Vescovi indiani: sì all’ergastolo, no alla pena capitale per l’assassino di un missionario
I vescovi indiani accettano e accolgono con rispetto la decisione della Corte Suprema
di commutare in ergastolo la condanna a morte comminata a Dara Singh, l’uomo colpevole
di aver arso vivo il missionario australiano Graham Steines e i suoi due figli in
Orissa, nel 1999. In un comunicato inviato all’agenzia Fides, la Conferenza episcopale
afferma: “La Chiesa ha sempre tenuto una posizione chiara sulla pena di morte, in
quanto crede fermamente nella possibilità del pentimento e del cambiamento di vita.
Anche nel caso di Dara Singh, la Chiesa vuole dare l’’opportunità di cambiare la sua
vita, anche se ha commesso un crimine odioso. La Chiesa pensa a custodire e promuovere
la vita, piuttosto che a toglierla, e per questo dà molta attenzione ai valori del
perdono e della riconciliazione”. I vescovi ribadiscono che la Corte ha rifiutato
l’istanza di cancellare del tutto i reati ascritti all’uomo, confermando la condanna
per tutti coloro che aderiscono a forze estremiste che tendono a dividere il Paese
e a turbare l’armonia sociale. Inoltre la Chiesa esprime la sua perplessità per la
parte conclusiva del giudizio, in cui la Corte deplora “l’uso della forza o della
provocazione per interferire nel credo di qualcuno”. “Parlando di conversioni forzate
– nota il comunicato dei Vescovi – si può dare l’impressione che sia proprio il problema
della conversione religiosa il fattore scatenante del crimine commesso”: fatto, questo,
che i vescovi smentiscono categoricamente. La Chiesa, notano, “ha sempre asserito
che non crede e che non sostiene alcun tentativo di conversione forzata, e che lo
considera come un insulto alla dignità della persona”. Il testo ricorda che la conversione
è una scelta che avviene nel profondo dell’animo umano, grazie all’incontro con Dio,
e che “la stessa Costituzione indiana garantisce la piena libertà di coscienza e di
religione”, principi che la Chiesa ha sempre rispettato pienamente. (R.P.)