Vescovi europei e Usa a Gerusalemme: più solidarietà per i cristiani in Medio Oriente
Prosegue il viaggio in Terra Santa del Gruppo di Coordinamento delle Conferenze episcopali
di Europa e Nord America, nei luoghi di Gesù per la loro annuale missione di sostegno
alla comunità cristiana locale. Dopo le tappe di Betlemme, Gerico, Nablus e sul fiume
Giordano, oggi i vescovi sono giunti a Gerusalemme. Qui, il patriarca latino Fouad
Twal ha affermato – riferisce il Sir - che la minoranza cristiana è preoccupata “per
i due estremismi, quello islamico con i suoi attacchi contro le chiese e i fedeli,
e quello della destra israeliana che invade sempre di più Gerusalemme cercando di
trasformarla in una città solo ebraica, escludendo le altre fedi”. “La nostra gente
– ha proseguito – ha bisogno di passi concreti nel campo della giustizia, della pace
e della dignità, ha bisogno di essere maggiormente coinvolta. Ormai non crede più
alle parole di tante personalità”. Partecipa alla visita del gruppo di Coordinamento
anche mons. Joan Enric Vives Sicilia, vescovo di Urgell, in Spagna, e coprincipe
di Andorra. Sergio Centofanti lo ha intervistato:
R. – E’ molto
importante dare appoggio a queste piccole Chiese. Quest’anno la sfida è più ecumenica
degli altri anni. Gli ortodossi hanno cominciato le celebrazioni del Natale; oggi
siamo andati tutti a portare le nostre felicitazioni al Patriarca greco-ortodosso
di Gerusalemme e a tutti i rappresentanti delle altre Chiese che sono presenti in
Terra Santa.
D. – Quale situazione avete trovato? Come stanno i cristiani
in Terra Santa?
R. – Sono sotto shock per le violenze anticristiane
a Baghdad e in Iraq in generale, e poi in particolare per quelle nella Chiesa copta
di Alessandria in Egitto. Siamo preoccupati per loro, per la situazione dei cristiani
che si trovano in minoranza negli Stati del Medio Oriente. Abbiamo, però, trovato
anche tanta speranza: la gente è coraggiosa ed è molto consapevole di quello che deve
fare, e cioè: restare qua. In molti sono preoccupati per le difficoltà della vita
quotidiana, per la mancanza di lavoro: sono problemi molto concreti e drammatici.
Ma ciò nonostante, conservano la speranza. Vogliamo condividere questa speranza con
loro, perché quando la fede si confronta anche con il martirio diviene più forte,
diviene più grande. Questa è l’esperienza che questi cristiani, nostri fratelli e
sorelle, condividono con tutti noi, cristiani d'Occidente, che siamo più stanchi…
D.
– Le comunità cristiane della Terra Santa sentono la solidarietà della Chiesa universale
o si sentono abbandonate?
R. – Pensano che si debba fare di più. Mi
dicono che ora ci sono tanti pellegrini, che i pellegrinaggi sono aumentati, e che
arriva anche la solidarietà, ma si può sempre fare di più; dobbiamo sempre avere un
pensiero, una preghiera, una comunione grande con la Chiesa madre di Gerusalemme e
con i cristiani che sono in minoranza in questi Paesi a maggioranza musulmana: specialmente
con loro! Non si sentono abbandonati, ma desiderano che questa comunione si esprima
di più e più fortemente. Dobbiamo fare degli sforzi non solo di solidarietà, ma anche
nel parlare della loro situazione agli altri Paesi e a tutte le autorità, chiedendo
di lavorare per la libertà religiosa in ogni Paese del mondo, specialmente laddove
le minoranze devono essere rispettate dagli Stati, dalle autorità e da tutti gli uomini
e le donne di buona volontà. (ap)