Cina-Usa: economia e diritti umani al centro del vertice tra Obama e Hu Jintao
Divergenze sui diritti umani, rapporti sempre più stretti sul fronte economico-finanziario.
Si può riassumere così l’incontro di ieri a Washington tra il presidente cinese Hu
Jintao e l’omologo statunitense Barack Obama. Il capo di Stato cinese è stato accolto
alla Casa Bianca in pompa magna. Dagli Stati Uniti, ci riferisce Elena Molinari:
“Oggi possiamo
gettare le basi della cooperazione tra Usa e Cina per i prossimi 30 anni”, ha esordito
il presidente americano. Quindi ha ricordato che “i diritti umani devono essere garantiti
a tutti e che formano le basi di una società più armoniosa”. “Suggeriamo di dialogare
con il Dalai Lama per risolvere le differenze e preservare l’identità religiosa del
popolo tibetano”, ha aggiunto Obama. I due leader - in quello che è già stato chiamato
"G2" - hanno concordato che la cooperazione fra Usa e Cina è indispensabile per lo
sviluppo e la pace nel mondo. Hu Jintao ha dichiarato di essere a Washington per migliorare
i rapporti con gli Stati Uniti e ha riconosciuto - almeno a parole - l’universalità
dei diritti umani. Nessuna apertura, invece, sulla rivalutazione della valuta cinese,
ma per dimostrare buona volontà la delegazione di Pechino ha annunciato di aver siglato
contratti di importazioni dagli Stati Uniti per 45 miliardi dollari.
E
mentre il presidente Hu Jintao si trova negli Stati Uniti, è giunta la notizia che
il Pil della Cina è aumentato in termini reali del 10,3% nel 2010, rendendo possibile
il sorpasso sul Giappone e diventando così la seconda economia al mondo, alle spalle
degli Stati Uniti. Ovviamente gli aspetti economici sono stati preponderanti in questo
viaggio. Washington e Pechino hanno stretto legami ancora più forti dei precedenti.
Salvatore Sabatino ne ha parlato con Paolo Mastrolilli, esperto di politica
americana del quotidiano “La Stampa”:
R. - Hanno
fatto accordi per scambi commerciali che prevedono esportazioni dagli Stati Uniti
verso la Cina per 45 miliardi di dollari, che si calcola produrranno circa 230 mila
nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti. In una situazione di crisi economica, come
quella in corso, naturalmente l’America non può fare a meno di un’opportunità di questo
genere. Da tempo, il ruolo economico che ha la Cina sta facendo parlare tutti gli
analisti di un "G2": un rapporto privilegiato fra Cina e Stati Uniti, che stanno diventando
le potenze dominanti del pianeta. Sullo sfondo di questi interessi economici restano,
però, ancora delle divergenze politiche abbastanza significative.
D.
- Persistono, infatti, le distanze sul fronte dei diritti umani, anche se Hu Jintao
ha detto - sollecitato da Obama - che è un tema universalmente importante…
R.
- Diciamo che ha fatto una piccola concessione lessicale, dicendo che la Cina riconosce
l’universalità dei diritti umani: ha detto che su questo settore il suo Paese sta
facendo dei grandi progressi, ma ha anche ribadito l’antica linea cinese, che essendo
la Repubblica Popolare un Paese in via di sviluppo, in sostanza, ha ancora la necessità,
in certi casi, di mettere lo sviluppo davanti al rispetto dei diritti umani. Naturalmente
c’era poi la questione aperta del Premio Nobel per la pace, che si trova ancora in
prigione in Cina … La concessione lessicale che ha fatto Hu Jintao può essere significativa
di un cambiamento che è in corso in Cina oppure può essere semplicemente una concessione
che ha fatto per soddisfare dal punto di vista delle apparenze pubbliche l’ospite
americano: questo si vedrà poi nei prossimi anni, soprattutto se gli Stati Uniti continueranno
a mantenere questa pressione su Pechino sul tema dei diritti umani.
D.
- Questo viaggio di Hu Jintao negli Stati Uniti sancisce ufficialmente lo spostamento
dell’asse politico-economico americano verso Oriente: non si rischia di isolare l’Europa?
R.
- Gli Stati Uniti continuano ad avere interessi molto forti in Europea sia dal punto
di vista economico, sia dal punto di vista politico e culturale. Non ci sono alleati
migliori degli Stati Uniti nel mondo. Quando ci sono crisi, come quella della guerra
al terrorismo o della situazione in Afghanistan o della situazione che c’era in Iraq,
gli Stati Uniti non hanno un altro continente o un altro gruppo di alleati altrettanto
fidati a cui appoggiarsi. E’ chiaro, però, che dal punto di vista del peso geopolitico,
la Cina e l’Estremo Oriente in generale stanno acquistando un’importanza sempre più
significativa ed è inevitabile, quindi, che si vada verso un rafforzamento dei rapporti.
(mg)