2011-01-18 12:26:31

Il rapporto tra Chiesa e politica alla luce del Concilio: pochi i politici cristiani di spessore professionale e morale


La Chiesa non si confonde in alcun modo con gli intrecci della politica, e tuttavia è sempre interessata alla politica intesa in senso ampio come servizio all'uomo e al bene comune. Un principio ribadito 45 anni fa in un passaggio della Costituzione dogmatica Gaudium et spes, dove si esortano i laici cristiani a impegnarsi in politica con adeguate capacità professionali, ma soprattutto con la coerenza che impone la loro fede. Il gesuita padre Dariusz Kowalczyk riflette su questo tema nella rubrica dedicata alla riscoperta dei documenti conciliari:RealAudioMP3

I preti dovrebbero stare lontano dalla politica. È vero o no? Dipende dal contesto. Il Codice di Diritto Canonico raccomanda che i chierici “non abbiano parte attiva nei partiti politici e nella guida di associazioni sindacali” (can. 287). Se la “politica” però viene intesa come sollecitudine per il bene comune, è chiaro che - così interpretata - deve essere oggetto d’interesse da parte dei sacerdoti. In ogni caso rimane valido il principio formulato dalla Gaudium et spes: “La Chiesa […] in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico” (n. 76). Infatti, la missione della Chiesa oltrepassa qualsiasi prospettiva politica. La Costituzione conciliare mette in rilievo che “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo” (GS 76). Contemporaneamente però fa notare che tutte e due le realtà sono a servizio degli stessi uomini. D’altra parte, i cattolici laici fanno parte di diversi partiti politici.

Il problema di oggi tuttavia non consiste in una politicizzazione dei sacerdoti, ma nella scarsità dei politici cristiani, capaci professionalmente e moralmente, ad impegnarsi in politica come cristiani. Dall’insegnamento del Concilio consegue chiaramente che i fedeli laici non dovrebbero rinunciare all’attività politica. Anzi, proprio loro sono chiamati ad essere presenti nelle diverse strutture della politica, a condizione di rimanere coerenti con la propria fede. È auspicabile che tale presenza sia caratterizzata – come leggiamo nella Gaudium e spes da “una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli […] compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla loro coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori”. Ed è da augurarsi che p.es. nelle istituzioni dell’Unione Europea non manchino i politici capaci di mettere in pratica quel principio.







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