2011-01-19 15:11:22

Iraq e Afghanistan: non si ferma la catena di attentati e violenze


Nuovi attentati in Iraq e in Afghanistan che confermano la loro natura di scenari di guerra ancora estremamente attivi. Stamani due attentati a nord di Baghdad hanno provocato 15 vittime, mentre è salito a 65 morti il bilancio delle vittime di ieri a Tikrit. Stessa situazione in Afghanistan, dove dopo l’assalto alla base italiana di Bala Murghab costato la vita a un militare italiano stamattina una mina ha provocato la morte di 13 civili. E i governi occidentali s’interrogano sempre più di frequente sull’utilità di mantenere i propri contingenti militari in questi Paesi ancora così lontani dalla democrazia. Sulle ragioni di questa mancanza di sicurezza Stefano Leszczynski ha intervistato Loretta Napoleoni, esperta di terrorismo.RealAudioMP3

R. - Io credo che il problema fondamentale stia nel fatto che le forze di coalizione non sono riuscite a guadagnare la fiducia di gran parte della popolazione e quindi vengono ancora percepite come un esercito di occupazione. Chiaramente, questo crea tensioni all’interno della società, che vengono ampiamente sfruttate da chi porta avanti un discorso di radicalizzazione. In più, i nuovi governi che sono stati introdotti da questi Paesi dopo il cosiddetto processo di liberazione, sono in realtà dei governi estremamente corrotti.

D. – Come mai l’Occidente non ha saputo individuare personaggi validi, che potessero prendere il controllo in maniera salda sia in Iraq sia in Afghanistan?

R. – Questo non è avvenuto perché sono stati presi individui sicuramente di dubbia moralità e di dubbia etica, che vivevano negli Stati Uniti come Chalabi, per quanto riguarda l’Iraq inizialmente, e Karzai, per quanto riguarda l’Afghanistan – e sono stati messi a capo di questi nuovi governi: le conseguenze le vediamo oggigiorno.

D. – Conflitti così lunghi, con un così alto numero di vittime, fiaccano le opinioni pubbliche dei Paesi occidentali che iniziano a premere, a pensare sempre più ad un ritiro ...

R. – Le conseguenze, secondo me, sono disastrose. Penso che un ritiro dall’Afghanistan creerebbe anche dei grossi problemi in Pakistan, dove la situazione, come ben sappiamo, non è assolutamente tranquilla. Il Pakistan potrebbe diventare uno Stato perduto, come è successo in altri Paesi, in conseguenza proprio del ritiro delle truppe nel Paese limitrofo, l’Afghanistan. Nello stesso tempo, però, mantenere le truppe, e cioè continuare con questa strategia, non porta ad una situazione migliore e tanto meno non porta alla democrazia. Quindi, io penso che ci voglia un ripensamento ed un cambiamento radicale di strategia e di politica estera non solo da parte degli Stati Uniti, ma di tutti i Paesi che fanno parte della coalizione, per poter portare la democrazia – quella vera – all’interno di un Paese come l’Afghanistan o l’Iraq. Questo, però, comporta un impegno decennale. (ap)







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