L'Egitto richiama per consultazioni l'ambasciatore presso la Santa Sede. In serata
l'incontro in Vaticano fra l'ambasciatore egiziano e mons. Mamberti
L’Egitto ha richiamato oggi l’ambasciatrice presso la Santa Sede per consultazioni.
“La decisione, spiega in un comunicato il portavoce del ministero degli esteri Zaki,
avviene sullo sfondo delle dichiarazioni del Vaticano concernenti gli affari interni
egiziani”. In seguito all’attentato di Capodanno alla comunità copto-ortodossa di
Alessandria d’Egitto, il Papa aveva espresso solidarietà ai cristiani copti e rivolto
un appello alle autorità del Medio Oriente per la protezione, appunto, dei cristiani.
E questa sera, la signora Lamia Aly Hamada Mekhemar, ambasciatore della Repubblica
Araba di Egitto presso la Santa Sede, è stata ricevuta in Vaticano da mons. Dominique
Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Lo afferma un
comunicato del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. "Nel
corso dell’incontro - si legge nel testo - l’ambasciatore, che si recherà al Cairo
per consultazioni presso il Ministero degli Esteri egiziano, ha fatto presenti le
preoccupazioni del suo Governo nel difficile momento attuale, e ha potuto ricevere
le informazioni e raccogliere gli elementi utili per riferire adeguatamente sui recenti
interventi del Santo Padre, in particolare sulla libertà religiosa e sulla protezione
dei cristiani nel Medio Oriente. Sottolineando che la Santa Sede partecipa all’emozione
dell’intero popolo egiziano, colpito dall’attentato di Alessandria, mons. Mamberti
ha assicurato che essa condivide pienamente la preoccupazione del Governo di 'evitare
l’escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose', ed apprezza
gli sforzi che esso fa in tale direzione".
E ha suscitato un
vasto dibattito l’intenso discorso del Papa, ieri, al Corpo Diplomatico accreditato
presso la Santa Sede. Benedetto XVI ha ribadito con forza che la pace autentica passa
attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione.
Fabio Colagrande ha raccolto il commento dello storico Andrea Riccardi,
fondatore della Comunità di Sant’Egidio:
R.
– A me sembra che il Papa insista, giustamente, sul tema della libertà religiosa -
e lo ha connesso anche al discorso della pace – perché si rende conto proprio di come,
anche attraverso le difficoltà dei cristiani, la libertà religiosa sia in pericolo.
Perché i cristiani vengono colpiti? Questa è la domanda. Vengono colpiti proprio perché
rappresentano una comunità talvolta minoritaria che, però, non si piega alla logica
dell’odio e della contrapposizione. Allora come difenderla? Il Papa non solo difende
i cristiani, ma chiede libertà, sicurezza, pace per tutti, perché senza la libertà
religiosa le società si stravolgono. Noi siamo convinti, per esempio, che un Medio
Oriente senza cristiani – e noi abbiamo visto come l’Iraq sia stato depauperato della
minoranza cristiana – sarà più totalitario e sarà un problema per i musulmani stessi.
D.
– Il Papa ha detto di apprezzare lo sforzo di alcuni Paesi d’Europa che chiedono una
risposta concertata dell’Unione Europea di fronte alle violenze che subiscono i cristiani
nel Medio Oriente. Lei pensa che sia questa la via giusta per cercare di rimediare
a queste situazioni di violenza ricorrente nell’ultimo periodo?
R.
– E’ una via importante, perché non solo i governi europei, ma la stessa opinione
pubblica europea non sempre è stata sensibile alla realtà dei cristiani minoritari
o dei cristiani d’Oriente. Gli stessi cristiani in Occidente sono stati ripiegati
sui loro problemi e non hanno posto ai loro governi questa grande priorità, che è
la priorità della difesa dei cristiani e delle minoranze cristiane. Quindi, ben venga
un intervento dell’Unione Europea ed io capisco che questo intervento sia apprezzabile,
per l’effetto che può avere, ed apprezzabile anche come risveglio degli europei. “Voi
non avete resistito fino al sangue”, si legge nella Lettera agli Ebrei: spesso i cristiani
occidentali si sono persi in ragionamenti, in polemiche tutte interne al loro mondo,
dimenticando sostanzialmente la grande sfida del cristianesimo nel mondo contemporaneo;
e la grande sfida è quella di rappresentare una testimonianza forte, che non si serve
di armi o di potenza, ma attraverso la fede, la carità, diventa persuasiva, diventa
attraente, diventa comunicativa.(ap)
Il Papa, nel suo discorso al
Corpo Diplomatico, ha affermato che oggi nel mondo sono numerose le situazioni in
cui il diritto alla libertà religiosa è leso o negato. Ha parlato della crescente
emarginazione della religione nei Paesi dove si esaltano pluralismo e tolleranza.
Ha denunciato le discriminazioni contro i cristiani. Ascoltiamo in proposito il prof.
Carlo Cardìa, ordinario di Diritto ecclesiastico all’Università di Roma Tre,
al microfono di Fabio Colagrande:
R.
– Noi siamo di fronte ad un vero e proprio manifesto per la libertà religiosa, perché
vi è una visione sia teorica, ma poi planetaria, dei tanti modi in cui la libertà
religiosa subisce dei limiti, a volte molto pesanti come le persecuzioni e a volte
scendendo nella nostra realtà a pericoli sottili, che però sono quotidiani. Io vorrei
fare due esempi, di cui uno è molto noto: questa emarginazione, questa voglia di emarginare,
cancellare i simboli religiosi che non avviene in nessun’altra parte del mondo. Se
uno andasse in Asia e chiedesse di cancellare il Buddha compassionevole che è onnipresente,
le popolazioni del luogo rimarrebbero esterrefatte. Noi invece, forti del principio
di libertà religiosa, enunciato in astratto e anche concretamente tutelato, tentiamo
poi di scalfirlo, di eroderlo. Allora, l’eliminazione dei simboli religiosi è un punto,
ma ne ricordo un altro che è meno conosciuto: nella scuola adesso si fanno avanti
dei progetti di educazione sessuale obbligatoria, nella quale passano le concezioni
cosiddette relativiste, dove non c’è nessun progetto antropologico, dove si attenua
e poi si annulla la libertà di coloro che sono i destinatari dell’insegnamento. Attenzione!
Di fronte a questo tipo di insegnamento non c’è possibilità di avere il cosiddetto
esonero, di essere esentati. A questo aggiungiamo anche il fatto che vi è – e il Papa
ne parla – una tendenza a sminuire, a svilire il diritto di obiezione di coscienza
su alcune questioni, come quelle dell’aborto o quelle dell’affidamento dei bambini
a coppie che non siano eterosessuali. Io ho fatto solo degli esempi minori: è vero
che sono sottili, ma sono anche molto concreti e fanno passare una concezione per
la quale la religione è qualcosa di vecchio, di privato, che uno - se vuole - può
coltivare personalmente, ma di cui la società può tranquillamente non tenere conto.
D.
– Potremmo dire che il pericolo di queste minacce è accentuato dal fatto che si presentano
con il vestito della tolleranza, del pluralismo, quindi con un’immagine apparentemente
positiva?
R. – Sì, però è una concezione della tolleranza intollerante:
quando io impongo un certo tipo di insegnamento, allora questa tolleranza diventa
intolleranza.
D. – Il Papa osserva che spesso si crea una sorta di
scala nella gravità dell'intolleranza verso le religlioni, per la quale le discriminazioni
contro i cristiani vengono considerate meno gravi rispetto ad altre...
R.
– Io la spiego come una cosa che viene da lontano. Faccio degli esempi concreti: ormai
da anni – credo almeno da due decenni – vi sono stati dei fenomeni di oltraggio, offesa
– chiamiamola come vogliamo – ai simboli più eminenti del cristianesimo, a volte con
la scusa dell’arte, a volte senza nemmeno la scusa dell’arte, e nessuno è intervenuto,
ha protestato, dicendo che questo faceva parte della libertà di espressione. Quando
le stesse cose, anche minori, sono state fatte, sbagliando, nei confronti dell’islam
è successo – utilizzo questo termine di uso quotidiano – il putiferio che noi conosciamo.
Poi questa situazione è andata avanti e adesso noi ci ritroviamo – perché certe cose
si depositano psicologicamente nell’animo di ciascuno di noi – che quando avviene
una strage di cristiani si esprime qualche parola di dolore e finisce lì. Ecco, la
coscienza si ottunde un po’. Si manifesta, dunque, questa graduatoria dell’offesa,
allora – un concetto molto bello e drammatico che ha espresso il Pontefice – per cui
vi sono religioni che si possono offendere o, comunque, se le si offende o le si colpisce
è un male minore, ed altre per cui questo non vale. (ap)