Giornata di Intercessione in Terra Santa, l'auspicio del Papa: maturino "concreti
progetti di pace". Il commento di padre Pizzaballa
Il Papa all’Angelus ha ricordato la “Terza Giornata Internazionale di intercessione
per la pace in Terra Santa” che ricorre oggi, e si è unito spiritualmente al Patriarca
Latino di Gerusalemme e al Custode di Terra Santa nell’invitare tutti a "pregare il
Signore affinché faccia convergere le menti e i cuori a concreti progetti di pace".
“Guardare quella parte del mondo nella prospettiva di Dio significa riconoscere in
essa la 'culla' di un disegno universale di salvezza", spiegava Benedetto XVI nell’omelia
per la solenne inaugurazione per l’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per il
Medio Oriente. "Un mistero di comunione - affermava - che si attua nella libertà e
chiede agli uomini una risposta”. Dal Pontefice, un richiamo alla responsabilità del
singolo che sceglie di rispondere alla chiamata di Dio e di dare il suo contributo
alla pace. Claudia Di Lorenzi ne ha parlato con padre Pierbattista Pizzaballa,
custode di Terra Santa:
R. – Quel
messaggio dice a noi del Medio Oriente, ma un po’ a tutti, della responsabilità individuale,
perché in genere si tende a scaricare sempre sui politici, sui religiosi. La prima
cosa da fare, innanzitutto, è la preghiera, perché se dobbiamo – come dice il Papa
– guardare quella terra dall’alto, con lo sguardo di Dio, dobbiamo innanzitutto nella
preghiera capire, cercare di leggere con i suoi occhi. Libertà significa anche essere
capaci di non lasciarsi dominare dalle passioni. Tutti vediamo come in Medio Oriente,
in Terra Santa, a Gerusalemme, le passioni possano accecare. Invece, per avere questa
libertà abbiamo bisogno di una certa distanza dalle cose, per poterle vedere meglio.
L’altro elemento è cercare innanzitutto di capire e giudicare meno, lasciare sempre
spazio alla possibilità di cambiare.
D. - “I cristiani continueranno
a dare il loro contributo – ha aggiunto il Papa – soprattutto con lo spirito delle
Beatitudini evangeliche, che anima la pratica del perdono e della riconciliazione”.
Il Papa traccia così il percorso che può condurre alla pace…
R. - Questa
è la via cristiana, che sicuramente non tutti vogliono comprendere, che non tutti
accettano, ma non c’è un’altra via. Allora, il contributo che noi cristiani possiamo
portare è proprio questo: quello della capacità di perdonare e di accogliere ciò che
sembra fragile o non capace di cambiamento.
D. - Ma la Pace in Medio
Oriente passa necessariamente anche attraverso il rispetto della libertà religiosa
e la cessazione di ogni violenza…
R. - La libertà religiosa, l’accesso
ai luoghi di culto, ai luoghi santi, la libertà di espressione religiosa sono il punto
concreto per verificare le libertà in Medio Oriente.
D. - L’evento si
svolge in concomitanza con la “quinta Preghiera Straordinaria di tutte le Chiese per
la Riconciliazione, l’Unità e la Pace, cominciando da Gerusalemme”, a sua volta coincidente
con la “Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani” che si celebra a Gerusalemme.
In questa prospettiva, l’unità delle Chiese cristiane quale alimento può dare al processo
di pace in quest’area del mondo?
R. - Potrebbe essere sicuramente un
grande contributo, perché è notorio come le divisioni tra cristiani, che in Medio
Oriente diventano tangibili, siano un ostacolo. Tuttavia, il Medio Oriente è anche
luogo dove, nonostante tutto, i cristiani si incontrano e pregano insieme. Tutte le
confessioni cristiane vivono insieme da secoli e hanno lì le loro radici. Il cuore
della vita cristiana batte a Gerusalemme e se il cuore funziona bene e opera in armonia
tutto il corpo ne risente.
D. - La Giornata di Intercessione per la
Pace in Terra Santa, ha detto il nunzio apostolico in Israele, mons. Antonio Franco,
vuole essere “anche sostegno e accompagnamento allo sforzo umano dei politici e dei
diplomatici che tentano vie di soluzione”. L’invito ad agire responsabilmente per
la pace è rivolto, dunque, anche ai capi di stato e di governo di tutto il mondo…
R.
- La loro responsabilità è enorme. La politica è il soggetto principale che può portare
la pace. I religiosi, l’opinione pubblica, la preghiera sono un elemento determinante
nella vita delle coscienze, ma che, poi, deve essere concretizzato, incarnato e questo
è un compito che spetta ai politici.
D. - Il mondo assiste con apprensione
alle rivolte che stanno scoppiando in tutto il Nordafrica e il Medio Oriente. Come
guarda ai rivolgimenti in atto?
R. - Innanzitutto, con grande sorpresa,
mista ad attesa e preoccupazione: attesa per quello che potrà accadere, perché sono
cambiamenti che tutti avvertiamo epocali. Nessuno di noi avrebbe immaginato cose di
questo genere, fino a pochi mesi fa. Questo significa che ci sono delle spinte, soprattutto
nel mondo arabo, che adesso hanno trovato espressione esterna visibile. Questo è sicuramente
un segno positivo, ma anche preoccupante perché non sappiamo come finirà tutto questo.
Ci auguriamo con il minor spargimento di violenza e di sangue possibile, e ci auguriamo
che il rispetto delle minoranze religiose venga conservato.(ap)