Il cardinale Sarah al rientro da Haiti: anche la Chiesa contribuisce alla rinascita
del Paese
Ad un anno di distanza dal terremoto che ha provocato oltre 250 mila morti, la popolazione
di Haiti è ancora colpita da gravi emergenze, tra cui grandi difficoltà nella ricostruzione,
l’epidemia di colera e l’instabilità politica. Alla popolazione del Paese caraibico
il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum,
ha portato nei giorni scorsi il conforto e l’aiuto concreto di Benedetto XVI. Durante
la visita ad Haiti, avvenuta in occasione del primo anniversario del sisma, il porporato
ha incontrato, tra gli altri, i vescovi e i responsabili delle Caritas e delle organizzazioni
di volontariato. A tutti, il presidente di Cor Unum ha espresso la vicinanza
del Santo Padre. Il porporato è stato raggiunto telefonicamente a Port au Prince da
Amedeo Lomonaco, poco prima della partenza dal Paese caraibico:
R. – Il Santo
Padre è veramente molto vicino al popolo haitiano. Questa mia visita ha toccato molto
questa gente, perché sente la vicinanza del Santo Padre, avverte che tiene particolarmente
alla ricostruzione dell’uomo. Ricostruzione che mi sembra poi il lavoro più difficile
e più importante. Sono molto contento perché in questa visita ho avuto modo di incontrare
alcune agenzie che lavorano per aiutare la Chiesa e la gente. Vedo la grande solidarietà
e la comunione, non soltanto della Chiesa cattolica. Tante persone vengono qui per
aiutare il popolo di Haiti. E’ un popolo che forse meriterebbe un po’ più di organizzazione,
un governo più forte, però le cose vanno così. Dobbiamo continuare ad aiutare queste
persone, pregare per Haiti.
D. – La solenne liturgia in suffragio delle
vittime, tenutasi mercoledì scorso, giorno del primo anniversario del terremoto, sulla
spianata antistante la cattedrale distrutta dal sisma, ha rappresentato il momento
culminante di questa visita ad Haiti...
R. – Abbiamo celebrato l’anniversario
in modo molto commovente. E’ stato un momento di fervore ed anche di speranza. Ho
visto la Conferenza episcopale decisa a contribuire alla ricostruzione del Paese e
della Chiesa. E’ molto doloroso vedere la capitale Port au Prince completamente distrutta:
la cattedrale, le Chiese, le scuole. E’ una cosa che fa veramente soffrire.
D.
– Nel messaggio ad un anno dal terremoto, il Papa ha ricordato che “adesso è il momento
di ricostruire soprattutto la convivenza civile, sociale e religiosa”. Su quali premesse
e su quali basi può avvenire questa ricostruzione?
R. – Penso che la
Chiesa potrebbe fare un lavoro molto importante. E’ facile ricostruire le Chiese e
le case distrutte. Ma ricostruire la comunità, il popolo di Haiti, mi sembra un lavoro
più difficile. La Chiesa però, con la vicinanza del Santo Padre e con la preghiera,
potrebbe ricostruire questo popolo, che non è soltanto distrutto ma anche diviso.
E’ un popolo che si trova a vivere un momento difficile, non si sa come andranno a
finire le elezioni, si temono anche delle violenze. Penso che qui la Chiesa debba
giocare un ruolo molto importante di riconciliazione, di comunione, di lavoro insieme
per 'rifare' il popolo ed il Paese.
D. – Anche la preghiera è determinante
per ricostruire un Paese...
R. – Ho visto gente che pregava con delle
candele. Vuol dire che il popolo ha visto quanto la preghiera sia importante per ricostruire
non solo il Paese ma anche il popolo di Dio. La Chiesa e i vescovi devono quindi programmare
una pastorale di preghiera e promuovere anche delle attività di istruzione, perché
ad Haiti mancano anche le scuole e la formazione è molto importante per contribuire
a rifondare il Paese.(vv)