Alta tensione in Egitto: continuano le proteste contro Mubarak
Rientrerà oggi pomeriggio in Egitto Muhammad el Baradei, leader di una delle formazioni
d'opposizione ed ex direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Per
l’arrivo all'aeroporto internazionale del Cairo, le autorità hanno annunciato lo stato
di emergenza. Intanto proseguono le proteste contro il presidente Hosni Mubarak: sono
almeno 1000 gli arresti compiuti dalla polizia dall’inizio delle manifestazioni, martedì
scorso. Analoghe tensioni si registrano in queste ore a Ismaelia, con fitte sassaiole.
Trenta gli arrestati, secondo fonti locali. Disordini anche a Suez dove i manifestanti
hanno tentato di appiccare il fuoco ad un posto di polizia. Il servizio di Amina
Belkassem:
La rivoluzione
che in Tunisia ha portato in meno di un mese al crollo del regime ventennale di Ben
Alì sta contagiando sempre più il mondo arabo. Dopo le proteste, ormai sedate in Algeria,
non si placa la rivolta anti Mubarak in Egitto, mentre questa mattina migliaia di
persone sono scese in piazza anche a Sana’a per chiedere le dimissioni del presidente
Ali Abdallah Saleh, alla guida da 32 anni. “No al rinnovo del mandato”; “No alla trasmissione
ereditaria del potere”: questi alcuni degli slogan scanditi dai manifestanti che sino
a questo momento hanno potuto marciare senza problemi per le strade della capitale.
Massiccio, invece, l’intervento delle forze di sicurezza al Cairo e in altre città
dell’Egitto: almeno sei persone, tra cui quattro manifestanti, sono rimaste uccise
nelle proteste che da due giorni stanno attraversando un po’ tutto il Paese. Sono
decine i feriti e almeno mille gli arresti. A dare il segnale della grave crisi politica
in corso anche la Borsa che, in seguito al crollo dei suoi indici, ha deciso questa
mattina di chiudere i battenti. Una nuova giornata di protesta è attesa per domani,
dopo la tradizionale Preghiera del Venerdì.
Tunisia verso il rimpasto
di governo In Tunisia, cresce l’attesa per l’annunciato rimpasto di governo.
Le proteste antipresidenziali dei giorni scorsi erano proseguite a causa della presenza
nel nuovo esecutivo di rappresentanti del vecchio regime. Intanto, contro il presidente
Ben Alì, fuggito con la famiglia in Arabia Saudita, è stato spiccato un mandato di
cattura, mentre anche quella di oggi sembra essere una giornata carica di tensioni.
Il servizio di Giancarlo La Vella:
Migliaia
di manifestanti in marcia dalle prime ore della mattina per le strade di Sidi Bouzid
culla della rivoluzione tunisina, cantando “No al furto della rivoluzione” e chiedendo
le dimissioni del governo di transizione. Il rimpasto promesso dalle autorità tunisine
per placare le proteste contro il nuovo esecutivo, accusato di non aver portato un
vero taglio con il passato, dovrebbe essere annunciato in giornata. L'annuncio era
previsto per la giornata di ieri, ma poi è stato rinviato a causa del prolungarsi
dei colloqui per la distribuzione dei ministeri. Ieri pomeriggio si è appreso che
l’assegnazione dei dicasteri riguarderà anche ministeri fondamentali, come l'Interno,
la Difesa e gli Esteri. E intanto si registra il mandato d’arresto internazionale
spiccato dall’Interpol nei confronti dell’ex presidente Ben Ali e della sua famiglia,
fuggiti ai primi accenni delle proteste, si pensa con immense ricchezze. L’accusa
per loro è di “acquisizione illegale di beni immobili” e “trasferimenti di valuta
straniera all’estero”. Per domenica è atteso, invece, il rientro in Tunisia del leader
del partito islamico “Al Nahda”, Rashid Ghannouchi, che ha vissuto negli ultimi anni
a Londra. Su di lui pendeva una condanna a morte inflitta dal regime di Ben Ali, per
aver fondato un partito fuorilegge e aver cospirato contro il deposto capo di Stato.
In vista di questo ritorno, molti suoi sostenitori hanno annunciato altre manifestazioni,
per accogliere lo sceicco dopo 21 anni d’esilio.
Algeria: giovane disoccupato
si dà fuoco. Possibile rimpasto di governo Un altro disoccupato si è dato fuoco
oggi in Algeria, davanti la sede della prefettura di Djelfa. Il ragazzo, che versa
in gravi condizioni, si è dato fuoco per protestare contro la mancata assegnazione
di un alloggio sociale. E' la tredicesima persona ad aver tentato il suicidio nel
Paese maghrebino nelle ultime due settimane. Intanto, scrive la stampa algerina, si
moltiplicano le voci di un possibile rimpasto di governo che potrebbe coinvolgere
anche la figura del premier, Ahmed Ouyahia. Una misura, questa, che dovrebbe dare
un segnale di cambiamento dopo le ultime proteste e prevenire l'effetto Tunisia. Nel
frattempo, per evitare il riaccendersi delle proteste della popolazione il premier
Ahmed Ouyahia ha adottato delle misure preventive, quali la sospensione di ogni sgombero
e demolizione di abitazioni abusive e di controlli fiscali. Inoltre, sarebbe stato
ordinato di evitare ogni penuria di prodotti di largo consumo e di denaro negli uffici
postali e sarebbe stata vietata la vendita di benzina in taniche per limitare il rischio
di suicidi con il fuoco.
Iraq, nuova ondata di violenze Ancora violenza
in Iraq. Un’autobomba è esplosa oggi a Baghdad, durante una cerimonia funebre, uccidendo
37 persone e ferendone altre 78. Lo ha annunciato il vice ministro della Sanità. Sempre
a Baghdad, cinque persone sono rimaste uccise a causa dell'esplosione di alcune bombe
poste sul ciglio della strada mentre un'altra bomba lasciata in un minibus ha provocato
la morte di due persone nel quartiere di Jihad.
Afghanistan Il presidente
dell’Afghanistan, Hamid Karzai, ha inaugurato ieri a Kabul il nuovo Parlamento, oltre
quattro mesi dopo le elezioni del 18 settembre 2010, mettendo temporaneamente fine
alle polemiche degli ultimi giorni. Soddisfazione è stata espressa dalla comunità
internazionale, in particolare dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che
ha auspicato l’avvio di un periodo di proficua cooperazione per le istituzioni afghane,
mirato alla soluzione dei pressanti problemi del Paese.
Economia, dati Pil Spagna,
Portogallo, Grecia e Irlanda rimarranno "bloccate in recessione" per i prossimi diciotto
mesi. E' il giudizio dell'agenzia internazionale Standard & Poor's secondo cui Italia,
Francia, Gran Bretagna e Benelux cresceranno invece ad un ritmo compreso tra l'1,5
e il 2%. S&P's - che oggi ha tagliato il rating del Giappone – prevede anche "rapide
riprese" in Europa occidentale, con il ritmo più vigoroso in Germania e Finlandia.
Economia,
vertice Davos Si aperto ieri a Davos, in Svizzera, la 41.ma edizione del World
Economic Forum, dedicato quest’anno alle “Norme condivise per la nuova realtà”. 2500
i partecipanti del mondo politico, degli affari e della comunità sociale mondiale,
che nella località elvetica si confronteranno fino a domenica, con lo scopo di trovare
nuove ricette per ripartire dopo la crisi, con una maggiore fiducia nel futuro dell'economia.
Questa mattina ha tenuto banco il discorso del capo di Stato francese Nicolas Sarkozy,
intervenuto in veste di presidente di turno del G20. Il servizio di Marco Guerra:
L’inflazione,
difesa dell’euro, ripresa economica, bonus bancari e fondo monetario internazionale.
Il presidente francese Sarkozy passa in rassegna tutte le criticità, gli squilibri
e i segnali di ottimismo che emergono dal sistema economico mondiale a due anni e
mezzo dalla più grande crisi finanziaria degli ultimi settant’anni. L’inquilino dell’Eliseo
pone subito l’accento sull’inflazione che rappresenta “un rischio per la crescita,
con i prezzi delle materie prime in forte rialzo ed una estrema volatilità”. Sarkozy
ha poi sottolineato che le ''fosche'' previsioni sull'economia non si sono avverate.
In particolare non si è verificata la ricaduta nella crescita negativa nelle maggiori
economie. Resta invece il problema di una “disoccupazione ancora troppo alta” - ha
detto Sarkozy - specie fra i giovani. Il presidente francese ha poi notato che “il
dibattito sulla fine dell'Euro ha occupato i giornali per tanto tempo. Ora quegli
articoli sono spariti, mentre l'Euro è sempre lì”. “Mai, mai volteremo le spalle all'euro
– ha proseguito il presidente di turno del G20 - è parte della nostra identità”. Sarkozy
ha chiuso il suo intervento indicando una serie di interventi necessari fra cui la
riforma del sistema dei bonus bancari, la tassazione delle transazioni finanziarie
e “la sorveglianza degli squilibri monetari” da parte del Fondo monetario internazionale.
La
41.ma edizione del World Economic Forum di Davos assume quest’anno un’importanza
maggiore, perché giunge in un momento particolarmente delicato per l’economia mondiale,
che cerca di uscire da una crisi senza precedenti. Salvatore Sabatino ne ha
parlato con Franceso Carlà, presidente di Finanza World:
R. – Senz’altro,
l’edizione di quest’anno è di ancora maggiore attualità perché il focus è proprio
sulla ricerca di nuove o vecchie formule per uscire da questa situazione. C’è una
serie di pareri di diversi che si sentiranno, che si stanno già sentendo e che sarà
interessante comparare.
D. – Dunque, è un momento di confronto: già
ieri i massimi esperti economici mondiali si sono trovati d’accordo nel ritenere migliorato
il clima dei mercati, senza poter però escludere il rischio di un contagio della crisi
in altri Paesi dell’Eurozona, in primis la Spagna. L’area Euro continua dunque ad
essere a rischio?
R. – L’area Euro continua ad essere a rischio soprattutto
per la sua divisione, cioè per la differenza tra alcuni Paesi ed altri Paesi sia nella
ricetta con cui hanno affrontato o stanno affrontando la situazione, sia per la differente
condizione economica di crescita in alcuni Paesi e di stagnazione, invece, in altri.
D. – Nel corso di una tavola rotonda si è parlato anche del potere
economico che si sta trasferendo dall’economia avanzata ai Paesi emergenti dell’Asia.
Questo quanto influirà sull’equilibrio economico mondiale e, soprattutto, quanto influirà
sulle vecchie economie, come quelle europee?
R. – Sono reduce da due
settimane a Singapore ed è proprio percepibile, lì, un osservatorio, un avamposto
molto importante per tutta l’Asia; nel 2010 sono cresciuti del 14,7%: sono numeri
straordinari per la realtà italiana. In Italia è prevista una crescita asfittica dell’1%
anche nel 2011. Obama stesso ha usato un verbo molto critico, quando ha detto che
India e Cina potrebbero “vincerci” – è la prima volta che sento usare questo verbo
dal presidente. Quindi, ha spinto proprio perché a livello diplomatico non si stanno
raggiungendo grandi risultati nei rapporti tra gli Stati Uniti, l’Europa e l’Asia,
per trovare una forma di collaborazione invece che di competizione sulle valute e
sull’economia. Anche da Davos potrebbe e dovrebbe venire uno sprone all’Europa sulla
maggiore unità nelle forme, al di là della crescita di alcuni Paesi e della recessione
o della crisi in altri; e un collegamento ancora maggiore con gli Stati Uniti in un’ottica
di competizione anche diplomatica, non solo finanziaria ed economica, con l’Asia.
D.
– In questi grandi appuntamenti si tralascia sempre la situazione dei Paesi sottosviluppati:
perché, e come risolvere questa importante assenza, secondo lei?
R.
– I Paesi sottosviluppati stanno comunque facendo sentire la loro voce: l’abbiamo
sentita in Nordafrica in Tunisia, la stiamo sentendo in questi giorni in Egitto; stanno
utilizzando i nuovi media per far sentire la loro voce e quindi è molto importante
che anche manifestazioni come Davos accolgano questo tipo di voci e se ne facciano
anche interpreti e commentatori. Anche perché alcuni di questi Paesi cominciano ad
uscire da questa definizione – penso alla Nigeria, al Messico e ad altri Paesi che
in numero sempre maggiore potrebbero entrare nel ristretto network dei Paesi che contano
dal punto di vista economico e fare forse anche da apripista per gli altri Paesi delle
stesse aree – penso al Sudamerica, penso all’Africa – che nei prossimi anni devono
sicuramente poter veder migliorare i loro parametri economici e finanziari, e quindi
anche sociali. (gf)
Cipro Progressi nei negoziati su Cipro. Lo
ha dichiarato il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. I rappresentanti delle
parti greco-cipriota e turco-cipriota sono a Ginevra per discutere del futuro dell’isola,
divisa dal 1974. Le trattative proseguiranno nelle prossime settimane; in agenda anche
i temi di economia, questione europea e divisione dei poteri.
Belgio Non
c’è fine alla crisi politico istituzionale del Belgio. Il nuovo tentativo di mediazione
tra partiti fiamminghi e francofoni per la formazione di un governo di coalizione
è infatti definitivamente fallito ieri sera con la decisione del mediatore, il senatore
socialista fiammingo Johan Vande Lanotte, di salire al Palazzo reale e rassegnare
le dimissioni nelle mani del Re Alberto II. Tutti i tentativi di trovare la via di
uscita a una crisi che ormai dura dalle elezioni dello scorso 13 giugno si sono rivelati
inutili. Oggi il re riprenderà le consultazioni per un nuovo incarico. Domenica, lo
ricordiamo, sono scese in piazza 45 mila persone per sollecitare la responsabilità
dei governanti.
Colombia. Almeno 21 i morti nell’esplosione della miniera
di carbone Sono almeno 21 i minatori rimasti uccisi e sei quelli feriti nell’esplosione
avvenuta ieri in una miniera di carbone a Sardinata, in Colombia,. L’esplosione sarebbe
stata causata da una fuoriuscita di gas. La miniera è la stessa in cui nel 2007 persero
la vita in un simile incidente altri 23 minatori. Il presidente colombiano, Juan Manuel
Santos, in visita in Francia, sta seguendo con attenzione l’evolversi delle notizie
ed è in diretto collegamento con il governatore di Norte de Santander, William Villamizar,
oltre che con i ministri competenti, per seguire tutte le fasi di soccorso. Le autorità
hanno avviato un’inchiesta per far luce sulle possibili cause del disatro.
Gabon Tensioni
in Gabon. Le forze dell'ordine hanno disperso stamani a Libreville i sostenitori del
leader di opposizione e autoproclamato presidente André Mba Obame, rifugiato da martedì
nella sede del programma per lo sviluppo dell'Onu a Libreville. L'opposizione contesta
l'elezione di Ali Bongo a capo di Stato nel 2009.
Caucaso russo: Daghestan,
attentato terroristico almeno 4 i morti È di almeno quattro morti e sei feriti
il bilancio dell’attentato terroristico avvenuto ieri sera nel Caucaso russo. L'esplosione
è avvenuta davanti al bar “'Karavan'”, al momento affollato, nel centro di Khassaviourt,
in Daghestan. La bomba conteneva l’equivalente di 30 chili di tritolo. La repubblica
russa del Daghestan, al confine con la Cecenia, è da anni teatro di scontri tra i
gruppi locali di Mujaheddin e le forze di sicurezza federali e nazionali. Si tratta
del secondo attentato, avvenuto nella cittadina, dopo quello del 14 gennaio. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 27