Terra Santa: i religiosi chiedono più facilità nel rilascio dei visti da parte di
Israele
Maggiore facilità nel rilascio dei visti da parte di Israele ai religiosi e religiose
chiamati dai loro istituti a svolgere apostolato in Terra Santa. A chiederlo sono
i rappresentanti dei 33 istituti maschili e dei 73 femminili che ieri hanno portato
la loro testimonianza ai vescovi di Usa, Ue e Canada, che compongono il Coordinamento
delle Conferenze episcopali a favore della Chiesa della Terra Santa e dell’Assemblea
dei vescovi cattolici della Terra Santa in questi giorni a Gerusalemme per una visita
di solidarietà. “Se avessimo i visti con più facilità avremmo modo di lavorare con
più serenità a vantaggio di tutta la popolazione. Il mancato o difficile rilascio
dei visti non ci permette di portare avanti il nostro lavoro pastorale. Perché essere
costretti ad aspettare?” hanno affermato i religiosi presenti in sala. Una situazione
comunque “migliore rispetto al passato – hanno riconosciuto – ma che potrebbe migliorare
ancora se Israele facilitasse il rilascio anche per il personale religioso nato in
Palestina, o in Paesi che non intrattengono relazioni diplomatiche con Israele, come
Libano e Siria. Ci sono casi di suore palestinesi nate, per esempio a Betlemme, che
non possono recarsi a Gerusalemme, che dista solo 15 chilometri, per svolgere il loro
apostolato. Sono straniere nel loro stesso Paese”. Supposti motivi di sicurezza –
riferisce l’agenzia Sir - sarebbero alla base della decisione israeliana e, hanno
spiegato i religiosi ai vescovi, “fino a quando la situazione politica rimane questa
non vediamo la soluzione al problema”. Pochi problemi invece per coloro che provengono
da Paesi europei, occidentali ed anche da Egitto e Giordania. La questione dei visti
che impedisce non poco il lavoro della Chiesa locale, in passato e anche recentemente,
è stata discussa diverse volte dalla Chiesa locale e dal nunzio apostolico, mons.
Antonio Franco con il Ministero degli Interni israeliano. La presenza dei religiosi
in Terra Santa, secondo dati forniti dalla Chiesa locale, conta 559 consacrati e 1098
consacrate suddivisi in 314 case. Svolgono attività contemplativa ma anche attiva
in ospedali, scuole e servizi sociali. “La nostra prima sfida – hanno raccontato –
è quella di condividere le condizioni di vita della popolazione, quindi di insicurezza
e instabilità a causa del conflitto, la seconda è quella di lavorare e pregare per
la pace e la giustizia senza cadere nella tentazione di vendette e rancori ed infine
la collaborazione e la cooperazione tra i vari istituti”. (R.P.)