Dopo 25 anni di esilio rientrato ieri ad Haiti l’ex dittatore Duvalier
L'ex dittatore haitiano Jean-Claude Duvalier, deposto dalla rivolta popolare nel 1986
è tornato ieri a Port au Prince dalla Francia, dove ha vissuto in esilio per un quarto
di secolo. Salvatore Sabatino:
Intanto, ad
un anno dal terribile sisma che ha scosso l’isola caraibica, un libro offre il punto
di vista della popolazione sui problemi del dopo terremoto. Si tratta di “Haiti: l’innocenza
violata, chi sta rubando il futuro del Paese?”, edito da Infinito Edizioni e scritto
a quattro mani da Marco Bello e Alessandro De Marchi. Salvatore Sabatino ne ha parlato
con uno degli autori, Marco Bello:
R.
– Cuando questa raccolta di testimonianze ci siamo accorti che, di fatto, ciò che
sta succedendo è che il governo haitiano ha completamente abdicato alle sue prerogative,
mettendo nelle mani delle comunità internazionale – in particolare degli Stati Uniti
che ovviamente sono molto influenti nell’area – le prospettive per il futuro del Paese.
Nel momento in cui si definiscono le visioni e le prospettive, quello che ci dicono
gli haitiani è che loro vorrebbero partecipare a questo processo, ma ne sono stati
totalmente esclusi.
D. – Gli haitiani insomma vogliono ricostruire il loro
futuro e quello che lanciano anche dalle pagine della vostra pubblicazione è comunque
un messaggio di speranza, di voglia di fare…
R. - Assolutamente. Bisogna dire
che ad Haiti c’è una società civile molto viva che è stata decapitata e che ha subito
molte perdite e danni a causa del terremoto. Ma è una società civile che ha fatto
la storia di questo Paese, a partire dalla comunità ecclesiale di base negli anni
’70 dai movimenti contadini ai movimenti femministi intellettuali e si stanno organizzando
per cercare di portare la loro voce su quello che vorrebbero fosse la ricostruzione.
Loro hanno molte idee, hanno visioni per il futuro, hanno anche risorse e competenze
e hanno anche molte energie e voglia di fare. Ovviamente, è una galassia di organizzazioni
che cercano di coordinarsi. Ci sono anche organizzazioni per i diritti umani che si
fanno sentire.
D. – Ad un anno dal terremoto, Haiti è un Paese ancora in ginocchio,
tutto da ricostruire, piagato dal colera e con una situazione politica difficile.
Qual è la ricetta per fare rinascere l’isola?
R. – Quello che molti suggeriscono
come società civile è la creazione di un governo di transizione, un governo di consenso
nazionale, che possa in qualche modo dialogare con la comunità internazionale, di
cui hanno sicuramente bisogno. Però, possono anche mettere dei “paletti” e possono
organizzare e strutturare un percorso per uscire da questa crisi fondamentale. Bisogna
dire che, anche prima del terremoto, Haiti viveva una storia piuttosto travagliata.
R.
– I proventi di questo libro verranno devoluti a progetti di sviluppo per la società
civile haitiana. Avete già individuato qualche progetto che vi piacerebbe finanziare?
R.
– Sì, noi lavoriamo in collaborazione con l’Ong Cisv e col Progetto Mondo Mlal di
Verona. A noi piacerebbe appoggiare i contadini in modo tale che la produzione agricola
interna aumenti. Questo porterebbe a una miglior condizione di vita per le famiglie
e quindi, in ultima analisi, le famiglie riuscirebbero a seguire i bambini e alcune
tendenze, tra cui anche l’inurbamento, sarebbero frenati e si potrebbe andare verso
lo sviluppo. Certo, sarebbe una goccia nell’oceano: però noi pensiamo che un modo
di agire sarebbe quello di confrontarsi con amici e partner haitiani. Un percorso
potrebbe essere questo. Ecco perché sarebbe importante appoggiare la produzione agricola
all’interno del Paese. (bf)