strada, da ogni regione … Veramente,
non c’è logica …(gf)
Sulla protesta ascoltiamo ora un altro giovane egiziano,
Hady, che vive e lavora al Cairo. L’intervista è di Emer McCarthy:
R. – I heard
a lot of rumours about it’s a devolution of hungry people, … Ho sentito
alcuni dire che questa è una rivoluzione di gente affamata, la rivoluzione dei poveri,
ma non è cosi: questa è la rivoluzione dell’Egitto, non riguarda la fame. E noi stiamo
tutti marciando in pace, uniti, come fratelli e sorelle appartenenti ai diversi livelli
della società. C’è l’intero Egitto, non solo i poveri. E non siamo noi che stiamo
distruggendo tutto; noi abbiamo delle richieste da avanzare: vogliamo una maggiore
democrazia, maggiore rispetto per le persone, vogliamo che la gente abbia cibo e quello
di cui c’è bisogno per vivere. Io non ho bisogno di nulla, ma manifesto con queste
persone, perché questa è la mia gente, questa è la mia nazione! Ho visto persone morire,
ho visto adulti e bambini inondati di gas lacrimogeni che non riuscivano più a respirare
... è stato davvero tragico vedere come la polizia abbia colpito normali cittadini,
gente che camminava in pace, scandendo le loro domande. E’ stato veramente drammatico
e continuerà, non credo che si fermerà ... continuerà ancora e ancora! (ap)
A
livello internazionale, l’Unione Europea, attraverso l'alto rappresentante della politica
estera della Ue, Catherine Asthon, ha ribadito il proprio sostegno alla transizione
democratica in Egitto senza però interferire sulle scelte del popolo che dovranno
compiersi liberamente attraverso elezioni. Israele, invece, ha invitato i governi
europei e gli Stati Uniti ad appoggiare Mubarak nell’interesse dell’Occidente e del
Medio Oriente. Del resto l’Egitto ha sempre avuto un ruolo importantissimo di mediazione
nell’area mediorientale. Salvatore Sabatino ne ha parlato con Eric Salerno,
esperto di questioni internazionali:
R. - Indubbiamente
ha avuto un ruolo importante, ma non è un ruolo che è sempre piaciuto agli altri regimi
e soprattutto non è sempre piaciuto ai popoli arabi della regione, perché è una mediazioneche è sempre stata un po’ legata alla politica americana e a quella israeliana.
D.
- Il possibile avvento di El Baradei, che è una figura molto importante a livello
internazionale, cambierà le carte in tavola o l’Egitto potrà continuare ad avere un
ruolo di mediazione nell’area?
R. - Se El Baradei riuscisse ad arrivare
a governare il Paese, sicuramente avrebbe un ruolo molto equilibrato nella regione,
probabilmente ancora più equilibrato e più stimato di quello di Mubarak. Il problema,
è di vedere se El Baradei riesce ad arrivare a guidare un Paese dove la forza politica
maggiore è sicuramente quella dei Fratelli musulmani.
D. - L’Egitto
è un Paese importante anche per gli investimenti di molti Paesi occidentali. Cambieranno
le cose su questo fronte? Cosa si può prevedere?
R. - Questo dipende
da quello che succede in Egitto. L’Egitto è importante anche per l’Italia, molto importante:
l'Italia è il primo partner commerciale dell’Egitto. Cosa succederà dopo, dipenderà
da quale sarà la stabilità del Paese, perché se riescono a calmare le cose, ad andare
avanti nella stessa maniera, direi che anzi potrebbe esserci uno sviluppo maggiore
della partecipazione economica internazionale in Egitto, proprio perché con una maggiore
stabilità si possono intraprendere nuove iniziative industriali e favorire quindi
un’economia che ha bisogno di arrivare al popolo ancora di più di quanto non abbia
fatto finora. (ma)