Protesta in Tunisia: decine le vittime. L'Ue: rilasciare i giovani arrestati
"Ferma condanna" per la violenza che sta sconvolgendo in questi giorni la Tunisia
e rilascio immediato dei dimostranti detenuti: questa la posizione dell'Unione Europea
sulla situazione in Tunisia espressa, tramite un portavoce, dall'Alto Rappresentante
per la politica estera e la sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton. In Tunisia, intanto,
è arrivato anche l’appello dell'opposizione al presidente Zin el-Abidin Ben Ali, affinché
si arrivi ad una tregua tra manifestanti e polizia, dopo giorni di proteste di folle
di giovani che invocano lavoro e giustizia sociale e di scontri con gli agenti. Il
bilancio delle vittime del week end nel nord-ovest del Paese è di 14 morti secondo
fonti governative, 28 secondo altre testimonianze, 50 stando ai siti online. Stamani
i cadaveri di altri cinque giovani sono stati scoperti a Talah. In Algeria invece
l'annuncio delle misure speciali adottate dalle autorità per ridurre i prezzi di olio
e zucchero sembra aver frenato le proteste, anche se manifestazioni si sono tenute
ieri a Ain Hadjel, circa 200 km a sud est di Algeri. Per un’analisi su quella che
è stata definita la guerra del pane in Maghreb, Giada Aquilino ha intervistato
Domenico Quirico, africanista del quotidiano La Stampa:
R. – La protesta
riguarda le condizioni di vita della popolazione, in particolare dei giovani tunisini
ed algerini, ma di tutto il Maghreb, in cui ad un fenomeno di carattere oggettivo
- cioè l’aumento dei prezzi delle materie prime, quindi l’aumento dei prezzi dei generi
di prima necessità - si aggiunge una situazione di disagio che è antica. Mancano prospettive
di lavoro e, più generalmente, prospettive di vita e di un futuro per generazioni
che sono state virtuosamente scolarizzate e che quindi dispongono di titoli di studio
superiori ma che però non hanno alcuna possibilità di trasformarli in un lavoro che
sia dignitoso e pari alla loro preparazione. Si trovano quindi costrette ad arrangiarsi,
facendo lavori precari e cercando di sopravvivere.
D. - In Tunisia il
Partito democratico progressista ha lanciato un appello al presidente Ben Ali per
un cessate il fuoco ed una tregua. Che ruolo ha l’opposizione in Tunisia, dopo oltre
20 anni di potere di Ben Ali?
R. - In Tunisia non esiste un’opposizione.
I rari oppositori vivono all’estero.
D. - Qual è il ruolo della comunità
internazionale, ma quali anche le sue colpe?
R. - Le colpe sono immense.
Cosa fare? Bisogna smetterla di far finta di non vedere, riconoscere cioè che ci sono
stati 20 anni di silenzio e che bisogna passare ad una fase successiva.
D.
- In Algeria, secondo le autorità, le tensioni sarebbero diminuite grazie all’adozione
di misure per ridurre i prezzi dei beni alimentari. Ma basteranno questi provvedimenti
alla popolazione?
R. - L’Algeria è in un momento politico delicatissimo.
Il presidente è molto malato, è in corso una feroce battaglia per assicurarsi la successione,
per decidere chi prenderà il potere una volta che Abdelaziz Bouteflika sarà uscito
di scena. Certamente questa rivolta - che è una rivolta giovanile, in cui non ci sono
capi - non ha delle prospettive politiche precise, non ha una possibilità di sviluppo
concreto; anche in Algeria l’opposizione è inesistente. Può però determinare degli
spostamenti di equilibrio all’interno di questo complesso gioco di potere che c’è
al vertice. (vv)