Stati Uniti: 50 anni fa l’inizio della presidenza di John F. Kennedy
Il 20 gennaio di 50 anni fa iniziava la presidenza di John F. Kennedy. Mille giorni
conclusi tragicamente con l’assassinio a Dallas, ma che tuttora mantengono un rilevante
influsso sulla politica e sull’immaginario collettivo americano e non solo. Nel servizio
di Alessandro Gisotti, ritorniamo a quella giornata di mezzo secolo fa nella
quale Jfk prestava giuramento come 35.mo presidente degli Stati Uniti:
(Musica)
“My
fellow Americans: ask not what your country… Miei concittadini americani,
non chiedetevi cosa il vostro Paese possa fare per voi. Ma cosa voi possiate fare
per il vostro Paese. Miei concittadini del mondo: non domandatevi cosa l’America farà
per voi, ma cosa assieme possiamo fare per la libertà degli uomini”.
Con
queste parole, John Fitzgerald Kennedy si presentava al mondo. A soli 43 anni, il
giovane senatore cattolico di Boston iniziava dunque la sua breve e intensa esperienza
presidenziale. Il discorso inaugurale al Campidoglio, in una gelida mattinata di Washington,
segnava l’inizio non solo di una nuova presidenza ma anche di un nuovo stile nel modo
di fare politica. E’ quanto sottolinea il giornalista e biografo dei Kennedy, Gianni
Bisiach:
“Quel 20 gennaio fu una grande giornata. Da parte
di Kennedy il messaggio forte fu l’invito all’America ad avere coraggio e, quindi,
a non temere il dialogo: avere coraggio nell’affrontare le difficoltà della politica
mondiale. Si stabiliva così un rapporto diretto. Kennedy andrà in tutto il mondo:
in Africa, Asia, in Sudamerica. Cercherà di portare una nuova politica nel mondo e
i giovani apprezzeranno questa cosa dopo gli anni grigi della Guerra Fredda. Con la
sua immagine giovanile, simpatica e aperta ha iniziato questa nuova era. Dicendo quel
giorno: ‘Non chiedete cosa l’America può fare per voi, ma quello che voi potete fare
per il vostro Paese’, significava che ognuno veniva coinvolto con la sua personale
responsabilità. Era un periodo nuovo a livello mondiale: il mondo, forse, era più
aperto alla speranza di quanto non lo sia oggi”.
La crisi dei missili
a Cuba, la sfida con i sovietici per la conquista dello spazio, l’impegno a favore
dei diritti civili degli afro-americani, ma anche il fallimento dello sbarco alla
Baia dei Porci e l’inizio del conflitto in Vietnam. Luci ed ombre di un presidente
che l’assassinio a Dallas ha cristallizzato nella memoria, lasciandone intatto il
mito. Il commento del politologo della Johns Hopkins University, John Harper:
“La
figura di Kennedy è stata molto mitizzata da subito dopo la sua morte. Poi, è stata
anche molto criticata, quando sono venuti fuori i fatti della sua vita personale.
Adesso abbiamo una visione più equilibrata. Tra gli storici c’è una visione molto
positiva di Kennedy: era un uomo pragmatico, pronto al compromesso per evitare il
disastro, molto coraggioso e composto in situazioni di estrema tensione, come la crisi
di Cuba. Quindi, rimane un modello di compostezza, di lucidità e di coraggio nel gestire
le crisi. Rimane, poi, qualcosa di misterioso e di sfuggente in quest’uomo, perché
non sappiamo, naturalmente, cosa avrebbe fatto, se fosse sopravvissuto: le circostanze
della sua morte susciteranno per sempre un grande fascino”.
Di Kennedy
restano indelebili alcuni discorsi, pronunciati con una forza e un carisma che anche
gli avversari ammiravano. Memorabili le parole di Jfk a Berlino, nel giugno del 1963,
a pochi passi dal Muro fatto innalzare dal regime comunista:
“Two thousand
years ago, the proudest boast was Civis Romanus sum… Duemila anni fa, il
più grande orgoglio era dire ‘civis Romanus sum’. Oggi, nel mondo libero, il più grande
orgoglio è dire ‘Io sono un berlinese’”.