India: la Commissione per i diritti umani chiede la riabilitazione delle vittime
in Orissa
Una relazione dettagliata sul pacchetto di riabilitazione delle vittime delle violenze
anticristiane del 2008 e un piano di emergenza per evitare nuovi episodi di violenza
e discriminazione. È quanto chiesto dalla Commissione nazionale per i diritti umani
dell’India (National human rights commission) al Governo dello Stato dell'Orissa.
Secondo quanto riporta l’Osservatore Romano, durante una visita nella zona, la commissione,
guidata da Justice K.G. Balakrishnan, ha dato diverse raccomandazioni ai funzionari
governativi e ha appurato sessantadue casi di violazione dei diritti umani che vanno
dai suicidi dei contadini, agli sfollamenti forzati, alle violenze dovute all'appartenenza
a una determinata casta. Ci sono stati anche incontri con alcuni alti funzionari governativi,
oltre al Primo ministro dell'Orissa, Naveen Patnaik, e con diversi rappresentanti
di organizzazioni non governative che operano in India. “La commissione — ha spiegato
Adikanda Singh, attivista per i diritti umani dei dalit — ci ha esortato a segnalare
tempestivamente per iscritto ogni tipo di sopruso o violazione dei diritti umani
che avviene nel distretto di Kandhamal”. Singh ha anche assicurato che la commissione
si impegnerà a individuare un relatore che si occuperà di esaminare la situazione
a Kandhamal studiando tutti i casi, in particolare di quelli che devono ricevere un
risarcimento per i soprusi subiti. L'attivista per i diritti umani dei dalit ha inoltre
accusato il Governo dello Stato dell'Orissa per l'aggravarsi della situazione: “Il
sistema giudiziario penale non ha convinto, anzi ha fallito. Non si può dire che la
giustizia sia uguale per tutti”. Anche suor Justine Senapati ha respinto le affermazioni
del Governo che sta fornendo un adeguato pacchetto per la riabilitazione alle vittime
di Kandhamal. “Il Governo — ha detto la religiosa — dovrebbe smettere di negare l'evidenza
ed esaminare le questioni reali riguardo alle violazioni dei diritti umani”. In India,
solo nello scorso anno, sono stati centoquarantanove gli attacchi anticristiani. Secondo
un rapporto redatto dall'Evangelical fellowship of India, l'organizzazione che riunisce
le comunità cristiane dell'India di diverse denominazioni protestanti, la violenza
perpetrata da gruppi estremisti indù ha toccato diciotto Stati della Federazione indiana
e in particolare negli Stati di Karnataka, Andhra Pradesh, Madhya Pradesh e Chattisgarh.
Negli anni precedenti, gli episodi di maggiore gravità si erano registrati nello Stato
dell'Orissa. Proprio l'attenzione dedicata a questa ampia area dalle cronache internazionali
ha fatto sì che nello Stato la violenza cessasse quasi del tutto. Secondo il documento
dell'Evangelical fellowship of India, gli attacchi includono violenze su persone,
luoghi, istituzioni e anche su intere comunità riunite in occasione di celebrazioni
liturgie. Si denuncia, in particolare la violenza sulle donne cristiane per intimidazione
o per conversioni forzate all'induismo. L'impunità dei colpevoli — sottolinea il rapporto
— è la ragione principale per cui le aggressioni continuano. Inoltre, una massiccia
propaganda anticristiana operata da molti mass-media alimenta l'odio religioso e istiga
alla violenza. (M.G.)