Lunedì e martedì le consultazioni per un nuovo governo in Libano
Si terranno lunedì e martedì, in Libano, le consultazioni del presidente Suleiman
con i gruppi parlamentari sulla formazione di un nuovo esecutivo, dopo che il governo
di unità nazionale guidato da Saad Hariri è stato sciolto in seguito alle dimissioni
di dieci ministri di Hezbollah e di uno indipendente. All’origine delle dimissioni,
la protesta del movimento sciita contro la collaborazione dell’esecutivo con il Tribunale
internazionale per il Libano, che indaga sull'omicidio dell'ex premier Rafik Hariri,
padre di Saad. Ma perché il pronunciamento del Tribunale, previsto per le prossime
settimane, può creare tali tensioni? Giada Aquilino ne ha parlato con mons. Béchara
Raï, vescovo di Byblos dei maroniti e presidente della Commissione per le comunicazioni
sociali della Conferenza episcopale libanese:
R.
- Non si tratta di un giudizio finale, ma di un decreto di accusa per poter iniziare
i lavori del Tribunale stesso. Non c’è alcuna giustificazione, quindi, per questa
crisi e non c’è alcuna intenzione di legare la questione del Tribunale internazionale
alle questioni interne. Gli Hezbollah dicono di rigettiare la legittimità del Tribunale
internazionale per due motivi: perché a detta loro è un Tribunale politicizzato e
perché - sostengono - ci sono falsi testimoni. Ma nessuno dice chi sono questi falsi
testimoni. Lo scopo finale è quello di eliminare il Tribunale internazionale, ma nessuno
può farlo.
D. - Nella crisi libanese sono entrati Paesi stranieri, come
la Siria e l’Arabia Saudita, che hanno tentato una mediazione nei giorni scorsi per
superare l’impasse. Perché ritornano questi Paesi nella vita politica e sociale del
Libano?
R. - Tutta la crisi politica libanese è legata a una crisi regionale,
nazionale ed internazionale che riguarda il conflitto tra sunniti e sciiti: tra Paesi
sunniti - come l’Arabia Saudita e l’Egitto che collaborano, fra l’altro, con gli Stati
Uniti - e Paesi sciiti, capeggiati dall’Iran e dalla Siria. La questione del Tribunale
non riguarda soltanto l’assassinio di Hairiri, perché sono almeno 27 le personalità
politiche che negli ultimi 25 anni sono state assassinate e nessuno sa ancora chi
lo ha fatto. Il grande problema è questo: c’è una sorta di eliminazione reciproca,
a livello politico, tra sunniti e sciiti e chi ci va di mezzo è il Libano, con le
sue istituzioni e il suo popolo.
D. - In queste ore, quale può essere
l’impegno della Chiesa per il futuro del Libano?
R. - Dobbiamo sempre
richiamare i libanesi a guardare all’interesse comune, a guardare all’interesse del
loro Paese, ad essere al di sopra delle fazioni e ad essere al di sopra degli interessi
confessionali e personali. Altrimenti, le cose non funzioneranno mai.(mg)