2011-01-18 15:23:58

Grave attentato kamikaze in Iraq: 50 morti e 150 feriti in un centro reclute a Tikrit


In Iraq, è salito a oltre 50 morti e 150 feriti il bilancio dell'attacco kamikaze contro un centro di reclutamento delle forze di sicurezza a Tikrit, nel nord del Paese. L’attentato per ora non è stato rivendicato, ma il vicegovernatore della provincia assicura: “Non può essere che Al Qaeda”. I particolari nel servizio di Cecilia Seppia:RealAudioMP3

A poche ore dall’attentato, la città irachena di Tikrit è ancora un via vai di ambulanze e auto della polizia e il bilancio delle vittime sale drasticamente: 50 i morti, 150 i feriti, alcuni dei quali in gravissime condizioni. Alle 10.30 ora locale un uomo con indosso una cintura esplosiva é entrato in un centro di reclutamento delle forze di sicurezza e si è fatto saltare in aria tra decine di giovani in attesa di essere iscritti nelle liste dei volontari per l’esercito. Tra le vittime ci sarebbero anche alcuni poliziotti. Drammatiche le immagini trasmesse dalla tv araba al Jazeera: l’intera area è ricoperta di fumo, fortemente danneggiati anche gli edifici circostanti, mentre dagli altoparlanti delle moschee si chiede ai cittadini di donare il sangue per i feriti. Per ora l’attacco non è stato rivendicato ma il vicegovernatore della provincia di Salahuddin, Ahmed Abdul-Jabbar ha affermato: "Non può essere che Al Qaeda che ci sta massacrando". Fonti di sicurezza parlano di un fatto insolito per la città dove è nato Saddam Hussein. Una simile strage di reclute, con 61 morti e 125 feriti avvenne lo scorso agosto a Baghdad, nell’attacco più cruento dell’estate 2010.

Afghanistan: muore un soldato italiano in uno scontro a Balamurghab
Dall’Afghanistan arriva ancora una drammatica notizia. E’ morto uno dei due militari italiani feriti nell'attacco di questa mattina a Balamurghab. Il militare, secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, era stato colpito alla testa e già versava in gravissime condizioni. L’altro soldato, ferito ad una spalla, non è invece in pericolo di vita. Per ora si hanno solo notizie frammentarie, ma non dovrebbe essersi trattato di un abituale conflitto a fuoco contro i talebani. La task force che presidia l'avamposto è composta da alpini dell'8/o Reggimento di stanza in Italia a Cividale del Friuli. Profondo dolore è stato espresso dal presidente della Repubblica, Napolitano.

Spagna: arrestati dieci sospetti membri dell’Eta
La polizia spagnola ha arrestato almeno 10 sospetti sostenitori dell'Eta la notte scorsa nei Paesi Baschi. L'operazione é la prima contro gli ambienti Eta da quando l'organizzazione indipendentista basca ha annunciato, dieci giorni fa, un cessate il fuoco “generale” e “permanente” dichiarato però insufficiente dal governo del premier socialista José Luis Zapatero. Fra gli arrestati, Iker Moreno Ibanez, figlio dell'attuale portavoce della sinistra indipendentista basca Txelui Moreno. Secondo il quotidiano "El Pais" gli arrestati sono fra l'altro accusati di avere cercato di ricostituire la direzione del movimento giovanile Ekin, vicino all'Eta e di avere trasmesso documenti del gruppo armato a movimenti della sinistra basca.

Egitto
Le proteste in Tunisia rischiano di contagiare altri Paesi, come l’Egitto, dove questa mattina un giovane di 25 anni è morto dopo essersi dato fuoco sul tetto della sua abitazione. Un altro uomo si è dato fuoco al Cairo, davanti alla sede del governo.

Brasile: resta alta l'emergenza alluvioni, almeno 600 morti
Permane grave la situazione nello Stato brasiliano di Rio de Janeiro devastato dalle alluvioni con un bilancio, al momento, di oltre 600 morti. Dopo una valutazione nelle aree più colpite, Medici senza frontiere (Msf) – riferisce l’agenzia Sir - sta inviando delle équipe mediche per gestire due cliniche mobili, la prima a São José do Vale do Rio Preto, dove sono più di 1.200 gli sfollati e la seconda a Nova Friburgo, dove gli sfollati e senzatetto sarebbero oltre 5 mila. Per una testimonianza sulla situazione nelle aree alluvionate, Mariangela Jaguraba ha intervistato mons. Filippo Santoro, vescovo di Petropolis, tra le zone più colpite dalle inondazioni:RealAudioMP3

R. - La situazione, qui nella diocesi di Petropolis, è ancora complessa. Oltre a Petropolis, ho visitato Teresopolis ed un’altra città chiamata Valle do Rio Preto. Il numero maggiore delle vittime è proprio a Teresopolis, dove ci sono circa 300 morti. Da parte della Chiesa vedo una grande collaborazione, così come un grande impegno da parte di volontari provenienti da diverse parti del mondo, da parte dei volontari sul posto, della diocesi di Petropolis e dell’arcidiocesi di Rio. Stiamo coordinando i volontari, perché in questa fase c’è da ricevere le donazioni, catalogarle e - secondo le necessità - inviarle. C’è un lavoro costante, che si svolge in un clima di gratitudine sia dei giovani del posto che lavorano, sia di quelli che vengono per fare delle donazioni… Ho visto persone di tutte le condizioni che si sono offerte, per un buon periodo di tempo, per aiutare in questi soccorsi. La cosa più bella è vedere questo clima di fede che sostiene tutti coloro che sono in vita. Ringraziamo il Signore per come sta andando. Ringrazio pubblicamente la Conferenza episcopale italiana che ha versato per noi un milione di euro, che saranno utilizzati nei progetti di ricostruzione. L’aiuto più grande ci arriva dalla voglia di rinascita della gente, partendo dall’esperienza della fede, dall’esperienza della solidarietà che in questo tempo si sta rivelando sempre più grande. (mg)

Al via la visita del presidente cinese negli Usa
Con una cena alla Casa Bianca, prende il via oggi la visita del presidente cinese Hu Jintao negli Stati Uniti. Domani a Washington l’incontro ufficiale alla Casa Bianca col presidente Barack Obama. La missione prevede anche una tappa a Chicago, venerdì, prima di rientrare a Pechino. Anche se, secondo gli analisti, permangono divergenze su questioni monetarie e diritti umani, alla vigilia della partenza per Washington Hu Jintao ha messo in evidenza la necessità di cooperazione tra Usa e Cina, per trovare ''un territorio comune'' in settori come la lotta al terrorismo, l'energia pulita e le infrastrutture. Sul perché nessuna delle due superpotenze possa fare a meno dell’altra, ascoltiamo Fernando Mezzetti, commentatore di politiche asiatiche, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. - Per gli equilibri internazionali: c’è una superpotenza militare e responsabile degli equilibri mondiali e c’è la Cina che è diventata superpotenza economica e che si sta militarmente potenziando sulla scena mondiale. Gli Stati Uniti ricevono Hu Jintao come mai è avvenuto prima per un leader cinese. Questa esibizione di tappeti rossi avviene per attenuare o quantomeno gestire in modo accomodante contrasti di fondo che ci sono tra queste due grandi potenze.

D. - Permangono divergenze sulle rispettive monete, dollaro e yuan, per esempio?

R. - La settimana scorsa, il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner, ha fatto un discorso sulla Cina, in cui ha messo la sordina sulle sue critiche per il mancato apprezzamento dello yuan e riconoscendo che di fatto lo yuan si sta apprezzando, perché l’inflazione in Cina sta accelerando più di quanto non avvenga negli Stati Uniti. Un complesso discorso finanziario e valutario, ma non è questo il problema. Il problema ora è quello relativo ai contrasti strategici e, in tale ambito, da parte americana vengono riportati in primo piano i diritti umani. Ci sono due elementi: primo, un Nobel per la pace come Obama non può ignorare che il Nobel per la pace cinese, Liu Xiaobo, è tenuto dalle autorità cinesi in carcere; e, secondo, come anticipato la questione dei diritti umani viene sollevata dagli Stati Uniti in funzione strategica. La Cina si sta armando a ritmi più veloci di quanto gli americani pensassero e vuole affermare la propria supremazia nell’area. Questo suscita allarme in tutti i Paesi dell’area stessa. Si aggiunga poi che il maggior punto di crisi internazionale, insieme con l’Iran, è proprio in una regione a “giurisdizione” della Cina e cioè la Corea del Nord. (mg)

Israele
In Israele è ancora crisi politica dopo l’uscita del ministro della Difesa, Ehud Barak, dal partito laburista. Barak ha annunciato che fonderà un nuovo movimento moderato al quale sembra abbia aderito una minoranza di fedelissimi intenzionati a mantenere l’alleanza con il premier Netanyahu. Intanto, dalle Nazioni Unite giunge un severo monito a fermare gli insediamenti, mentre alcuni mezzi blindati israeliani sono entrati stamane all'interno della striscia di Gaza, nei pressi di Beit Hanun. Per il momento nella zona non si segnalano incidenti.

Libano
Il procuratore del Tribunale speciale per il Libano, il canadese Daniel Bellemare, ha depositato ieri all’Aja un atto di accusa confidenziale nel quadro dell'inchiesta sull'attentato contro l'ex premier libanese Rafiq Hariri, sei anni fa a Beirut. Annunciata per oggi una sua dichiarazione sul significato del documento. Intanto un invito a riprendere gli sforzi diplomatici per una soluzione della crisi politica dopo la caduta del governo Hariri è arrivato da Siria, Turchia e Qatar.

Iran
In Iran, 47 persone nelle ultime 3 settimane sono state impiccate. E’ la denuncia della Ong International Campaign for Human Rights, impegnata nella tutela dei diritti umani. Per la maggior parte si tratta di detenuti condannati per reati di droga, ma vi sarebbero anche alcuni attivisti politici. La notizia arriva il giorno dell'ennesimo colpo di scena sul caso di Sakineh, la donna condannata a morte per adulterio e complicità nell’omicidio del marito: le autorità di Teheran hanno prima annunciala sospensione della pena, poi hanno negato.

Sudan
In Sudan il leader dell’opposizione Hassan al-Turabi è stato arrestato ieri dalle forze di sicurezza a Khartoum. Il suo partito, di ispirazione islamica, aveva lanciato nei giorni scorsi un appello alla “rivolta popolare” per spingere il governo ad arginare l’ascesa dei prezzi. Prosegue intanto lo spoglio dei voti per il referendum sull’indipendenza del Sud del Paese. Gli osservatori dell'Unione europea, che stanno monitorando le operazioni hanno giudicato il voto “pacifico e credibile”.

Italia: il monito del Quirinale sul caso Ruby
“Adesso occorre fare chiarezza. E occorre farlo subito”. Così il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che si dice preoccupato per gli ultimi sviluppi della vicenda Ruby-Berlusconi. Il capo dello Stato smentisce la notizia di una telefonata con il premier e auspica che nelle appropriate sedi giudiziarie si proceda al più presto ad una compiuta verifica delle risultanze investigative. “Andiamo avanti, non mi dimetto”, replica il presidente del Consiglio, mentre l’opposizione chiede un ritorno alle urne, oltre che chiarezza sulle accuse di istigazione alla prostituzione. Intanto da ieri è a disposizione della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, un faldone di 389 pagine contenente verbali di intercettazioni e interrogatori sul caso Ruby.

Vent’anni dalla “Desert Storm”
Ventesimo anniversario di “Desert Storm”, l’operazione che nella notte del 17 gennaio 1991 inaugurava la prima guerra del Golfo. L’offensiva contro l’Iraq del regime di Saddam Hussein, che il precedente 2 agosto aveva invaso i territori del Kuwait era guidata dagli Stati Uniti di Bush sr, sostenuti da una vasta coalizione di 34 Paesi e l’imprimatur delle Nazioni Unite. (Panoramica internazionale a cura di Cecilia Seppia)

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 18







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