Il Papa all'udienza generale parla di Santa Caterina da Genova, celebre per la sua
visione del Purgatorio come fuoco interiore
Il Papa, oggi, durante l’udienza generale in Vaticano, ha parlato di Santa Caterina
da Genova, nota soprattutto per la sua visione sul purgatorio. “Caterina – ha ricordato
Benedetto XVI - nacque a Genova, nel 1447; ultima di cinque figli, rimase orfana del
padre, Giacomo Fieschi, quando era in tenera età. La madre, Francesca di Negro, impartì
una valida educazione cristiana, tanto che la maggiore delle due figlie divenne religiosa.
A sedici anni, Caterina venne data in moglie a Giuliano Adorno, un uomo che, dopo
varie esperienze commerciali e militari in Medio Oriente, era rientrato a Genova per
sposarsi. La vita matrimoniale non fu facile, anche per il carattere del marito, dedito
al gioco d’azzardo. Caterina stessa fu indotta inizialmente a condurre un tipo di
vita mondana, nella quale, però, non riuscì a trovare serenità. Dopo dieci anni, nel
suo cuore c’era un senso profondo di vuoto e di amarezza. La conversione iniziò il
20 marzo 1473, grazie ad una singolare esperienza. Recatasi alla chiesa di san Benedetto
e nel monastero di Nostra Signora delle Grazie, per confessarsi, e inginocchiatasi
davanti al sacerdote, “ricevette - come ella stessa scrive - una ferita al cuore,
d’un immenso amor de Dio”, con una visione così chiara delle sue miserie e dei suoi
difetti e, allo stesso tempo, della bontà di Dio, che quasi ne svenne”.
Da
questa esperienza – ha proseguito il Papa - nacque la decisione che orientò tutta
la sua vita: “’Non più mondo, non più peccati’” (cfr Vita mirabile, 3rv). Caterina
allora fuggì, lasciando in sospeso la Confessione. Ritornata a casa, entrò nella camera
più nascosta e pianse a lungo. In quel momento fu istruita interiormente sulla preghiera
ed ebbe coscienza dell’immenso amore di Dio verso di lei peccatrice, un’esperienza
spirituale che non riusciva ad esprimere a parole (cfr Vita mirabile, 4r). E’ in questa
occasione che le apparve Gesù sofferente, carico della croce, come spesso è rappresentato
nell’iconografia della Santa. Pochi giorni dopo, tornò dal sacerdote per compiere
finalmente una buona Confessione. Iniziò qui quella “vita di purificazione” che, per
lungo tempo, le fece provare un costante dolore per i peccati commessi e la spinse
ad imporsi penitenze e sacrifici per mostrare a Dio il suo amore. In questo cammino,
Caterina si andava avvicinando sempre di più al Signore, fino ad entrare in quella
che viene chiamata “vita unitiva”, un rapporto, cioè, di unione profonda con Dio.
Nella Vita è scritto che la sua anima era guidata e ammaestrata interiormente dal
solo dolce amore di Dio, che le dava tutto ciò di cui aveva bisogno. Caterina si abbandonò
in modo così totale nelle mani del Signore da vivere, per circa venticinque anni -
come ella scrive - “senza mezzo di alcuna creatura, dal solo Dio instrutta et governata”
(Vita, 117r-118r), nutrita soprattutto dalla preghiera costante e dalla Santa Comunione
ricevuta ogni giorno, cosa non comune al suo tempo. Solo molti anni più tardi il Signore
le diede un sacerdote che avesse cura della sua anima. Caterina rimase sempre restia
a confidare e manifestare la sua esperienza di comunione mistica con Dio, soprattutto
per la profonda umiltà che provava di fronte alle grazie del Signore. Solo la prospettiva
di dar gloria a Lui e di poter giovare al cammino spirituale di altri la spinse a
narrare ciò che avveniva in lei, a partire dal momento della sua conversione, che
è la sua esperienza originaria e fondamentale. Il luogo della sua ascesa alle vette
mistiche fu l’ospedale di Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese,
del quale ella fu direttrice e animatrice”.
“Lì - ha aggiunto il Papa - si
venne formando attorno a lei un gruppo di seguaci, discepoli e collaboratori, affascinati
dalla sua vita di fede e dalla sua carità. Lo stesso marito, Giuliano Adorno, ne fu
conquistato tanto da lasciare la sua vita dissipata, diventare terziario francescano
e trasferirsi nell’ospedale per dare il suo aiuto alla moglie. L’impegno di Caterina
nella cura dei malati si svolse fino al termine del suo cammino terreno, il 15 settembre
1510. Dalla conversione alla morte non vi furono eventi straordinari, ma due elementi
caratterizzarono l’intera sua esistenza: da una parte l’esperienza mistica, cioè la
profonda unione con Dio, sentita come un’unione sponsale, e, dall’altra, l’assistenza
ai malati, l’organizzazione dell’ospedale, il servizio al prossimo, specialmente i
più bisognosi e abbandonati. Questi due poli – Dio e il prossimo – riempirono totalmente
la sua vita, trascorsa praticamente all’interno delle mura dell’ospedale”.
“Cari
amici – ha proseguito Benedetto XVI - non dobbiamo mai dimenticare che quanto più
amiamo Dio e siamo costanti nella preghiera, tanto più riusciremo ad amare veramente”
chi ci sta vicino, “perché saremo capaci di vedere in ogni persona il volto del Signore,
che ama senza limiti e distinzioni”.
“Il pensiero di Caterina sul purgatorio,
per il quale è particolarmente conosciuta, è condensato nelle ultime due parti del
libro citato all’inizio: il Trattato sul purgatorio e il Dialogo tra l’anima e il
corpo. E’ importante notare che Caterina, nella sua esperienza mistica, non ha mai
rivelazioni specifiche sul purgatorio o sulle anime che vi si stanno purificando.
Tuttavia, negli scritti ispirati dalla nostra Santa è un elemento centrale e il modo
di descriverlo ha caratteristiche originali rispetto alla sua epoca. Il primo tratto
originale riguarda il “luogo” della purificazione delle anime. Nel suo tempo lo si
raffigurava principalmente con il ricorso ad immagini legate allo spazio”.
“In
Caterina, invece, il purgatorio non è presentato come un elemento del paesaggio delle
viscere della terra: è un fuoco non esteriore, ma interiore”. La Santa – ha affermato
il Papa - parla del cammino di purificazione dell’anima verso la comunione piena con
Dio, partendo dalla propria esperienza di profondo dolore per i peccati commessi,
in confronto all’infinito amore di Dio (cfr Vita mirabile, 171v)”.
“Anche
qui – ha notato - c’è un tratto originale rispetto al pensiero del tempo. Non si parte,
infatti, dall’aldilà per raccontare i tormenti del purgatorio” e poi indicare la via
per la purificazione o la conversione, ma si parte dall’esperienza interiore dell’uomo
in cammino verso l’eternità. “L’anima - dice Caterina - si presenta a Dio ancora legata
ai desideri e alla pena che derivano dal peccato, e questo le rende impossibile godere
della visione beatifica di Dio. Caterina afferma che Dio è così puro e santo che l’anima
con le macchie del peccato non può trovarsi in presenza della divina maestà (cfr Vita
mirabile, 177r)”. “L’anima è consapevole dell’immenso amore e della perfetta giustizia
di Dio e, di conseguenza, soffre per non aver risposto in modo corretto e perfetto
a tale amore e proprio l’amore stesso di Dio” la purifica dalle sue scorie di peccato.
“In
Caterina – rileva il santo Padre - si scorge la presenza di fonti teologiche e mistiche
a cui era normale attingere nella sua epoca. In particolare si trova un’immagine tipica
di Dionigi l’Areopagita, quella, cioè, del filo d’oro che collega il cuore umano con
Dio stesso. Quando Dio ha purificato l’uomo, egli lo lega con un sottilissimo filo
d’oro, che è il suo amore, e lo attira a sé con un affetto così forte, che l’uomo
rimane come “superato e vinto e tutto fuor di sé”. Così il cuore dell’uomo viene invaso
dall’amore di Dio, che diventa l’unica guida, l’unico motore della sua esistenza (cfr
Vita mirabile, 246rv). Questa situazione di elevazione verso Dio e di abbandono alla
sua volontà, espressa nell’immagine del filo, viene utilizzata da Caterina per esprimere
l’azione della luce divina sulle anime del purgatorio, luce che le purifica e le solleva
verso gli splendori dei raggi fulgenti di Dio (cfr Vita mirabile, 179r)”.
“Cari
amici ha concluso il pontefice - i Santi, nella loro esperienza di unione con Dio,
raggiungono un “sapere” così profondo dei misteri divini, nel quale amore e conoscenza
si compenetrano, da essere di aiuto agli stessi teologi nel loro impegno di studio,
di intelligentia fidei dei misteri della fede”. “Con la sua vita, santa Caterina ci
insegna che quanto più amiamo Dio ed entriamo in intimità con Lui nella preghiera,
tanto più Egli si fa conoscere e accende il nostro cuore con il suo amore. Scrivendo
sul purgatorio, la Santa ci ricorda una verità fondamentale della fede che diventa
per noi invito a pregare per i defunti affinché possano giungere alla visione beata
di Dio nella comunione dei santi (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1032). Il
servizio umile, fedele e generoso, che la Santa prestò per tutta la sua vita nell’ospedale
di Pammatone, poi, è un luminoso esempio di carità per tutti e un incoraggiamento
specialmente per le donne che danno un contributo fondamentale alla società e alla
Chiesa con la loro preziosa opera, arricchita dalla loro sensibilità e dall’attenzione
verso i più poveri e i più bisognosi”.