Haiti: rinviato il secondo turno delle elezioni mentre nel Paese rientra l'ex presidente
Duvalier
Nel giorno in cui il secondo turno delle elezioni presidenziali e legislative ad Haiti,
previsto per ieri, è stato rimandato a causa di ritardi nel conteggio dei voti della
prima tornata del 28 novembre scorso, nell’isola caraibica ha fatto ritorno l’ex dittatore
Jean-Claude Duvalier. Subentrato nel 1971 al padre Francois, Duvalier rimase al potere
per tre lustri, per essere poi deposto nel 1986 da una rivolta popolare. Rientrato
in patria dopo 25 anni di esilio in Francia, ha dichiarato di voler "dare un aiuto"
al proprio Paese, messo in ginocchio dal devastante terremoto di un anno fa e dall'epidemia
di colera attualmente in corso. Si può dunque prevedere un suo tentativo di riconquistare
il potere? Stefano Femminis, direttore del mensile internazionale dei Gesuiti
“Popoli”, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Al momento
direi che sia improbabile, anche se purtroppo la situazione - soprattutto in questo
ultimo anno, dopo il terremoto, ma in generale nella storia del Paese - è talmente
complicata e imprevedibile che è difficile fare ipotesi. Al momento, quello che colpisce
è appunto questo ritorno di Duvalier, proprio quando doveva tenersi il secondo turno
delle elezioni presidenziali e invece è stato rimandato nuovamente perché sono ancora
in corso contestazioni e ulteriori conteggi, rispetto al secondo classificato dopo
Mirlande Manigat. Inizialmente era stato annunciato Jude Celestin e invece sembrerebbe
prevalere, al momento, Michel Martelly. C’è questa confusione istituzionale,
che si aggiunge ad una situazione drammatica, dal punto di vista economico e sanitario:
come sappiamo, oltre al discorso del terremoto, c’è anche l’epidemia di colera non
ancora sconfitta. Quindi, tutto può accadere. Tra l’altro, il primo ministro in carica
non ha trovato scandaloso questo rientro: ha fatto una dichiarazione piuttosto conciliante,
in cui sostanzialmente dice che è un diritto di Duvalier, in quanto cittadino haitiano,
rientrare nel suo Paese. Quindi, bisognerà capire la posizione della classe dirigente
haitiana.
D. – Proprio questi ritardi nel processo elettorale e questa
confusione istituzionale possono insieme generare altre tensioni?
R.
– Già molte tensioni, con scontri e morti, sono avvenute subito dopo il primo turno
delle elezioni presidenziali: il 28 novembre. Al momento c’è una calma superficiale.
Oggi, tra l’altro, è previsto l’arrivo della presidente dell’Organizzazione degli
Stati americani, che ha l’incarico di monitorare il processo elettorale e le presidenziali.
D.
– Dalle testimonianze che avete raccolto, qual è il ruolo della Chiesa in queste ore?
R.
– La Chiesa è parte attiva e integrante della società civile haitiana, che è una società
civile ben più viva e dinamica di quello che a volte le cronache ci fanno pensare.
Si immagina spesso Haiti come un Paese totalmente dipendente dall’esterno e totalmente
rassegnato a questa storia fatta di disastri naturali, di corruzione e squilibri politici.
Invece, la società civile haitiana è assolutamente viva, con persone - lo raccontiamo
sulla nostra rivista “Popoli” - che decidono di mettere a disposizione le proprie
capacità e competenze per gli altri. Da questo punto di vista la Chiesa ha fornito
immediatamente un aiuto importante nella prima emergenza e anche adesso cerca, sia
in termini di aiuto materiale, ma pure in termini di coscienza civile, di fare un
lavoro molto difficile, complicato, di ricostruzione anche morale del Paese.(ap)