L'Iraq contro i Paesi del Nord Europa che rimpatriano forzatamente i suoi immigrati
Continua il calvario dei profughi iracheni immigrati in Nord Europa, dove le autorità
– riferisce l’agenzia AsiaNews - rimpatriano forzatamente i richiedenti asili, le
cui le domande vengono rifiutate. Così avviene in Gran Bretagna, Francia, Olanda,
Norvegia e Svezia, sebbene questa pratica sia stata condannata in sede di Unione europea.
A protestare è il governo di Baghdad, che tramite l’ambasciatore iracheno a Stoccolma,
Hussain al-Ameri, intervistato alla Radio Sveriges, fa sapere che è pronto ad accettare
chi torna volontariamente in Iraq, mentre permangono “questioni serie che riguardano
i rimpatri forzati”. Un accordo tra Svezia e Iraq sul rientro degli immigrati è entrato
in vigore nel 2008. Da allora, circa 5 mila iracheni sono tornati volontariamente,
mentre più di 800 sono stati rimandati indietro contro la loro volontà, stando alle
cifre fornite dal quotidiano svedese Svenska Dagbladet (SvD). Per questo, il ministro
iracheno per l’Immigrazione, Dindar Najman Shaifiq al-Dosky, ha deciso di aprire un
dialogo con Stoccolma e altri governi europei per garantire il giusto trattamento
ai richiedenti asilo respinti. Secondo l’accordo, agli iracheni non ritenuti bisognosi
di protezione e che non vogliono tornare a casa volontariamente “viene ordinato di
lasciare la Svezia”, ma si prevede anche che il rimpatrio avvenga “umanamente, su
basi ragionevoli e in modo organizzato”. Spesso però, a quanto raccontano gli stessi
profughi, queste clausole non vengono rispettate: i “deportati” arrivano all’aeroporto
di Baghdad, vengono esaminati dalle autorità irachene e poi trattenuti dalla polizia
per verificare i documenti prima di essere mandati a casa. Succede spesso, però, che
il tempo di custodia duri anche una settimana intera: famiglie con donne e bambini
fermi per giorni in stazioni di polizia con la prospettiva di uscire in strada ed
essere di nuovo alla mercé di terrorismo e criminalità. Ad ottobre 2009, un’inchiesta
della Radio svedese aveva denunciato la deportazione di iracheni, soprattutto tra
quelli appartenenti a minoranza religiose e notoriamente più esposti a persecuzione.
Amnesty International ha fatto notare che la maggior parte delle nuove domande dei
richiedenti asilo iracheni sono state respinte dopo che il Consiglio svedese per l'immigrazione
e la Corte d'appello per l’immigrazione hanno deciso nel 2009 che “in Iraq non vi
è un conflitto armato interno”. Baghdad sta cercando di chiarire l’interpretazione
svedese dell’accordo sui rimpatri, mentre il ministro per l’Immigrazione di Stoccolma,
Tobias Billström non vede motivi validi per interrompere le deportazioni e sottolinea
come il governo iracheno non abbia mai avanzato la proposta di rinegoziare l’accordo.
Voli charter con “deportati” dalla Svezia sono stati fermati più volte prima dell’inizio
dell’inverno su richiesta della Corte europea per i diritti dell’uomo, che sta esaminando
l’appello sporto dai richiedenti asilo iracheni. (R.G.)