I media e il Vaticano II: le notizie non devono stupire ma informare
I vantaggi dei media nel campo dell'evangelizzazione sono oggi cosa nota per la Chiesa
di ogni parte del mondo. Ma su di essi una luce nuova era stata proiettata già mezzo
secolo fa dai padri conciliari, riuniti in San Pietro per i lavori del Vaticano II.
La visione conciliare della Chiesa sui mezzi della comunicazione sociale si deve dunque
al Decreto Inter mirifica, promulgato da Paolo VI nel 1963. Un documento analizzato
da padre Dariusz Kowalczyk nell'12.mo appuntamento della rubrica settimanale
dedicata al Concilio:
Federico
Fellini avrebbe detto una volta: quando era nato il cinema, la Chiesa lo aveva considerato
l'opera di Satana, e quando finalmente la Chiesa ha scoperto che il cinema poteva
essere cosa buona, esso si è già tramutato in un'opera di Satana. Il Concilio
però non ha commesso quell'errore, e nel decreto Inter mirifica afferma: “La
Chiesa riconosce che questi strumenti se bene adoperati, offrono al genere umano grandi
vantaggi […]. Ma essa sa pure che l'uomo può adoperarli contro i disegni del Creatore
e volgerli a propria rovina” (n.2).
Il Concilio indica la necessità
di una retta coscienza nell'uso dei mass media, soprattutto in riferimento a due questioni
particolarmente controverse. La prima riguarda la ricerca e la diffusione di notizie.
L’informazione dovrebbe non soltanto essere conforme alla verità dei fatti, ma dovrebbe
anche rispettare i diritti e la dignità dell’uomo. Oggi, quando per attirare l’attenzione
del pubblico si cercano soprattutto delle notizie sensazionalistiche, vale la pena
ricordare l’affermazione del Vaticano II che “non ogni conoscenza giova, 'mentre la
carità è costruttiva'” (n.5). Ciò, ovviamente, non vuol dire che i mass media non
dovrebbero più esercitare il controllo sociale.
La seconda questione
“riguarda le relazioni tra i diritti dell'arte […] e le norme della legge morale”
(n.6). Il decreto Inter mirifica afferma che il primato dell'ordine morale
oggettivo è superiore rispetto a tutte le più diverse forme dell'attività umana, compresa
l'arte. Non è vero che a coloro che si dedicano all'arte si deve “permettere di più”.
Prescindendo dalla dimensione etica si possono creare solo delle cosiddette installazioni
le quali, prive di una vera profondità, si limitano solo a provocare.
Il
postulato del Concilio che – per poter affrontare le questioni sopra menzionate –
si deve formare “sacerdoti, religiosi e laici, i quali sappiano usare con la dovuta
competenza” professionale e morale i mezzi di comunicazione, oggi è più urgente che
mai.