Settimana per l’Unità dei Cristiani. Il cardinale Koch: pregare insieme per i nostri
fratelli perseguitati
“La fedeltà all'insegnamento degli apostoli ci unisce”: è il tema odierno della Settimana
per l’Unità dei Cristiani, che vivrà momenti di grande significato ecumenico. Lunedì
24, il Papa riceverà in udienza privata una delegazione della Chiesa Unita Evangelica-Luterana
della Germania. Il giorno prima, invece, il cardinale presidente del dicastero per
l’Unità dei Cristiani, Kurt Koch, presiederà un incontro ecumenico presso la Basilica
di San Paolo fuori le Mura. Come momento centrale dell’avvenimento, verrà piantato
e benedetto un albero in gemellaggio con il progetto del “Giardino di Lutero” a Wittenberg
in Germania. Infine, martedì 25 gennaio, alle ore 17.30, nella Basilica di San Paolo
fuori le Mura, Benedetto XVI presiederà la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità
della Conversione di San Paolo a conclusione della Settimana di preghiera. Al rito
prenderanno parte rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti
a Roma. Quest’anno la Settimana per l’Unità dei cristiani è dedicata in particolare
ai fedeli vittime della persecuzione e delle discriminazioni. E’ quanto sottolinea
il cardinale Kurth Koch, al microfono di Mario Galgano:
R. – Ich
glaube, es ist gerade im Westen höchste Dringlichkeit, dass wir diese … Credo
che proprio nel mondo occidentale sia della massima urgenza prendere coscienza della
moderna persecuzione dei cristiani. Per molti in Europa le persecuzioni dei cristiani
sono parte della storia della Chiesa, perché tutti ne hanno sentito parlare. Ma che
oggi i cristiani rappresentino il gruppo religioso maggiormente perseguitato, purtroppo
non è ancora entrato nella consapevolezza collettiva. In questa Settimana per l’unità
questo fatto sarà reso visibile perché noi pregheremo per i cristiani perseguitati,
denunceremo apertamente tutti i casi di martirio ed indicheremo come la “cristianofobia”
sia in costante aumento nell’Europa occidentale. Abbiamo la coscienza vigile per l’antisemitismo
che sta rinascendo e nei riguardi dell’islamofobia che va espandendosi, ma poi siamo
ciechi davanti alla cristianofobia che pure è presente tra di noi.
D.
– Sulla strada dell’unità dei cristiani, a che punto siamo, oggi?
R.
– Auf dem Weg. Weder am Anfang noch am Ziel, … In cammino. Né all’inizio,
né alla meta. Non dobbiamo comportarci come se fossimo appena all’inizio, ma non possiamo
nemmeno fare finta di essere già arrivati alla meta. Ci troviamo lungo un percorso
che richiede molta pazienza, e la pazienza è la sorella più piccola della speranza.
Il fatto che siamo fiduciosi si manifesta nel fatto che conserviamo la nostra pazienza.
D.
– Come sono i rapporti oggi con gli ortodossi e i protestanti?
R. –
Ich glaube, der Grundunterschied besteht darin, dass wir mit den Orthodoxen … Credo
che la differenza fondamentale consista nel fatto che abbiamo molto in comune con
gli ortodossi e con i vetero-orientali. Quando mi trovo ad avere contatti con i membri
delle Chiese vetero-orientali, dai quali in realtà siamo separati ormai da oltre 1500
anni, mi sento a casa perché loro hanno la stessa struttura ecclesiale. Quello che
ci separa un po’ è la cultura diversa. Mentre con le Chiese nate dalla Riforma non
abbiamo in comune una larga base di fede, abbiamo però in comune la stessa cultura,
ed io ho l’impressione che per molti cristiani, cattolici come riformati, a volte
la comune base culturale sia più importante della comune base di fede.
D.
– Recentemente è stato istituito l’Ordinariato per gli anglicani che desiderano entrare
nella Chiesa cattolica. Come affrontare da un punto di vista ecumenico questa situazione?
R.
– Erstens haben wir hier in Rom eine klare Arbeitsteilung: Für „anglicanorum coetibus“,
… Intanto, qui a Roma abbiamo una chiara divisione dei compiti: per gli
anglicani che desiderino venire nella nostra Chiesa è competente la Congregazione
per la Dottrina della Fede; noi, nel Consiglio per l’Unità dei cristiani, continuiamo
il nostro dialogo ecumenico. Nell’era dell’ecumenismo, le conversioni sono e rimangono
una questione di coscienza dei singoli. Quel che c’è di nuovo è che si presentano
gruppi interi, con sacerdoti e vescovi, e qui la nostra posizione, della Chiesa cattolica,
del Santo Padre è questa: se qualcuno bussa alla nostra porta, non si può non aprire.
Questa è la nostra posizione. Comprendo che per la Chiesa anglicana possa essere molto
difficile, ma c’è anche una nostra premura perché noi vogliamo contribuire affinché
il mondo anglicano possa ritrovare la propria unità.
D. – Cosa fare
oggi per proseguire sul cammino ecumenico?
R. – Das hängt natürlich
vom jeweiligen Dialog ab; wir haben ja im Einheitsrat … Questo naturalmente
dipende dai singoli dialoghi. Nel Consiglio per l’Unità abbiamo quindici dialoghi
diversi con quindici differenti Chiese: ognuno è un caso a sé. Fondamentalmente, servono
due cose: il dialogo dell’amore e il dialogo della verità Infatti, senza il dialogo
dell’amore, senza i rapporti amichevoli che si costruiscono e che si vogliono approfondire
il dialogo della verità non potrà progredire. Poi, ci sono ancora tante questioni
di cui parlare, che possono aiutare a trovare una base comune nella fede affinché
possiamo celebrare insieme l’Eucaristia. (gf)
Sull’importanza della Settimana
per l’Unità dei Cristiani e le possibilità di rafforzamento dell’ecumenismo, Fabio
Colagrande ha intervistato il pastore metodista, Massimo Aquilante, presidente
della Federazione chiese evangeliche d’Italia:
R. – E’ senz’altro
altamente significativo, denso di significati e di ricadute, il fatto che le Chiese
si riuniscano insieme intorno alla Parola di Dio nel momento della preghiera, della
celebrazione, dell’adorazione, per chiedere al Signore della Chiesa l’unità ma anche
per dare un segno concreto.
D. - A questo proposito il Concilio Vaticano
II parlò dell’approfondimento spirituale come l’anima di tutto il movimento ecumenico.
Cosa pensa di questa affermazione?
R. - Il movimento ecumenico vive
nella misura in cui le Chiese che lo portano avanti si rapportano costantemente al
centro della fede cristiana, che è appunto Gesù Cristo, nella Parola di Dio e in atteggiamento
di preghiera, ovviamente, chiedono appunto l’intervento di Dio per un fatto specifico
della ricerca dell’unità della Chiesa.
D. – In un recente intervento
il cardinale Koch ha ricordato che l’unità non è un fine in sé ma si pone al servizio
dell’annuncio del Vangelo. E’ una prospettiva con cui è d’accordo?
R.
– Mi sembra una dichiarazione molto significativa e anche molto condivisibile. La
ricerca dell’unità non significa l’abolizione, l’omologazione delle posizioni diverse,
differenti e su vari punti anche contrastanti. La ricerca dell’unità è che ciascuna
Chiesa si rimetta costantemente di fronte al Signore della Chiesa, di fronte quindi
a Gesù Cristo Parola di Dio incarnata e in questo movimento, in questo mettersi di
fronte a Dio, innanzitutto faccia autocritica, confessi il proprio peccato, e soprattutto
riconosca che la Chiesa di Cristo è ben più grande della propria Chiesa di appartenenza.
D.
- Di fronte alla secolarizzazione dell’Occidente, ai cambiamenti geopolitici della
presenza cristiana nel mondo, in quali settori vede oggi più possibile e auspicabile
la collaborazione tra le Chiese cristiane?
D. – La testimonianza da
rendere al mondo, cioè le cose che concretamente si possono fare insieme. La mia esperienza
è che su questo terreno non solo si possono fare tante cose insieme ma già si fanno.
Penso, per esempio, a tutto il settore del lavoro nell’accoglienza degli immigrati,
degli stranieri. Molte di queste cose noi le facciamo già insieme e anche questo è
cammino ecumenico: spendersi insieme per una società più a dimensione umana, una società
più giusta, questo è importante.(bf)