2011-01-10 12:45:08

Benedict al XVI către Corpul Diplomatic: Pacea autentică trece prin respectarea libertăţii religioase. Textul integral al discrusului în italiană, engleză şi franceză


(RV - 10 ianuarie 2011) „Îndemn pe toţi, responsabili politici, şefi religioşi şi persoane de orice categorie, să întreprindă cu determinare calea spre o pace autentică şi durabilă, care trece prin respectarea dreptului la libertatea religioasă în toată extensiunea sa”: este noul apel lansat de Benedict al XVI-lea luni, 10 ianuarie, în timpul tradiţionalei întâlniri de început de an cu membrii Corpului Diplomatic acreditat pe lângă Sfântul Scaun. Pacea, de fapt, se construieşte şi se păstrează numai atunci când omul poate în mod liber căuta şi sluji pe Dumnezeu în inima sa, în viaţa şi în relaţiile sale cu ceilalţi”.
Discursul a fost rostit în franceză.

În continuare, textul integral al discursului Papei, în limbile italiană, engleză şi franceza.

Eccellenze,
Signore e Signori,

Sono lieto di accogliervi per questo incontro che, ogni anno, vi riunisce intorno al Successore di Pietro, illustri Rappresentanti di così numerosi Paesi. Esso riveste un alto significato, poiché offre un’immagine e al tempo stesso un esempio del ruolo della Chiesa e della Santa Sede nella comunità internazionale. Rivolgo a ciascuno di voi saluti e voti cordiali, in particolare a quanti sono qui per la prima volta. Vi sono riconoscente per l’impegno e l’attenzione con i quali, nell’esercizio delle vostre delicate funzioni, seguite le mie attività, quelle della Curia Romana e, così, in un certo modo, la vita della Chiesa cattolica in ogni parte del mondo. Il vostro Decano, l’Ambasciatore Alejandro Valladares Lanza, si è fatto interprete dei vostri sentimenti, e lo ringrazio per gli auguri che mi ha espresso a nome di tutti. Sapendo quanto la vostra comunità è unita, sono certo che è presente oggi nel vostro pensiero l’Ambasciatrice del Regno dei Paesi Bassi, la Baronessa van Lynden-Leijten, ritornata qualche settimana fa alla casa del Padre. Mi associo nella preghiera ai vostri sentimenti di commozione.

Quando inizia un nuovo anno, nei nostri cuori e nel mondo intero risuona ancora l’eco del gioioso annuncio che è brillato venti secoli or sono nella notte di Betlemme, notte che simboleggia la condizione dell’umanità, nel suo bisogno di luce, d’amore e di pace. Agli uomini di allora come a quelli di oggi, le schiere celesti hanno recato la buona notizia dell’avvento del Salvatore: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1). Il Mistero del Figlio di Dio che diventa figlio d’uomo supera sicuramente ogni attesa umana. Nella sua gratuità assoluta, questo avvenimento di salvezza è la risposta autentica e completa al desiderio profondo del cuore. La verità, il bene, la felicità, la vita in pienezza, che ogni uomo ricerca consapevolmente o inconsapevolmente, gli sono donati da Dio. Aspirando a questi benefici, ogni persona è alla ricerca del suo Creatore, perché “solo Dio risponde alla sete che sta nel cuore di ogni uomo” (Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 23). L’umanità, in tutta la sua storia, attraverso le sue credenze e i suoi riti, manifesta un’incessante ricerca di Dio e “tali forme d’espressione sono così universali che l’uomo può essere definito un essere religioso” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 28). La dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui appartiene. Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello interpersonale.

E’ in questa verità primaria e fondamentale che si trova la ragione per cui ho indicato la libertà religiosa come la via fondamentale per la costruzione della pace, nel Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno. La pace, infatti, si costruisce e si conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel suo cuore, nella sua vita e nelle sue relazioni con gli altri.

Signore e Signori Ambasciatori, la vostra presenza in questa circostanza solenne è un invito a compiere un giro di orizzonte su tutti i Paesi che voi rappresentate e sul mondo intero. In questo panorama, non vi sono forse numerose situazioni nelle quali, purtroppo, il diritto alla libertà religiosa è leso o negato? Questo diritto dell’uomo, che in realtà è il primo dei diritti, perché, storicamente, è stato affermato per primo, e, d’altra parte, ha come oggetto la dimensione costitutiva dell’uomo, cioè la sua relazione con il Creatore, non è forse troppo spesso messo in discussione o violato? Mi sembra che la società, i suoi responsabili e l’opinione pubblica si rendano oggi maggiormente conto, anche se non sempre in modo esatto, di tale grave ferita inferta contro la dignità e la libertà dell’homo religiosus, sulla quale ho tenuto, a più riprese, ad attirare l’attenzione di tutti.

L’ho fatto durante i miei viaggi apostolici dell’anno scorso, a Malta e in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito e in Spagna. Al di là delle caratteristiche di questi Paesi, conservo di tutti un ricordo pieno di gratitudine per l’accoglienza che mi hanno riservato. L’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, che si è svolta in Vaticano nel corso del mese di ottobre, è stata un momento di preghiera e di riflessione, durante il quale il pensiero si è rivolto con insistenza verso le comunità cristiane di quelle regioni del mondo, così provate a causa della loro adesione a Cristo e alla Chiesa.

Sì, guardando verso l’Oriente, gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato. Rinnovo alle Autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare ad apportare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo. Anche in Egitto, ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa. Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose. Bisogna dirlo ancora una volta? In Medio Oriente, “i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. E’ naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione” (Messaggio al Popolo di Dio dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, 10). A tale riguardo, apprezzo l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente. Vorrei ricordare infine che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni. Incoraggio, inoltre, ad accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità. Per quanto riguarda poi gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali.

Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose. Il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione. Altre situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, possono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici. Il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi. A questo proposito, è importante che il dialogo inter-religioso favorisca un impegno comune a riconoscere e promuovere la libertà religiosa di ogni persona e di ogni comunità. Infine, come ho già ricordato, la violenza contro i cristiani non risparmia l’Africa. Gli attacchi contro luoghi di culto in Nigeria, proprio mentre si celebrava la Nascita di Cristo, ne sono un’altra triste testimonianza.

In diversi Paesi, d’altronde, la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria. Domando in particolare che sia garantita dovunque alle comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo.

In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova. D’altro canto, vorrei indirizzare una parola di incoraggiamento alle Autorità di Cuba, Paese che ha celebrato nel 2010 settantacinque anni di relazioni diplomatiche ininterrotte con la Santa Sede, affinché il dialogo che si è felicemente instaurato con la Chiesa si rafforzi ulteriormente e si allarghi.

Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto.

In tale contesto, non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto.

Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni. L’anno scorso, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di queste nazioni, come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, Episcopati, Organizzazioni e Associazioni civili o religiose, in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa, come tutte le persone - credenti ma anche non credenti - che hanno tenuto a manifestare il loro attaccamento a questo simbolo portatore di valori universali.

Riconoscere la libertà religiosa significa, inoltre, garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d’altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi. E’ preoccupante che questo servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l’educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina. Mentre parecchi di essi celebrano il secondo centenario della loro indipendenza, occasione propizia per ricordarsi del contributo della Chiesa cattolica alla formazione dell’identità nazionale, esorto tutti i governi a promuovere sistemi educativi che rispettino il diritto primordiale delle famiglie a decidere circa l’educazione dei figli e che si ispirino al principio di sussidiarietà, fondamentale per organizzare una società giusta.

Proseguendo la mia riflessione, non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione.

Signore e Signori Ambasciatori,

in questa circostanza solenne, permettetemi di esplicitare alcuni principi a cui la Santa Sede, con tutta la Chiesa cattolica, si ispira nella sua attività presso le Organizzazioni Internazionali intergovernative, al fine di promuovere il pieno rispetto della libertà religiosa per tutti. In primo luogo, la convinzione che non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei governi e dell’opinione pubblica. Al tempo stesso, si deve pure rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo. Meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. Infine, occorre affermare che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi; altrimenti, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede.

La promozione di una piena libertà religiosa delle comunità cattoliche è anche lo scopo che persegue la Santa Sede quando conclude Concordati o altri Accordi. Mi rallegro che Stati di diverse regioni del mondo e di diverse tradizioni religiose, culturali e giuridiche scelgano il mezzo delle convenzioni internazionali per organizzare i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa cattolica, stabilendo attraverso il dialogo il quadro di una collaborazione nel rispetto delle reciproche competenze. L’anno scorso è stato concluso ed è entrato in vigore un Accordo per l’assistenza religiosa dei fedeli cattolici delle forze armate in Bosnia-Erzegovina, e negoziati sono attualmente in corso in diversi Paesi. Speriamo in un esito positivo, capace di assicurare soluzioni rispettose della natura e della libertà della Chiesa per il bene di tutta la società.

L’attività dei Rappresentanti Pontifici presso Stati ed Organizzazioni internazionali è ugualmente al servizio della libertà religiosa. Vorrei rilevare con soddisfazione che le Autorità vietnamite hanno accettato che io designi un Rappresentante, che esprimerà con le sue visite alla cara comunità cattolica di quel Paese la sollecitudine del Successore di Pietro. Vorrei ugualmente ricordare che, durante l’anno passato, la rete diplomatica della Santa Sede si è ulteriormente consolidata in Africa, una presenza stabile è ormai assicurata in tre Paesi dove il Nunzio non è residente. A Dio piacendo, mi recherò ancora in quel continente, in Benin, nel novembre prossimo, per consegnare l’Esortazione Apostolica che raccoglierà i frutti dei lavori della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi.

Dinanzi a questo illustre uditorio, vorrei infine ribadire con forza che la religione non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto. Vorrei ripetere che la Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà. Invito ciascuno a riconoscere la grande lezione della storia: “Come negare il contributo delle grandi religioni del mondo allo sviluppo della civiltà? La sincera ricerca di Dio ha portato ad un maggiore rispetto della dignità dell’uomo. Le comunità cristiane, con il loro patrimonio di valori e principi, hanno fortemente contribuito alla presa di coscienza delle persone e dei popoli circa la propria identità e dignità, nonché alla conquista di istituzioni democratiche e all’affermazione dei diritti dell’uomo e dei suoi corrispettivi doveri. Anche oggi i cristiani, in una società sempre più globalizzata, sono chiamati, non solo con un responsabile impegno civile, economico e politico, ma anche con la testimonianza della propria carità e fede, ad offrire un contributo prezioso al faticoso ed esaltante impegno per la giustizia, per lo sviluppo umano integrale e per il retto ordinamento delle realtà umane” (Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2011, 7).

Emblematica, a questo proposito, è la figura della Beata Madre Teresa di Calcutta: il centenario della sua nascita è stato celebrato a Tirana, a Skopje e a Pristina come in India; un vibrante omaggio le è stato reso non soltanto dalla Chiesa, ma anche da Autorità civili e capi religiosi, senza contare le persone di tutte le confessioni. Esempi come il suo mostrano al mondo quanto l’impegno che nasce dalla fede sia benefico per tutta la società.

Che nessuna società umana si privi volontariamente dell’apporto fondamentale che costituiscono le persone e le comunità religiose! Come ricordava il Concilio Vaticano II, assicurando pienamente e a tutti la giusta libertà religiosa, la società potrà “godere dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e la sua santa volontà” (Dich. Dignitatis humanae, 6).

Ecco perché, mentre formulo voti affinché questo nuovo anno sia ricco di concordia e di reale progresso, esorto tutti, responsabili politici, capi religiosi e persone di ogni categoria, ad intraprendere con determinazione la via verso una pace autentica e duratura, che passa attraverso il rispetto del diritto alla libertà religiosa in tutta la sua estensione.

Su questo impegno, per la cui attuazione è necessario lo sforzo dell’intera famiglia umana, invoco la Benedizione di Dio Onnipotente, che ha operato la nostra riconciliazione con Lui e tra di noi, per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo, nostra pace (cfr Ef 2,14).

Buon anno a tutti!

INGLESE

ADDRESS OF HIS HOLINESS POPE BENEDICT XVI
TO THE MEMBERS OF THE DIPLOMATIC CORPS

10 January 2011


Your Excellencies,
Ladies and Gentlemen,

I am pleased to welcome you, the distinguished representatives of so many countries, to this meeting which each year assembles you around the Successor of Peter. It is a deeply significant meeting, since it is a sign and illustration of the place of the Church and of the Holy See in the international community. I offer my greetings and cordial good wishes to each of you, and particularly to those who have come for the first time. I am grateful to you for the commitment and interest with which, in the exercise of your demanding responsibilities, you follow my activities, those of the Roman Curia and thus, in some sense, the life of the Catholic Church throughout the world. Your Dean, Ambassador Alejandro Valladares Lanza, has interpreted your sentiments and I thank him for the good wishes which he has expressed to me in the name of all. Knowing how close-knit your community is, I am certain that today you are also thinking of the Ambassador of the Kingdom of the Netherlands, Baroness van Lynden-Leijten, who several weeks ago returned to the house of the Father. I prayerfully share your sentiments.

As a new year begins, our own hearts and the entire world continue to echo the joyful message proclaimed twenty centuries ago in the night of Bethlehem, a night which symbolizes humanity’s deep need for light, love and peace. To the men and women of that time, as to those of our own day, the heavenly hosts brought the good news of the coming of the Saviour: “The people who walked in darkness have seen a great light; those who dwelt in a land of deep darkness, on them has light shined” (Is 9:1). The mystery of the Son of God who became the son of man truly surpasses all human expectations. In its absolute gratuitousness this saving event is the authentic and full response to the deep desire of every heart. The truth, goodness, happiness and abundant life which each man and woman consciously or unconsciously seeks are given to us by God. In longing for these gifts, each person is seeking his Creator, for “God alone responds to the yearning present in the heart of every man and woman” (Post-Synodal Apostolic Exhortation Verbum Domini, 23). Humanity throughout history, in its beliefs and rituals, demonstrates a constant search for God and “these forms of religious expression are so universal that one may well call man a religious being” (Catechism of the Catholic Church, 28). The religious dimension is an undeniable and irrepressible feature of man’s being and acting, the measure of the fulfilment of his destiny and of the building up of the community to which he belongs. Consequently, when the individual himself or those around him neglect or deny this fundamental dimension, imbalances and conflicts arise at all levels, both personal and interpersonal.

This primary and basic truth is the reason why, in this year’s Message for World Day of Peace, I identified religious freedom as the fundamental path to peace. Peace is built and preserved only when human beings can freely seek and serve God in their hearts, in their lives and in their relationships with others.

Ladies and Gentlemen, your presence on this solemn occasion is an invitation to survey the countries which you represent and the entire world. In this panorama do we not find numerous situations in which, sadly, the right to religious freedom is violated or denied? It is indeed the first of human rights, not only because it was historically the first to be recognized but also because it touches the constitutive dimension of man, his relation with his Creator. Yet is this fundamental human right not all too often called into question or violated? It seems to me that society, its leaders and public opinion are becoming more and more aware, even if not always in a clear way, of this grave attack on the dignity and freedom of homo religiosus, which I have sought on numerous occasions to draw to the attention of all.

I did so during the past year in my Apostolic Journeys to Malta, Portugal, Cyprus, the United Kingdom and Spain. Above and beyond the diversity of those countries, I recall with gratitude their warm welcome. The Special Assembly for the Middle East of the Synod of Bishops, which took place in the Vatican in October, was a moment of prayer and reflection in which our thoughts turned insistently to the Christian communities in that part of the world which suffer greatly because of their fidelity to Christ and the Church.

Looking to the East, the attacks which brought death, grief and dismay among the Christians of Iraq, even to the point of inducing them to leave the land where their families have lived for centuries, has troubled us deeply. To the authorities of that country and to the Muslim religious leaders I renew my heartfelt appeal that their Christian fellow-citizens be able to live in security, continuing to contribute to the society in which they are fully members. In Egypt too, in Alexandria, terrorism brutally struck Christians as they prayed in church. This succession of attacks is yet another sign of the urgent need for the governments of the region to adopt, in spite of difficulties and dangers, effective measures for the protection of religious minorities. Need we repeat it? In the Middle East, Christians are original and authentic citizens who are loyal to their fatherland and assume their duties toward their country. It is natural that they should enjoy all the rights of citizenship, freedom of conscience, freedom of worship and freedom in education, teaching and the use of the mass media” (Message to the People of God of the Special Asembly for the Middle East of the Synod of Bishops, 10). I appreciate the concern for the rights of the most vulnerable and the political farsightedness which some countries in Europe have demonstrated in recent days by their call for a concerted response on the part of the European Union for the defence of Christians in the Middle East. Finally, I would like to state once again that the right to religious freedom is not fully respected when only freedom of worship is guaranteed, and that with restrictions. Furthermore, I encourage the accompaniment of the full safeguarding of religious freedom and other humans rights by programmes which, beginning in primary school and within the context of religious instruction, will educate everyone to respect their brothers and sisters in humanity. Regarding the states of the Arabian Peninsula, where numerous Christian immigrant workers live, I hope that the Catholic Church will be able to establish suitable pastoral structures.

Among the norms prejudicing the right of persons to religious freedom, particular mention must be made of the law against blasphemy in Pakistan: I once more encourage the leaders of that country to take the necessary steps to abrogate that law, all the more so because it is clear that it serves as a pretext for acts of injustice and violence against religious minorities. The tragic murder of the governor of Punjab shows the urgent need to make progress in this direction: the worship of God furthers fraternity and love, not hatred and division. Other troubling situations, at times accompanied by acts of violence, can be mentioned in south and south-east Asia, in countries which for that matter have a tradition of peaceful social relations. The particular influence of a given religion in a nation ought never to mean that citizens of another religion can be subject to discrimination in social life or, even worse, that violence against them can be tolerated. In this regard, it is important for interreligious dialogue to favour a common commitment to recognizing and promoting the religious freedom of each person and community. And, as I remarked earlier, violence against Christians does not spare Africa. Attacks on places of worship in Nigeria during the very celebrations marking the birth of Christ are another sad proof of this.

In a number of countries, on the other hand, a constitutionally recognized right to religious freedom exists, yet the life of religious communities is in fact made difficult and at times even dangerous (cf. Dignitatis Humanae, 15) because the legal or social order is inspired by philosophical and political systems which call for strict control, if not a monopoly, of the state over society. Such inconsistencies must end, so that believers will not find themselves torn between fidelity to God and loyalty to their country. I ask in particular that Catholic communities be everywhere guaranteed full autonomy of organization and the freedom to carry out their mission, in conformity with international norms and standards in this sphere.

My thoughts turn once again to the Catholic community of mainland China and its pastors, who are experiencing a time of difficulty and trial. I would also like to offer a word of encouragement to the authorities of Cuba, a country which in 2010 celebrated seventy-five years of uninterrupted diplomatic relations with the Holy See, that the dialogue happily begun with the Church may be reinforced and expanded.

Turning our gaze from East to West, we find ourselves faced with other kinds of threats to the full exercise of religious freedom. I think in the first place of countries which accord great importance to pluralism and tolerance, but where religion is increasingly being marginalized. There is a tendency to consider religion, all religion, as something insignificant, alien or even destabilizing to modern society, and to attempt by different means to prevent it from having any influence on the life of society. Christians are even required at times to act in the exercise of their profession with no reference to their religious and moral convictions, and even in opposition to them, as for example where laws are enforced limiting the right to conscientious objection on the part of health care or legal professionals.

In this context, one can only be gratified by the adoption by the Council of Europe last October of a resolution protecting the right to conscientious objection on the part of medical personnel vis-à-vis certain acts which gravely violate the right to life, such as abortion.

Another sign of the marginalization of religion, and of Christianity in particular, is the banning of religious feasts and symbols from civic life under the guise of respect for the members of other religions or those who are not believers. By acting in this way, not only is the right of believers to the public expression of their faith restricted, but an attack is made on the cultural roots which nourish the profound identity and social cohesion of many nations. Last year, a number of European countries supported the appeal lodged by the Italian government in the well-known case involving the display of the crucifix in public places. I am grateful to the authorities of those nations, as well as to all those who became involved in the issue, episcopates, civil and religious organizations and associations, particularly the Patriarchate of Moscow and the other representatives of the Orthodox hierarchy, as well as to all those – believers and non-believers alike – who wished to show their sympathy for this symbol, which bespeaks universal values.

Acknowledging religious freedom also means ensuring that religious communities can operate freely in society through initiatives in the social, charitable or educational sectors. Throughout the world, one can see the fruitful work accomplished by the Catholic Church in these areas. It is troubling that this service which religious communities render to society as a whole, particularly through the education of young people, is compromised or hampered by legislative proposals which risk creating a sort of state monopoly in the schools; this can be seen, for example, in certain countries in Latin America. Now that many of those countries are celebrating the second centenary of their independence – a fitting time for remembering the contribution made by the Catholic Church to the development of their national identity – I exhort all governments to promote educational systems respectful of the primordial right of families to make decisions about the education of their children, systems inspired by the principle of subsidiarity which is basic to the organization of a just society.

Continuing my reflection, I cannot remain silent about another attack on the religious freedom of families in certain European countries which mandate obligatory participation in courses of sexual or civic education which allegedly convey a neutral conception of the person and of life, yet in fact reflect an anthropology opposed to faith and to right reason.

Ladies and Gentlemen, on this solemn occasion, allow me to state clearly several principles which inspire the Holy See, together with the whole Catholic Church, in its activity within the intergovernmental International Organizations for the promotion of full respect for the religious freedom of all. First, the conviction that one cannot create a sort of scale of degrees of religious intolerance. Unfortunately, such an attitude is frequently found, and it is precisely acts of discrimination against Christians which are considered less grave and less worthy of attention on the part of governments and public opinion. At the same time, there is a need to reject the dangerous notion of a conflict between the right to religious freedom and other human rights, thus disregarding or denying the central role of respect for religious freedom in the defence and protection of fundamental human dignity. Even less justifiable are attempts to counter the right of religious freedom with other alleged new rights which, while actively promoted by certain sectors of society and inserted in national legislation or in international directives, are nonetheless merely the expression of selfish desires lacking a foundation in authentic human nature. Finally, it seems unnecessary to point out that an abstract proclamation of religious freedom is insufficient: this fundamental rule of social life must find application and respect at every level and in all areas; otherwise, despite correct affirmations of principle, there is a risk that deep injustice will be done to citizens wishing to profess and freely practise their faith.

Promoting the full religious freedom of Catholic communities is also the aim of the Holy See in signing Concordats and other agreements. I am gratified that states in different parts of the world, and of different religious, cultural and juridical traditions, choose international conventions as a means of organizing relations between the political community and the Catholic Church, thus establishing through dialogue a framework of cooperation and respect for reciprocal areas of competence. Last year witnessed the signing and implementation of an Agreement for the religious assistance of the Catholic faithful in the armed forces in Bosnia and Herzegovina, and negotiations are presently under way with different countries. We trust that they will have a positive outcome, ensuring solutions respectful of the nature and freedom of the Church for the good of society as a whole.

The activity of the Papal Representatives accredited to states and international organizations is likewise at the service of religious freedom. I would like to point out with satisfaction that the Vietnamese authorities have accepted my appointment of a Representative who will express the solicitude of the Successor of Peter by visiting the beloved Catholic community of that country. I would also like to mention that in the past year the diplomatic presence of the Holy See was expanded in Africa, since a stable presence is now assured in three countries without a resident Nuncio. God willing, I will once more travel to that continent, to Benin next November, in order to consign the Apostolic Exhortation which will gather the fruits of the labours of the second Special Assembly for Africa of the Synod of Bishops.

Before this distinguished assembly, I would like once more to state forcefully that religion does not represent a problem for society, that it is not a source of discord or conflict. I would repeat that the Church seeks no privileges, nor does she seek to intervene in areas unrelated to her mission, but simply to exercise the latter with freedom. I invite everyone to acknowledge the great lesson of history: “How can anyone deny the contribution of the world’s great religions to the development of civilization? The sincere search for God has led to greater respect for human dignity. Christian communities, with their patrimony of values and principles, have contributed much to making individuals and peoples aware of their identity and their dignity, the establishment of democratic institutions and the recognition of human rights and their corresponding duties. Today too, in an increasingly globalized society, Christians are called, not only through their responsible involvement in civic, economic and political life but also through the witness of their charity and faith, to offer a valuable contribution to the laborious and stimulating pursuit of justice, integral human development and the right ordering of human affairs” (Message for the Celebration of World Peace Day, 1 January 2011, 7).

A clear example of this was Blessed Mother Teresa of Calcutta: the centenary of her birth was celebrated at Tirana, Skopje and Pristina as well as in India, and a moving homage was paid to her not only by the Church but also by civil authorities and religious leaders, to say nothing of people of all religions. People like her show the world the extent to which the commitment born of faith is beneficial to society as a whole.

May no human society willingly deprive itself of the essential contribution of religious persons and communities! As the Second Vatican Council recalled, by guaranteeing just religious freedom fully and to all, society can “enjoy the benefits of justice and peace which result from faithfulness to God and his holy will” (Declaration Dignitatis Humanae, 6).

For this reason, as we exchange good wishes for a new year rich in concord and genuine progress, I exhort everyone, political and religious leaders and persons of every walk of life, to set out with determination on the path leading to authentic and lasting peace, a path which passes through respect for the right to religious freedom in all its fullness.

On this commitment, whose accomplishment calls for the involvement of the whole human family, I invoke the blessing of Almighty God, who has reconciled us with himself and with one another through his Son Jesus Christ our peace (Eph 2:14).

A Happy New Year to all!
Excellences,
Mesdames et Messieurs,



FRANCESE

Je suis heureux de vous accueillir pour cette rencontre qui, chaque année, vous réunit autour du Successeur de Pierre, illustres Représentants de si nombreux pays. Elle revêt une haute signification, car elle est une image en même temps qu’une illustration du rôle de l’Eglise et du Saint-Siège dans la communauté internationale. J’adresse à chacun de vous des salutations et des vœux cordiaux, en particulier à ceux qui sont ici pour la première fois. Je vous suis reconnaissant pour l’engagement et l’attention avec lesquels, dans l’exercice de vos délicates fonctions, vous suivez mes activités, celles de la Curie romaine et, ainsi, d’une certaine façon, la vie de l’Eglise catholique partout dans le monde. Votre Doyen, l’Ambassadeur Alejandro Valladares Lanza, s’est fait l’interprète de vos sentiments, et je le remercie pour les souhaits qu’il m’a exprimés au nom de tous. Sachant combien votre communauté est unie, je suis sûr qu’est présente aujourd’hui dans votre pensée l’Ambassadrice du Royaume des Pays-Bas, la Baronne van Lynden-Leijten, retournée il y a quelques semaines à la maison du Père. Je m’associe dans la prière à votre émotion.

Alors que commence une année nouvelle, en nos cœurs et dans le monde entier résonne encore l’écho de la joyeuse annonce qui a éclaté voici vingt siècles dans la nuit de Bethléem, nuit qui symbolise la condition de l’humanité, dans son besoin de lumière, d’amour et de paix. Aux hommes d’alors comme à ceux d’aujourd’hui, les armées célestes ont apporté la bonne nouvelle de l’avènement du Sauveur : « Le peuple qui marchait dans les ténèbres a vu se lever une grande lumière ; sur ceux qui habitaient le pays de l’ombre, une lumière a resplendi » (Is. 9, 1). Le Mystère du Fils de Dieu qui devient fils d’homme dépasse assurément toute attente humaine. Dans sa gratuité absolue, cet événement de salut est la réponse authentique et complète au désir profond du cœur. La vérité, le bien, le bonheur, la vie en plénitude que chaque homme recherche consciemment ou inconsciemment lui sont donnés par Dieu. En aspirant à ces bienfaits, toute personne est à la recherche de son Créateur, parce que « seul Dieu répond à la soif qui est dans le cœur de tout homme » (Exhortation Apostolique post-synodale Verbum Domini, n. 23). L’humanité, dans toute son histoire, à travers ses croyances et ses rites, montre une incessante recherche de Dieu et « ces formes d’expression sont tellement universelles que l’on peut appeler l’homme un être religieux » (Catéchisme de l’Eglise catholique, n. 28). La dimension religieuse est une caractéristique indéniable et incoercible de l’être et de l’agir de l’homme, la mesure de la réalisation de son destin et de la construction de la communauté à laquelle il appartient. Par conséquent, quand l’individu lui-même ou ceux qui l’entourent négligent ou nient cet aspect fondamental, se créent des déséquilibres et des conflits à tous les niveaux, aussi bien au plan personnel qu’au plan interpersonnel.

C’est dans cette vérité première et fondamentale que se trouve la raison pour laquelle j’ai indiqué la liberté religieuse comme la voie fondamentale pour la construction de la paix, dans le Message pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix de cette année. La paix, de fait, se construit et se conserve seulement quand l’homme peut librement chercher et servir Dieu dans son cœur, dans sa vie et dans ses relations avec les autres.

Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs, votre présence en cette circonstance solennelle est une invitation à accomplir un tour d’horizon sur tous les pays que vous représentez et sur le monde entier. Dans ce panorama, n’y a-t-il pas de nombreuses situations, dans lesquelles, malheureusement, le droit à la liberté religieuse est lésé ou nié ? Ce droit de l’homme, qui est en réalité le premier des droits, parce que, historiquement, il a été affirmé en premier, et que, d’autre part, il a comme objet la dimension constitutive de l’homme, c’est à dire sa relation avec son Créateur, n’est-il pas trop souvent mis en discussion ou violé ? Il me semble que la société, ses responsables et l’opinion publique se rendent compte aujourd’hui davantage, même si ce n’est pas toujours de façon exacte, de cette grave blessure portée contre la dignité et la liberté de l’homo religiosus, sur laquelle j’ai tenu, à de nombreuses reprises, à attirer l’attention de tous.

Je l’ai fait durant mes voyages apostoliques de l’année dernière, à Malte et au Portugal, à Chypre, au Royaume Uni et en Espagne. Au-delà des caractéristiques diverses de ces pays, je conserve de tous un souvenir plein de gratitude pour l’accueil qu’ils m’ont réservé. L’Assemblée spéciale du Synode des Evêques pour le Moyen-Orient, qui s’est déroulée au Vatican au cours du mois d’octobre, a été un moment de prière et de réflexion, durant lequel la pensée s’est dirigée avec insistance vers les communautés chrétiennes de cette région du monde, si éprouvées à cause de leur adhésion au Christ et à l’Eglise.

Oui, regardant vers l’Orient, les attentats qui ont semé mort, douleur et désarroi parmi les chrétiens d’Iraq, au point de les inciter à quitter la terre où leurs pères ont vécu pendant des siècles, nous ont profondément accablés. Je renouvelle aux Autorités de ce pays et aux chefs religieux musulmans mon appel anxieux à œuvrer afin que leurs concitoyens chrétiens puissent vivre en sécurité et continuer à apporter leur contribution à la société dont ils sont membres à plein titre. En Egypte aussi, à Alexandrie, le terrorisme a frappé brutalement des fidèles en prière dans une église. Cette succession d’attaques est un signe de plus de l’urgente nécessité pour les Gouvernements de la Région d’adopter, malgré les difficultés et les menaces, des mesures efficaces pour la protection des minorités religieuses. Faut-il encore une fois le dire ? Au Moyen-Orient, « les chrétiens sont des citoyens originels et authentiques, loyaux à leurs patries et s’acquittant de tous leurs devoirs nationaux. Il est naturel qu’ils puissent jouir de tous les droits de la citoyenneté, de la liberté de conscience et de culte, de la liberté dans le domaine de l’éducation et de l’enseignement et dans l’usage des moyens de communication. » (Message au Peuple de Dieu de l’Assemblée Spéciale pour le Moyen-Orient du Synode des Evêques, n. 10). A cet égard, j’apprécie l’attention pour les droits des plus faibles et la clairvoyance politique dont certains pays d’Europe ont fait preuve ces derniers jours, en demandant une réponse concertée de l’Union Européenne afin que les chrétiens soient défendus au Moyen-Orient. Je voudrais rappeler enfin que le droit à la liberté religieuse n’est pas pleinement appliqué là où est garantie seulement la liberté de culte, qui plus est, avec des limitations. En outre, j’encourage à accompagner la pleine sauvegarde de la liberté religieuse et des autres droits humains par des programmes qui, depuis l’école primaire et dans le cadre de l’enseignement religieux, éduquent au respect de tous les frères en humanité. Pour ce qui concerne les Etats de la Péninsule Arabique, où vivent de nombreux travailleurs immigrés chrétiens, je souhaite que l’Eglise catholique puisse disposer des structures pastorales appropriées.

Parmi les normes qui lèsent le droit des personnes à la liberté religieuse, une mention particulière doit être faite de la loi contre le blasphème au Pakistan: j’encourage à nouveau les Autorités de ce pays à faire les efforts nécessaires pour l’abroger, d’autant plus qu’il est évident qu’elle sert de prétexte pour provoquer injustices et violences contre les minorités religieuses. Le tragique assassinat du Gouverneur du Pendjab montre combien il est urgent de procéder dans ce sens : la vénération à l’égard de Dieu promeut la fraternité et l’amour, et non pas la haine et la division. D’autres situations préoccupantes, avec parfois des actes de violence, peuvent être mentionnées dans le Sud et Sud-est du continent asiatique, dans des pays qui ont pourtant une tradition de rapports sociaux pacifiques. Le poids particulier d’une religion déterminée dans une nation ne devrait jamais impliquer que les citoyens appartenant à une autre confession soient discriminés dans la vie sociale ou, pire encore, que soit tolérée la violence à leur encontre. A cet égard, il est important que le dialogue interreligieux favorise un engagement commun à reconnaître et promouvoir la liberté religieuse de toute personne et de toute communauté. Enfin, comme je l’ai déjà rappelé, la violence contre les chrétiens n’épargne pas l’Afrique. Les attaques contre des lieux de culte au Nigeria, alors même que l’on célébrait la Nativité du Christ, en sont un autre triste témoignage.

Dans divers pays, d’autre part, la Constitution reconnaît une certaine liberté religieuse, mais, de fait, la vie des communautés religieuses est rendue difficile et parfois même précaire (cf. Concile Vatican II, Déclaration Dignitatis Humanae, n. 15) parce que l’ordonnancement juridique ou social s’inspire de systèmes philosophiques et politiques qui postulent un strict contrôle, pour ne pas dire un monopole, de l’Etat sur la société. Il faut que cessent de telles ambiguïtés, de manière à ce que les croyants ne se trouvent pas tiraillés entre la fidélité à Dieu et la loyauté à leur patrie. Je demande en particulier que soit garantie partout aux communautés catholiques la pleine autonomie d’organisation et la liberté d’accomplir leur mission, conformément aux normes et standards internationaux en ce domaine.

En ce moment, ma pensée se tourne à nouveau vers la communauté catholique de la Chine continentale et ses Pasteurs, qui vivent un moment de difficulté et d’épreuve. Par ailleurs, je voudrais adresser une parole d’encouragement aux Autorités de Cuba, pays qui a célébré en 2010 soixante-quinze ans de relations diplomatiques ininterrompues avec le Saint-Siège, afin que le dialogue qui s’est heureusement instauré avec l’Eglise se renforce encore et s’élargisse.

Déplaçant notre regard de l’Orient à l’Occident, nous nous trouvons face à d’autres types de menaces contre le plein exercice de la liberté religieuse. Je pense, en premier lieu, à des pays dans lesquels on accorde une grande importance au pluralisme et à la tolérance, mais où la religion subit une croissante marginalisation. On tend à considérer la religion, toute religion, comme un facteur sans importance, étranger à la société moderne ou même déstabilisant et l’on cherche par divers moyens à en empêcher toute influence dans la vie sociale. On en arrive ainsi à exiger que les chrétiens agissent dans l’exercice de leur profession sans référence à leurs convictions religieuses et morales, et même en contradiction avec celles-ci, comme, par exemple, là où sont en vigueur des lois qui limitent le droit à l’objection de conscience des professionnels de la santé ou de certains praticiens du droit.

Dans ce contexte, on ne peut que se réjouir de l’adoption par le Conseil de l’Europe, au mois d’octobre dernier, d’une Résolution qui protège le droit du personnel médical à l’objection de conscience face à certains actes qui lèsent gravement le droit à la vie, comme l’avortement.

Une autre manifestation de la marginalisation de la religion, et, en particulier, du christianisme, consiste dans le bannissement de la vie publique des fêtes et des symboles religieux, au nom du respect à l’égard de ceux qui appartiennent à d’autres religions ou de ceux qui ne croient pas. En agissant ainsi, non seulement on limite le droit des croyants à l’expression publique de leur foi, mais on se coupe aussi des racines culturelles qui alimentent l’identité profonde et la cohésion sociale de nombreuses nations. L’année dernière, certains pays européens se sont associés au recours du Gouvernement italien dans la cause bien connue concernant l’exposition du crucifix dans les lieux publics. Je désire exprimer ma gratitude aux Autorités de ces nations, ainsi qu’à tous ceux qui se sont engagés dans ce sens, Episcopats, Organisations et associations civiles ou religieuses, en particulier le Patriarcat de Moscou et les autres représentants de la hiérarchie orthodoxe, ainsi qu’à toutes les personnes - croyants mais aussi non-croyants - qui ont tenu à manifester leur attachement à ce symbole porteur de valeurs universelles.

Reconnaître la liberté religieuse signifie, en outre, garantir que les communautés religieuses puissent opérer librement dans la société, par des initiatives dans les secteurs social, caritatif ou éducatif. Partout dans le monde, d’ailleurs, on peut constater la fécondité des œuvres de l’Eglise catholique en ces domaines. Il est préoccupant que ce service que les communautés religieuses rendent à toute la société, en particulier pour l’éducation des jeunes générations, soit compromis ou entravé par des projets de loi qui risquent de créer une sorte de monopole étatique en matière scolaire, comme on le constate par exemple dans certains pays d’Amérique Latine. Alors que plusieurs d’entre eux célèbrent le deuxième centenaire de leur indépendance, occasion propice pour se souvenir de la contribution de l’Eglise catholique à la formation de l’identité nationale, j’exhorte tous les Gouvernements à promouvoir des systèmes éducatifs qui respectent le droit primordial des familles à décider de l’éducation des enfants et qui s’inspirent du principe de subsidiarité, fondamental pour organiser une société juste.

Poursuivant ma réflexion, je ne puis passer sous silence une autre atteinte à la liberté religieuse des familles dans certains pays européens, là où est imposée la participation à des cours d’éducation sexuelle ou civique véhiculant des conceptions de la personne et de la vie prétendument neutres, mais qui en réalité reflètent une anthropologie contraire à la foi et à la juste raison.

Mesdames et Messieurs les Ambassadeurs,

En cette circonstance solennelle, permettez-moi d’expliciter quelques principes dont le Saint-Siège, avec toute l’Eglise catholique, s’inspire dans son activité auprès des Organisations Internationales intergouvernementales, afin de promouvoir le plein respect de la liberté religieuse pour tous. En premier lieu, c’est la conviction que l’on ne peut créer une sorte d’échelle dans la gravité de l’intolérance envers les religions. Malheureusement, une telle attitude est fréquente, et ce sont précisément les actes discriminatoires contre les chrétiens qui sont considérés comme moins graves, moins dignes d’attention de la part des gouvernements et de l’opinion publique. En même temps, on doit aussi refuser le contraste périlleux que certains veulent instaurer entre le droit à la liberté religieuse et les autres droits de l’homme, oubliant ou niant ainsi le rôle central du respect de la liberté religieuse dans la défense et la protection de la haute dignité de l’homme. Moins justifiables encore sont les tentatives d’opposer au droit à la liberté religieuse de prétendus nouveaux droits, activement promus par certains secteurs de la société et insérés dans des législations nationales ou dans des directives internationales, mais qui ne sont, en réalité, que l’expression de désirs égoïstes et ne trouvent pas leur fondement dans l’authentique nature humaine. Enfin, il faut affirmer qu’une proclamation abstraite de la liberté religieuse n’est pas suffisante : cette norme fondamentale de la vie sociale doit trouver application et respect à tous les niveaux et dans tous les domaines; autrement, malgré de justes affirmations de principe, on risque de commettre de profondes injustices à l’égard des citoyens qui souhaitent professer et pratiquer librement leur foi.

La promotion d’une pleine liberté religieuse des communautés catholiques est aussi le but que recherche le Saint-Siège quand il conclut des Concordats ou autres Accords. Je me réjouis que des Etats de diverses régions du monde et de diverses traditions religieuses, culturelles et juridiques choisissent le moyen de Conventions internationales pour organiser les rapports entre la communauté politique et l’Eglise catholique, établissant par le dialogue le cadre d’une collaboration dans le respect des compétences réciproques. L’année dernière, a été conclu et est entré en vigueur un Accord pour l’assistance religieuse des fidèles catholiques des forces armées en Bosnie-Herzégovine, et des négociations sont actuellement en cours dans divers pays. Nous en espérons une issue positive, assurant des solutions respectueuses de la nature et de la liberté de l’Eglise pour le bien de toute la société.

L’activité des Représentants Pontificaux auprès des Etats et des Organisations internationales est également au service de la liberté religieuse. Je voudrais relever avec satisfaction que les Autorités vietnamiennes ont accepté que je désigne un Représentant, qui exprimera par ses visites à la chère communauté catholique de ce pays la sollicitude du Successeur de Pierre. Je voudrais également rappeler que, durant l’année dernière, le réseau diplomatique du Saint-Siège s’est encore renforcé en Afrique, une présence stable étant désormais assurée dans trois pays où le Nonce n’est pas résident. S’il plaît à Dieu, je me rendrai encore dans ce continent, au Bénin, en novembre prochain, pour remettre l’Exhortation Apostolique qui recueillera les fruits des travaux de la deuxième Assemblée Spéciale pour l’Afrique du Synode des Evêques.

Devant cet illustre auditoire, je voudrais enfin redire avec force que la religion ne constitue pas pour la société un problème, qu’elle n’est pas un facteur de trouble ou de conflit. Je voudrais répéter que l’Eglise ne recherche pas de privilèges, ni ne veut intervenir dans des domaines étrangers à sa mission, mais simplement exercer celle-ci avec liberté. J’invite chacun à reconnaître la grande leçon de l’histoire : « Comment nier la contribution des grandes religions du monde au développement de la civilisation ? La recherche sincère de Dieu a conduit à un plus grand respect de la dignité de l’homme. Les communautés chrétiennes, avec leur patrimoine de valeurs et de principes, ont fortement contribué à la prise de conscience de la part des personnes et des peuples, de leur identité et de leur dignité, de même qu’à la conquête d’institutions démocratiques et à l’affirmation des droits de l’homme ainsi que des devoirs correspondants. Aujourd’hui encore, dans une société toujours plus mondialisée, les chrétiens sont appelés, non seulement à un engagement civil, économique et politique responsable, mais aussi au témoignage de leur charité et de leur foi, à offrir une contribution précieuse à l’engagement rude et exaltant pour la justice, le développement humain intégral et le juste ordonnancement des réalités humaines » (Message pour la célébration de la Journée Mondiale de la Paix, 1er janvier 2011, n. 7).

Emblématique, à cet égard, est la figure de la Bienheureuse Mère Teresa de Calcutta : le centenaire de sa naissance a été célébré à Tirana, à Skopje et à Pristina comme en Inde ; un vibrant hommage lui a été rendu non seulement par l’Eglise, mais aussi par des Autorités civiles et des chefs religieux, sans compter les personnes de toutes confessions. Des exemples comme le sien montrent au monde combien l’engagement qui naît de la foi est bénéfique à toute la société.

Qu’aucune société humaine ne se prive volontairement de l’apport fondamental que constituent les personnes et les communautés religieuses ! Comme le rappelait le Concile Vatican II, en assurant pleinement et à tous la juste liberté religieuse, la société pourra ainsi « jouir des biens de la justice et de la paix découlant de la fidélité des hommes envers Dieu et sa sainte volonté » (Déclaration Dignitatis Humanae, n. 6).

Voici pourquoi, alors que nous formons des vœux afin que cette nouvelle année soit riche de concorde et de réel progrès, j’exhorte tous, responsables politiques, chefs religieux et personnes de toutes catégories, à entreprendre avec détermination la voie vers une paix authentique et durable, qui passe par le respect du droit à la liberté religieuse dans toute son étendue.

Sur cet engagement qui nécessite, pour sa mise en œuvre, que toute la famille humaine s’y investisse, j’invoque la Bénédiction de Dieu Tout-Puissant, qui a opéré notre réconciliation avec lui et entre nous, par son Fils Jésus-Christ, notre paix (Eph. 2, 14).

Bonne année à tous!








All the contents on this site are copyrighted ©.