Manifestazione di massa al Cairo. El Baradei: "Inizia una nuova fase".
In Egitto, continua a salire il bilancio delle vittime negli scontri: si parla di
150 morti. Blindata il Cairo: nel pomeriggio 16 carri armati sono stati schierati
in piazza Taharir dove si è svolta una massiccia manifestazione anti Mubarak alla
quale ha partecipato il leader dell’opposizione e premio Nobel per la pace El Baradei
che ha detto: “E’ l’inizio di una nuova fase”. In serata il presidente del Parlamento
ha annunciato l’intenzione di rivedere i risultati delle elezioni legislative del
5 dicembre scorso ufficialmente vinte da Mubarak. Il servizio di Barbara Schiavulli:
Dalla
grave situazione in Egitto, agli scontri dei giorni scorsi in Tunisia, alle manifestazioni
che hanno animato anche la capitale della Giordania, Amman. Cosa sta attraversando
i Paesi del Nord Africa? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Adnane Mokrani,
docente di lingua e cultura islamica all’Università Gregoriana:
R. – C’è un
nuovo fenomeno di lotta pacifica per un cambiamento politico radicale e questo non
solamente in Nordafrica o nei Paesi arabi, ma nel mondo islamico in generale. Ci ricordiamo
dell’Onda verde in Iran, abbiamo visto la stessa cosa, dopo, in Tunisia e adesso in
Egitto. C’è una grandissima sete di libertà e democrazia, che sono valori universali,
naturali per tutti i popoli.
D. – Noi ricordiamo bene ciò che però è accaduto
in Iran. Ora, non sappiamo cosa accadrà in Egitto o in Tunisia. Negli altri Paesi
quanto può giovare tutto questo al fondamentalismo?
R. – Il fondamentalismo
religioso, comunque, non è altro che l’altra faccia della dittatura: ne è il frutto.
E questi dittatori in Tunisia e altrove, nel passato, hanno usato sempre la minaccia
fondamentalista per spaventare l’Occidente e presentarsi come i difensori dell’Occidente
contro il pericolo del fondamentalismo. E invece succede proprio il contrario: sono
i dittatori che producono i fondamentalisti. Oggi, viviamo una fase direi post-islamista,
nel senso che l’ideologia politica dell’islamismo è ormai superata: c’è una nuova
coscienza, una nuova esigenza di libertà e di democrazia, che può essere la vera chiave
per rispondere alle vere sfide della società.
D. – Quindi, c’è una buona corresponsabilità
in tutto ciò dei Paesi occidentali?
R. – Sì, speriamo che l’Occidente, e l’Europa
in particolare, aiutino questi Paesi nel loro cammino pacifico verso la libertà e
la democrazia. Se guardiamo la storia della Tunisia e dell’Egitto, la Tunisia in 60
anni ha avuto solamente due presidenti. L’Egitto negli ultimi 60 anni ha avuto solamente
tre presidenti. Non sono cose accettabili, oggi. Questi dittatori purtroppo sono stati
amici dei grandi potenti del mondo. Adesso, c’è bisogno di una nuova coscienza mondiale,
che aiuti i diritti di tutti i popoli alla democrazia, alla giustizia, allo sviluppo,
alla libertà.
D. – Noi sappiamo quello che finora è stato il ruolo dell’Egitto
in ambito internazionale. Gli effetti di quelli che saranno i cambiamenti nel Paese
che conseguenze potranno avere?
R. – Sicuramente, l’Egitto ha un ruolo determinante
nella geopolitica del Medio Oriente: è un Paese alleato degli Stati Uniti ed è il
secondo Paese del mondo, dopo Israele, che riceve aiuti dagli Stati Uniti. Sicuramente,
un cambiamento radicale nella leadership, nel governo, avrà conseguenze sia per la
pace nel Medio Oriente, sia nei rapporti con Israele. La situazione egiziana è molto
complessa. Quello che ha aiutato un poco in Tunisia è stata la neutralità dell’esercito.
In Egitto, le cose non sono così chiare adesso.
D. – Secondo lei, ci sarà un
effetto-domino?
R. – Penso di sì. Anche le manifestazioni in Yemen sono molto
importanti, perché il presidente yemenita attuale regna da una quarantina d'anni.
L’importanza della Tunisia è stata proprio la sorpresa, il successo eclatante e spettacolare
che ha chiamato gli altri popoli a seguire l’esempio.(ap)