2011-01-11 08:14:07

Scuole e Università chiuse in Tunisia per evitare nuove violenze. Calma apparente in Algeria


Scuole ed università chiuse in Tunisia, dopo 4 giorni di guerriglia contro il caro-vita e la disoccupazione ed una cinquantina di morti. Ieri il presidente Ben Ali ha accusato i manifestanti di ''atti di terrorismo'' e ha denunciato “ingerenze estere” che cavalcano il malcontento per la disoccupazione. Fenomeno che cercherà di combattere con la creazione di 300mila posti di lavoro. Sembra tornata la calma, invece, nella vicina Algeria, anche se resta alta la tensione dopo che il governo ha eseguito decine di arresti in seguito agli incidenti dei giorni scorsi. Ed ora quello che si teme è un effetto domino in tutto il Maghreb. Amina Belkassem: RealAudioMP3

Una “ferma condanna" per la violenza che ha sconvolto in questi giorni la Tunisia è stata espressa dall'Unione Europea, che ha anche chiesto il rilascio immediato dei dimostranti detenuti. Ed è arrivato anche l’appello dell'opposizione al presidente Ben Ali, affinché si arrivi ad una tregua tra manifestanti e polizia, dopo giorni di proteste di folle di giovani che invocano lavoro e giustizia sociale e di scontri con gli agenti. Per un’analisi su quella che è stata definita la guerra del pane in Maghreb, Giada Aquilino ha intervistato Domenico Quirico, africanista del quotidiano La Stampa: RealAudioMP3

R. – La protesta riguarda le condizioni di vita della popolazione, in particolare dei giovani tunisini ed algerini, ma di tutto il Maghreb, in cui ad un fenomeno di carattere oggettivo - cioè l’aumento dei prezzi delle materie prime, quindi l’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità - si aggiunge una situazione di disagio che è antica. Mancano prospettive di lavoro e, più generalmente, prospettive di vita e di un futuro per generazioni che sono state virtuosamente scolarizzate e che quindi dispongono di titoli di studio superiori ma che però non hanno alcuna possibilità di trasformarli in un lavoro che sia dignitoso e pari alla loro preparazione. Si trovano quindi costrette ad arrangiarsi, facendo lavori precari e cercando di sopravvivere.

D. - In Tunisia il Partito democratico progressista ha lanciato un appello al presidente Ben Ali per un cessate il fuoco ed una tregua. Che ruolo ha l’opposizione in Tunisia, dopo oltre 20 anni di potere di Ben Ali?

R. - In Tunisia non esiste un’opposizione. I rari oppositori vivono all’estero.

D. - Qual è il ruolo della comunità internazionale, ma quali anche le sue colpe?

R. - Le colpe sono immense. Cosa fare? Bisogna smetterla di far finta di non vedere, riconoscere cioè che ci sono stati 20 anni di silenzio e che bisogna passare ad una fase successiva.

D. - In Algeria, secondo le autorità, le tensioni sarebbero diminuite grazie all’adozione di misure per ridurre i prezzi dei beni alimentari. Ma basteranno questi provvedimenti alla popolazione?

R. - L’Algeria è in un momento politico delicatissimo. Il presidente è molto malato, è in corso una feroce battaglia per assicurarsi la successione, per decidere chi prenderà il potere una volta che Abdelaziz Bouteflika sarà uscito di scena. Certamente questa rivolta - che è una rivolta giovanile, in cui non ci sono capi - non ha delle prospettive politiche precise, non ha una possibilità di sviluppo concreto; anche in Algeria l’opposizione è inesistente. Può però determinare degli spostamenti di equilibrio all’interno di questo complesso gioco di potere che c’è al vertice. (vv)








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