Oggi l'arrivo ad Haiti dal cardinale Sarah. Il bilancio di Save the Children sulle
necessità dell'isola caraibica, colpita anche dal colera
Mercoledì 12 ricorre il primo anniversario del devastante terremoto che un anno fa
distrusse Haiti, uccidendo oltre 200 mila persone. Ora l’emergenza è il colera, con
le sue 3.500 vittime. Decine di migliaia di corpi sono ancora sotto le macerie, denunciano
varie organizzazioni umanitarie. I più deboli restano comunque i bambini, oggetto
di traffici probabilmente destinati alle adozioni illegali. Sono 500 mila, spiega
Save the children, i bambini sotto le tende che rischiano abusi, violenze e sfruttamento.
Da domani e fino al 13 il cardinale Robert Sarah presidente del Pontificio Consiglio
Cor Unum sarà nell’isola per manifestare la solidarietà del Papa. Haiti però cerca
anche di rinascere. Ascoltiamo, al microfono di Francesca Sabatinelli,Marta
Passerini di Save the children, manager del programma di protezione infantile
a Port-au-Prince.
R. – Dall’anno
scorso vi è stato un miglioramento enorme, sia dal punto di vista della vita in generale
che nella vita dei campi ad Haiti, in quanto Save the children ha installato latrine
ed ha fatto dei progetti di igienizzazione dell’acqua. Molti bambini sono tornati
a scuola e ne abbiamo aiutati 45 mila nel settore scolastico, mentre nel settore “protezione”
stiamo creando dei comitati. Dopo un processo di formazione di due mesi sono state
selezionate delle persone per far parte di comitati che ora si occuperanno non solo
di fare una mappatura, insieme a noi, di tutti i problemi a cui sono esposti i bambini
nel settore della protezione diretta, ma lavoreranno anche insieme a dei club per
bambini, dove i bambini stessi parleranno di quali sono i più grandi problemi a cui
sono esposti. Noi dobbiamo capire esattamente, per esempio, quanti casi di abusi possono
avvenire e cosa fa la comunità quando si verifica un caso di abuso di minore.
D.
– E questo riguarda minori di qualsiasi fascia d’età?
R. – Qualsiasi
fascia d’età. Succede anche a bambini molto piccoli. E’ ovvio che in una situazione
di campo ci siano maggiori rischi. Detto ciò, prima del terremoto, Haiti già viveva
una situazione talmente difficile che adesso è sicuramente peggiorata, perché il livello
di tensione è cambiato. Port-au-Prince poi ha una quantità di sfollati enorme. Adesso,
comunque, abbiamo un’idea chiara e finalmente stiamo rispondendo.
D.
– Save the children ha anche delle unità di trattamento anti colera e dà un sostegno
agli ospedali haitiani. A che punto è l’epidemia?
R. – L’epidemia ha
raggiunto un picco durante il periodo delle festività. In questo momento vi sono molti
casi e anche molti casi di bambini. Le organizzazioni internazionali si sono divise
il territorio. Adesso riusciamo a trattare tutti i casi che ci arrivano e la cosa
più importante – oltre ai casi che riusciamo a trattare - è che stiamo facendo un’enorme
opera di prevenzione con l’installazione di latrine nei campi e di altri sistemi di
purificazione dell’acqua - con il cloro o altro - ma anche un lavoro enorme di prevenzione
in tutti i settori.
D. – Un altro punto molto importante al quale lavora
anche Save the children è ovviamente il ricongiungimento tra le famiglie. Ad oggi,
quanti sono i ragazzini che ancora non hanno trovato la famiglia e viceversa?
R.
– Noi siamo a conoscenza di quelli che ci vengono comunicati e sono 1600 i casi compiutati.
Vi sono altrettanti casi nel database, che Save the children gestisce insieme ad altre
organizzazioni, sia a Prot-au-Prince che in altre aree del Paese. E’ un lavoro complicato,
ma nei casi di riunificazione è un lavoro di successo.
D. – Dal punto
di vista strettamente umano, per Marta Passerini cosa c’è davanti agli occhi tutti
i giorni?
R. – Una situazione complessa, non disperata, perché in realtà
ogni giorno si vedono dei miglioramenti. La gente vuole migliorare la sua condizione,
vuole capire quali sono i problemi, vuole fare qualcosa sia per i bambini e non, e
poi vi sono delle differenze: chi sta qui da tanto tempo vede le case rimesse a posto,
esistono scuole anche se in strutture temporanee. Quando hanno riaperto le scuole,
la città era piena di bambine con i fiocchi nei capelli e questo naturalmente stimola
a voler lavorare, a voler contribuire con un’energia incredibile, che gli haitiani
stessi mettono. Penso che ci sia speranza ad Haiti in questo momento. Questa settimana
sarà una settimana di riflessione per tutti e ovviamente l’aiuto della comunità internazionale
sarà essenziale per continuare a fare progetti, che comunque hanno dei costi.(ap)