Funerali dell’alpino ucciso in Afghanistan. Mons. Pelvi: il dovere di costruire la
pace
Nuovo attentato stamani contro i militari italiani in Afghanistan, per fortuna senza
conseguenze, mentre la tv al Jazira ha mostrato un videomessaggio del capo di al Qaeda,
Osama Bin Laden, che lega al ritiro militare di Parigi la sorte di due francesi sequestrati.
Le notizie arrivano a poche ore dalla conclusione dei funerali di Stato a Roma del
caporalmaggiore, Luca Sanna, ucciso da un infiltrato martedì scorso a Bala Murghab.
“La pace esige il lavoro più eroico e il sacrificio più difficile” ha detto nell’omelia,
mons Vincenzo Pelvi, ordinario militare, ricordando il coraggio del giovane alpino.
Poi l’esortazione ai presenti, tra cui il capo di Stato, Giorgio Napolitano: “Il dovere
di costruire la pace non deve essere confuso con una specie di inerzia”. Solo pochi
giorni fa, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, aveva assicurato che si sarebbero
adottate al più presto tutte le misure necessarie per garantire sicurezza ai militari
italiani. E’ questo dunque ciò che occorre fare e qual è il futuro della realtà afghana?
Gabriella Ceraso ne ha parlato con Andrea Nativi, direttore della Rivista Italiana
Difesa ed esperto di sicurezza:
R. - Visto
che siamo coinvolti in una fase di massimo sforzo che dovrebbe da un lato consentirci
di estendere il controllo sul territorio e di mantenerlo – cosa che in precedenza
non accadeva – per aumentare la sicurezza bisognerebbe irrobustire per quanto possibile
i contingenti, fermare i velivoli senza pilota, mandando artiglieria e i mezzi blindati,
e cambiando, modificando un pochino il modo in cui ci si comporta sul terreno.
D.
– Il ministro La Russa ha parlato con il generale Petraeus circa la sicurezza dei
soldati. E’ possibile che si vada addirittura verso un cambiamento delle regole d’ingaggio?
R.
– Possono cambiare in qualunque istante ed è una decisione nazionale.
D.
– Si va incontro ad una maggiore militarizzazione, però in una missione che dovrebbe
essere una missione di pace, è questo il futuro?
R. – No, il punto è
che per avere la pace, bisogna prima costruire la sicurezza, se noi costruiamo una
scuola e i talebani la bruciano, non serve a molto costruire la scuola. Ovviamente,
le due cose vanno di pari passo, anche perché, l’Afghanistan non è omogeneo: in certe
zone siamo già più orientati alla ricostruzione, c’è già il passaggio delle responsabilità.
In altre non è così, non siamo ancora entrati.
D. – Le minacce dei talebani
si affinano, peggiorano con l’andar del tempo. L’operazione che ha portato alla morte
di Sanna lo testimonia e oggi c'è un nuovo messaggio di Bin Laden che minaccia la
Francia: “Lasciate il territorio in cambio della liberazione di due giornalisti”.
A che punto siamo con questa guerra e che valore ha questo messaggio di oggi?
R.
– Il ricatto che tentano è legittimo dal loro punto di vista, non credo che porterà
ad un cambiamento di politica da parte della Francia. Le cose non vanno così male,
ma ci vuole molto tempo. Le “agende fissate” sono dichiarazioni che vanno bene nel
contesto politico interno, ma sul campo operativo non valgono niente. Infatti, Petraeus
non è affatto contento di queste dichiarazioni. Se anche simultaneamente si riesce
a convincerli a trattare, le cose potranno volgere al meglio. Ma ci vorrà tanto, tanto
tempo. (ma)