2011-01-30 15:15:38

Egitto nel caos: oltre 100 morti, arresti, fuga di massa dalle carceri. Oscurata Al Jazeera


In Egitto, continua a salire il bilancio degli scontri che durano ormai da cinque giorni e che stanno mettendo in ginocchio il Paese: secondo fonti di polizia, i morti sarebbero oltre 100. Blindata il Cairo, mentre a nord della capitale migliaia di detenuti sono evasi da un carcere in rivolta e decine di cadaveri sono stati ritrovati nei pressi di un’altra prigione nell’est. Le autorità hanno deciso di chiudere gli uffici della tv Araba Al Jazeera, ma anche oggi sono più di 10 mila i manifestanti scesi in piazza Tahrir contro il presidente Mubarak. Il servizio di Cecilia Seppia:RealAudioMP3

Più di cento morti in un regime incalzato dalle proteste dei cittadini, la polizia che spara sulla folla e ora anche evasioni di massa dalle prigioni. In Egitto non c'è traccia di una tregua, nonostante il coprifuoco nelle città e le nomine decise dal presidente Mubarak, che ha affidato la vicepresidenza al capo dei Servizi segreti. La tensione cresce di ora in ora: l'ambasciata Usa al Cairo ha invitato i cittadini americani a lasciare l'Egitto prima possibile e così anche Turchia, Corea del Sud e Arabia Saudita. Da ieri è caos anche nelle carceri: oltre ad evasioni di massa fonti di sicurezza parlano di decine di cadaveri trovate in strada vicino la prigione Abu Zaabal dopo scontri con la polizia. Intanto, il governo imbavaglia l'informazione, ordinando la chiusura dell'ufficio della tv araba Al Jazeera, mette i sigilli a piazza Tahrir, luogo simbolo della protesta, schiera carri armati ed elicotteri. Ma ormai è rivolta: 10 mila manifestanti sono in piazza anche oggi, 450 arresti nella notte per furti, rapine e incendi, saccheggi anche nel museo archeologico del Sinai. Al lavoro la diplomazia internazionale: il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha invitato le parti alla moderazione: “La priorità - ha detto il capo della Farnesina - è fermare le violenze ed evitare ulteriori vittime civili”. Intanto, il giallo sulla scomparsa del presidente Mubarak sembra concluso, perché secondo l’agenzia di stampa ufficiale egiziana si sarebbe recato questa mattina in visita al quartier generale dell’esercito per un vertice con i militari. Infine, alcuni gruppi di opposizione hanno delegato El Baradei, ex direttore dell’Aiea e Premio Nobel per la pace a trattare con Mubarak un governo di transizione democratica.

Dalla grave situazione in Egitto, agli scontri dei giorni scorsi in Tunisia, alle manifestazioni che hanno animato anche la capitale della Giordania, Amman. Cosa sta attraversando i Paesi del Nord Africa? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Adnane Mokrani, docente di lingua e cultura islamica all’Università Gregoriana:RealAudioMP3

R. – C’è un nuovo fenomeno di lotta pacifica per un cambiamento politico radicale e questo non solamente in Nordafrica o nei Paesi arabi, ma nel mondo islamico in generale. Ci ricordiamo dell’Onda verde in Iran, abbiamo visto la stessa cosa, dopo, in Tunisia e adesso in Egitto. C’è una grandissima sete di libertà e democrazia, che sono valori universali, naturali per tutti i popoli.

D. – Noi ricordiamo bene ciò che però è accaduto in Iran. Ora, non sappiamo cosa accadrà in Egitto o in Tunisia. Negli altri Paesi quanto può giovare tutto questo al fondamentalismo?

R. – Il fondamentalismo religioso, comunque, non è altro che l’altra faccia della dittatura: ne è il frutto. E questi dittatori in Tunisia e altrove, nel passato, hanno usato sempre la minaccia fondamentalista per spaventare l’Occidente e presentarsi come i difensori dell’Occidente contro il pericolo del fondamentalismo. E invece succede proprio il contrario: sono i dittatori che producono i fondamentalisti. Oggi, viviamo una fase direi post-islamista, nel senso che l’ideologia politica dell’islamismo è ormai superata: c’è una nuova coscienza, una nuova esigenza di libertà e di democrazia, che può essere la vera chiave per rispondere alle vere sfide della società.

D. – Quindi, c’è una buona corresponsabilità in tutto ciò dei Paesi occidentali?

R. – Sì, speriamo che l’Occidente, e l’Europa in particolare, aiutino questi Paesi nel loro cammino pacifico verso la libertà e la democrazia. Se guardiamo la storia della Tunisia e dell’Egitto, la Tunisia in 60 anni ha avuto solamente due presidenti. L’Egitto negli ultimi 60 anni ha avuto solamente tre presidenti. Non sono cose accettabili, oggi. Questi dittatori purtroppo sono stati amici dei grandi potenti del mondo. Adesso, c’è bisogno di una nuova coscienza mondiale, che aiuti i diritti di tutti i popoli alla democrazia, alla giustizia, allo sviluppo, alla libertà.

D. – Noi sappiamo quello che finora è stato il ruolo dell’Egitto in ambito internazionale. Gli effetti di quelli che saranno i cambiamenti nel Paese che conseguenze potranno avere?

R. – Sicuramente, l’Egitto ha un ruolo determinante nella geopolitica del Medio Oriente: è un Paese alleato degli Stati Uniti ed è il secondo Paese del mondo, dopo Israele, che riceve aiuti dagli Stati Uniti. Sicuramente, un cambiamento radicale nella leadership, nel governo, avrà conseguenze sia per la pace nel Medio Oriente, sia nei rapporti con Israele. La situazione egiziana è molto complessa. Quello che ha aiutato un poco in Tunisia è stata la neutralità dell’esercito. In Egitto, le cose non sono così chiare adesso.

D. – Secondo lei, ci sarà un effetto-domino?

R. – Penso di sì. Anche le manifestazioni in Yemen sono molto importanti, perché il presidente yemenita attuale regna da una quarantina d'anni. L’importanza della Tunisia è stata proprio la sorpresa, il successo eclatante e spettacolare che ha chiamato gli altri popoli a seguire l’esempio.(ap)







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