I vescovi del Coordinamento pro-Terra Santa: la pace in Medio Oriente, un atto di
coraggio. Le parole di mons. Twal e Salam Fayyad
Libertà di movimento per i religiosi, fine del lungo negoziato tra Israele e Santa
Sede, raggiungimento di una pace giusta. A chiederlo sono i presuli di Stati Uniti,
Unione Europea e Canada, membri del Coordinamento delle Conferenze episcopali a favore
della Chiesa della Terra Santa e dell’Assemblea dei vescovi cattolici della Terra
Santa. Il servizio di Roberta Gisotti:
I nove vescovi
del Coordinamento, che stamani a Gerusalemme hanno concluso la loro visita annuale
di solidarietà in Terra Santa, esprimono - in un messaggio finale - sostegno e solidarietà
“a coloro che si prodigano nel trovare strade per contribuire alla pace e alla giustizia
lì dove maggiore è la sfiducia, la paura, e perfino l’odio e la distruzione”. Nella
nota i presuli chiedono “la conclusione del lungo negoziato tra Santa Sede e Israele
per l’Accordo fondamentale” ed esprimono vicinanza a “quelle persone la cui terra
è stata danneggiata o espropriata anche a causa delle costruzione del muro e a quelle
che vivono in difficoltà a Gaza”. I vescovi di Usa, Unione Europea e Canada, riferendosi
alla loro visita al premier palestinese, Salam Fayyad, esortano “i rispettivi leader
politici ad unirsi agli sforzi di pace messi in atto da tante persone ed organizzazioni”.
Nel contempo, si rivolgono a quelli di Israele e Palestina affinché “facciano scelte
coraggiose verso la giustizia e la pace”.
L’impegno è quello di lavorare
per “raggiungere una soluzione al conflitto che preveda due popoli e due Stati, e
quindi sicurezza e riconoscimento per Israele e uno Stato indipendente e sovrano per
i palestinesi. Lavoreremo per assicurare dignità e diritti per entrambi i popoli”.
“Continueremo – scrivono i presuli - a parlare con diplomatici e politici dei nostri
Paesi per condividere con loro le preoccupazioni delle comunità cristiani di qui,
coinvolgendo anche i nostri confratelli”. I vescovi lamentano ancora “restrizioni
al movimento dei religiosi che rendono sempre più difficile il loro apostolato”, “nonostante
i miglioramenti nella concessione dei visti”. Preghiamo – concludono – affinché Dio
benedica i popoli della Terra Santa”, incoraggiando tutti i cristiani a venirvi in
pellegrinaggio.
Sugli auspici di pace per il Medio Oriente, contenuti nel
documento finale dei vescovi del Coordinamento pro-Terra Santa, l’inviata della Radio
Vaticana, Philippa Hitchen, ha sentito il patriarca di Gerusalemme dei Latini,
mons. Fouad Twal:
R. - Questi
fallimenti, queste cadute e ricadute sono il nostro pane quotidiano. E’ per questo
che ho chiamato la nostra Chiesa “la Chiesa del Calvario”. Allo stesso tempo, però,
ho anche detto che questo Paese, questa Chiesa, questa regione è la regione delle
sorprese. Speriamo quindi di avere una bella sorpresa e di riprendere il dialogo,
di ridare a Gerusalemme la sua vocazione di città di pace per tutti quanti. Spero
che da entrambe le parti e dalla comunità internazionale non sarà mai lasciata l’ultima
parola agli estremismi, sia da una parte che dall’altra. Tocca a noi, equilibrati
e moderati, prendere in mano la situazione, per quanto possibile. Io mi auguro - e
l’ho detto anche nel messaggio di Natale - che l’Europa abbia un ruolo un po’ più
politico e non solamente finanziario o materiale in questo negoziato. Ringrazio di
cuore per tutto l’aiuto che ci viene dall’Europa e speriamo che l’anno nuovo porti
novità positive. Speriamo, inoltre, che questa crisi che abbiamo vissuto in Iraq e
in Egitto sia riuscito ad aprire gli occhi e a risvegliare le coscienze.
D.
- Quanto influenza hanno in questa regione le problematiche dell’Egitto e l’estremismo
che abbiamo visto?
R. – C’è un proverbio arabo che dice: “Non odiare
una cosa odiosa dalla quale può nascere qualche cosa di buono”. E il buono che è nato
dall’attentato di Alessandria è che ora c’è una maggiore coscienza tra i politici,
tra i capi arabi, musulmani e cristiani sul fatto che che questo fanatismo cieco non
fa bene a nessuno. Ne sono coscienti a tal punto da averci convocati ad assistere
ad un incontro di due giorni in Qatar, a Doha, al quale parteciperanno rappresentanti
della Lega araba e i capi religiosi - musulmani e cristiani - per discutere di Gerusalemme
e di questo fanatismo. Speriamo bene... (bf)
Nel corso della loro visita,
come detto, i presuli del Coordinamento hanno potuto intrattenersi a colloquio con
il premier dell’Autorità nazionale palestinese, Salam Fayyad. Philippa Hitchen
gli ha rivolto una domanda sull’attuale situazione che vivono in territorio palestinese
le minoranze religiose:
R. – The
situation in Gaza is most difficult, obviously because of the siege … La
situazione a Gaza è molto difficile: a causa dell’occupazione, ovviamente, ma anche
perché per via della separazione vi sono zone su cui l’Autorità palestinese non ha
controllo. Noi vogliamo continuare ad assicurare che in Palestina ci sia un ambiente
libero da intimidazione e discriminazione su qualsiasi fronte. Noi abbiamo una lunga
tradizione di coesistenza tra le fedi – qui il cristianesimo è nato, e lei sa quanto
io ritenga importante la presenza dei cristiani in Terra Santa e quanto stiamo cercando
in ogni modo di rafforzare la loro presenza e di porre la Chiesa in condizione di
svolgere il proprio ministero. Credo, per quanto riguarda l’Autorità palestinese di
oggi – e se Dio vorrà lo Stato di Palestina di domani – si farà in modo di rafforzare
un’atmosfera di piena tolleranza e totale rispetto, perché le persone possano praticare
la loro fede nell’ambito di affiliazioni, assemblee, riunioni di preghiera come cittadini
a pieno titolo. Spero che la situazione a Gaza possa cambiare, sia per quanto riguarda
l’occupazione che deve essere assolutamente tolta per porre fine alle sofferenze della
nostra gente, ma anche per quanto riguarda la separazione, che deve finire affinché
insieme possiamo costruire le fondamenta di questo Stato.(gf)