Grave attentato kamikaze in Iraq: 50 morti e 150 feriti in un centro reclute a Tikrit
In Iraq, è salito a oltre 50 morti e 150 feriti il bilancio dell'attacco kamikaze
contro un centro di reclutamento delle forze di sicurezza a Tikrit, nel nord del Paese.
L’attentato per ora non è stato rivendicato, ma il vicegovernatore della provincia
assicura: “Non può essere che Al Qaeda”. I particolari nel servizio di Cecilia
Seppia:
A poche ore
dall’attentato, la città irachena di Tikrit è ancora un via vai di ambulanze e auto
della polizia e il bilancio delle vittime sale drasticamente: 50 i morti, 150 i feriti,
alcuni dei quali in gravissime condizioni. Alle 10.30 ora locale un uomo con indosso
una cintura esplosiva é entrato in un centro di reclutamento delle forze di sicurezza
e si è fatto saltare in aria tra decine di giovani in attesa di essere iscritti nelle
liste dei volontari per l’esercito. Tra le vittime ci sarebbero anche alcuni poliziotti.
Drammatiche le immagini trasmesse dalla tv araba al Jazeera: l’intera area è ricoperta
di fumo, fortemente danneggiati anche gli edifici circostanti, mentre dagli
altoparlanti delle moschee si chiede ai cittadini di donare il sangue per i feriti.
Per ora l’attacco non è stato rivendicato ma il vicegovernatore della provincia
di Salahuddin, Ahmed Abdul-Jabbar ha affermato: "Non può essere che Al Qaeda che ci
sta massacrando". Fonti di sicurezza parlano di un fatto insolito per la città dove
è nato Saddam Hussein. Una simile strage di reclute, con 61 morti e 125 feriti avvenne
lo scorso agosto a Baghdad, nell’attacco più cruento dell’estate 2010.
Afghanistan:
muore un soldato italiano in uno scontro a Balamurghab Dall’Afghanistan arriva
ancora una drammatica notizia. E’ morto uno dei due militari italiani feriti nell'attacco
di questa mattina a Balamurghab. Il militare, secondo quanto dichiarato dal ministro
della Difesa italiano, Ignazio La Russa, era stato colpito alla testa e già versava
in gravissime condizioni. L’altro soldato, ferito ad una spalla, non è invece in pericolo
di vita. Per ora si hanno solo notizie frammentarie, ma non dovrebbe essersi trattato
di un abituale conflitto a fuoco contro i talebani. La task force che presidia l'avamposto
è composta da alpini dell'8/o Reggimento di stanza in Italia a Cividale del Friuli.
Profondo dolore è stato espresso dal presidente della Repubblica, Napolitano.
Spagna:
arrestati dieci sospetti membri dell’Eta La polizia spagnola ha arrestato almeno
10 sospetti sostenitori dell'Eta la notte scorsa nei Paesi Baschi. L'operazione é
la prima contro gli ambienti Eta da quando l'organizzazione indipendentista basca
ha annunciato, dieci giorni fa, un cessate il fuoco “generale” e “permanente” dichiarato
però insufficiente dal governo del premier socialista José Luis Zapatero. Fra gli
arrestati, Iker Moreno Ibanez, figlio dell'attuale portavoce della sinistra indipendentista
basca Txelui Moreno. Secondo il quotidiano "El Pais" gli arrestati sono fra l'altro
accusati di avere cercato di ricostituire la direzione del movimento giovanile Ekin,
vicino all'Eta e di avere trasmesso documenti del gruppo armato a movimenti della
sinistra basca.
Egitto Le proteste in Tunisia rischiano di contagiare
altri Paesi, come l’Egitto, dove questa mattina un giovane di 25 anni è morto dopo
essersi dato fuoco sul tetto della sua abitazione. Un altro uomo si è dato fuoco al
Cairo, davanti alla sede del governo.
Brasile: resta alta l'emergenza alluvioni,
almeno 600 morti Permane grave la situazione nello Stato brasiliano di Rio
de Janeiro devastato dalle alluvioni con un bilancio, al momento, di oltre 600 morti.
Dopo una valutazione nelle aree più colpite, Medici senza frontiere (Msf) – riferisce
l’agenzia Sir - sta inviando delle équipe mediche per gestire due cliniche mobili,
la prima a São José do Vale do Rio Preto, dove sono più di 1.200 gli sfollati e la
seconda a Nova Friburgo, dove gli sfollati e senzatetto sarebbero oltre 5 mila. Per
una testimonianza sulla situazione nelle aree alluvionate, Mariangela Jaguraba
ha intervistato mons.Filippo Santoro, vescovo di Petropolis, tra le
zone più colpite dalle inondazioni:
R. - La situazione,
qui nella diocesi di Petropolis, è ancora complessa. Oltre a Petropolis, ho visitato
Teresopolis ed un’altra città chiamata Valle do Rio Preto. Il numero maggiore delle
vittime è proprio a Teresopolis, dove ci sono circa 300 morti. Da parte della Chiesa
vedo una grande collaborazione, così come un grande impegno da parte di volontari
provenienti da diverse parti del mondo, da parte dei volontari sul posto, della diocesi
di Petropolis e dell’arcidiocesi di Rio. Stiamo coordinando i volontari, perché in
questa fase c’è da ricevere le donazioni, catalogarle e - secondo le necessità - inviarle.
C’è un lavoro costante, che si svolge in un clima di gratitudine sia dei giovani del
posto che lavorano, sia di quelli che vengono per fare delle donazioni… Ho visto persone
di tutte le condizioni che si sono offerte, per un buon periodo di tempo, per aiutare
in questi soccorsi. La cosa più bella è vedere questo clima di fede che sostiene tutti
coloro che sono in vita. Ringraziamo il Signore per come sta andando. Ringrazio pubblicamente
la Conferenza episcopale italiana che ha versato per noi un milione di euro, che saranno
utilizzati nei progetti di ricostruzione. L’aiuto più grande ci arriva dalla voglia
di rinascita della gente, partendo dall’esperienza della fede, dall’esperienza della
solidarietà che in questo tempo si sta rivelando sempre più grande. (mg)
Al
via la visita del presidente cinese negli Usa Con una cena alla Casa Bianca,
prende il via oggi la visita del presidente cinese Hu Jintao negli Stati Uniti. Domani
a Washington l’incontro ufficiale alla Casa Bianca col presidente Barack Obama. La
missione prevede anche una tappa a Chicago, venerdì, prima di rientrare a Pechino.
Anche se, secondo gli analisti, permangono divergenze su questioni monetarie e diritti
umani, alla vigilia della partenza per Washington Hu Jintao ha messo in evidenza la
necessità di cooperazione tra Usa e Cina, per trovare ''un territorio comune'' in
settori come la lotta al terrorismo, l'energia pulita e le infrastrutture. Sul perché
nessuna delle due superpotenze possa fare a meno dell’altra, ascoltiamo Fernando
Mezzetti, commentatore di politiche asiatiche, intervistato da Giada Aquilino:
R. - Per
gli equilibri internazionali: c’è una superpotenza militare e responsabile degli equilibri
mondiali e c’è la Cina che è diventata superpotenza economica e che si sta militarmente
potenziando sulla scena mondiale. Gli Stati Uniti ricevono Hu Jintao come mai è avvenuto
prima per un leader cinese. Questa esibizione di tappeti rossi avviene per attenuare
o quantomeno gestire in modo accomodante contrasti di fondo che ci sono tra queste
due grandi potenze.
D. - Permangono divergenze sulle rispettive monete,
dollaro e yuan, per esempio?
R. - La settimana scorsa, il segretario
Usa al Tesoro, TimothyGeithner, ha fatto un discorso
sulla Cina, in cui ha messo la sordina sulle sue critiche per il mancato apprezzamento
dello yuan e riconoscendo che di fatto lo yuan si sta apprezzando, perché l’inflazione
in Cina sta accelerando più di quanto non avvenga negli Stati Uniti. Un complesso
discorso finanziario e valutario, ma non è questo il problema. Il problema ora è quello
relativo ai contrasti strategici e, in tale ambito, da parte americana vengono riportati
in primo piano i diritti umani. Ci sono due elementi: primo, un Nobel per la pace
come Obama non può ignorare che il Nobel per la pace cinese, Liu Xiaobo,
è tenuto dalle autorità cinesi in carcere; e, secondo, come anticipato la questione
dei diritti umani viene sollevata dagli Stati Uniti in funzione strategica. La Cina
si sta armando a ritmi più veloci di quanto gli americani pensassero e vuole affermare
la propria supremazia nell’area. Questo suscita allarme in tutti i Paesi dell’area
stessa. Si aggiunga poi che il maggior punto di crisi internazionale, insieme con
l’Iran, è proprio in una regione a “giurisdizione” della Cina e cioè la Corea del
Nord. (mg)
Israele In Israele è ancora crisi politica dopo l’uscita
del ministro della Difesa, Ehud Barak, dal partito laburista. Barak ha annunciato
che fonderà un nuovo movimento moderato al quale sembra abbia aderito una minoranza
di fedelissimi intenzionati a mantenere l’alleanza con il premier Netanyahu. Intanto,
dalle Nazioni Unite giunge un severo monito a fermare gli insediamenti, mentre alcuni
mezzi blindati israeliani sono entrati stamane all'interno della striscia di Gaza,
nei pressi di Beit Hanun. Per il momento nella zona non si segnalano incidenti.
Libano Il
procuratore del Tribunale speciale per il Libano, il canadese Daniel Bellemare, ha
depositato ieri all’Aja un atto di accusa confidenziale nel quadro dell'inchiesta
sull'attentato contro l'ex premier libanese Rafiq Hariri, sei anni fa a Beirut. Annunciata
per oggi una sua dichiarazione sul significato del documento. Intanto un invito a
riprendere gli sforzi diplomatici per una soluzione della crisi politica dopo la caduta
del governo Hariri è arrivato da Siria, Turchia e Qatar.
Iran In
Iran, 47 persone nelle ultime 3 settimane sono state impiccate. E’ la denuncia della
Ong International Campaign for Human Rights, impegnata nella tutela dei diritti
umani. Per la maggior parte si tratta di detenuti condannati per reati di droga, ma
vi sarebbero anche alcuni attivisti politici. La notizia arriva il giorno dell'ennesimo
colpo di scena sul caso di Sakineh, la donna condannata a morte per adulterio e complicità
nell’omicidio del marito: le autorità di Teheran hanno prima annunciala sospensione
della pena, poi hanno negato.
Sudan In Sudan il leader dell’opposizione
Hassan al-Turabi è stato arrestato ieri dalle forze di sicurezza a Khartoum. Il suo
partito, di ispirazione islamica, aveva lanciato nei giorni scorsi un appello alla
“rivolta popolare” per spingere il governo ad arginare l’ascesa dei prezzi. Prosegue
intanto lo spoglio dei voti per il referendum sull’indipendenza del Sud del Paese.
Gli osservatori dell'Unione europea, che stanno monitorando le operazioni hanno giudicato
il voto “pacifico e credibile”.
Italia: il monito del Quirinale sul caso
Ruby “Adesso occorre fare chiarezza. E occorre farlo subito”. Così il presidente
della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che si dice preoccupato per gli ultimi
sviluppi della vicenda Ruby-Berlusconi. Il capo dello Stato smentisce la notizia di
una telefonata con il premier e auspica che nelle appropriate sedi giudiziarie si
proceda al più presto ad una compiuta verifica delle risultanze investigative. “Andiamo
avanti, non mi dimetto”, replica il presidente del Consiglio, mentre l’opposizione
chiede un ritorno alle urne, oltre che chiarezza sulle accuse di istigazione alla
prostituzione. Intanto da ieri è a disposizione della giunta per le autorizzazioni
a procedere della Camera, un faldone di 389 pagine contenente verbali di intercettazioni
e interrogatori sul caso Ruby.
Vent’anni dalla “Desert Storm” Ventesimo
anniversario di “Desert Storm”, l’operazione che nella notte del 17 gennaio 1991 inaugurava
la prima guerra del Golfo. L’offensiva contro l’Iraq del regime di Saddam Hussein,
che il precedente 2 agosto aveva invaso i territori del Kuwait era guidata dagli Stati
Uniti di Bush sr, sostenuti da una vasta coalizione di 34 Paesi e l’imprimatur delle
Nazioni Unite. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 18