2011-01-15 16:06:17

L’arcivescovo di Yangon: libertà religiosa e pace sono decisive per il futuro del Myanmar


Libertà religiosa e pace sono elementi e valori decisivi per assicurare un prospero futuro al Myanmar: è quanto afferma mons. Charles Bo, arcivescovo di Yangon, all’Agenzia Fides, commentando il messaggio del Santo Padre “Libertà religiosa, via alla pace”, contestualizzandolo nella situazione del Myanmar. Come riferito a Fides, i contenuti del messaggio sono stati illustrati dall’arcivescovo ai fedeli cattolici e anche ai funzionari e rappresentanti delle autorità statali del Myanmar, nel corso di incontri – come quello in occasione dell’anniversario dell’indipendenza del Myanmar – in cui l’arcivescovo ha potuto tracciare le prospettive per il nuovo anno, esponendo e attualizzando le parole del Papa. Il presule rimarca le parole del Messaggio: “Ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti” (n.5). Questo, sottolinea mons. Bo, è un principio universalmente valido per tutta l’umanità e tutte le nazioni. L’arcivescovo ricorda che nel XVII secolo alcuni colonizzatori cristiani hanno imposto la conversione agli indigeni birmani, affermando che casi e storie di “conversioni forzate” si sono verificate nella storia del cristianesimo ma anche in quella di atre religioni, come l’islam o il buddismo. Tali forme, ha assicurato, sono sempre da deplorare e condannare, sia per il passato sia quando si verificano nel tempo presente. Mons. Bo nota che oggi i fedeli cristiani del Myanmar, per essere promossi a posizioni sociali di un certo livello, devono abbandonare la fede cristiana; mentre in alcune aree tribali del Myanmar i simboli e edifici cristiani come le croci vengono rimossi a causa dell’influenza di missionari buddisti. L’arcivescovo rileva anche, dal Messaggio del Papa, “il sostegno che ogni comunità religiosa offre alla società”, ricordando che, prima della nazionalizzazione avvenuta nel 1965, la Chiesa cattolica del Myanmar gestiva nel paese numerose scuole e ospedali, con ottimi risultati e frutti: “A quel tempo il sistema educativo del Mynamar era noto ed eccelleva in tutta l’Asia. Dopo la nazionalizzazione, invece, si è fortemente impoverito ed è peggiorato sempre più: è un fatto innegabile”. Per questo la Chiesa cattolica auspica che – in base alla nuova Carta costituzionale e in accordo con le autorità statali – possa esserle nuovamente concessa l’autorizzazione ad aprire e gestire scuole e università private. Mons. Bo ha enfatizzato, infine, la necessità di migliorare sempre più il dialogo fra le istituzioni civili e religiose, per contribuire insieme al bene comune, al progresso e alla prosperità della nazione birmana.







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